CafHè Mangiarebere  

Località via Redentore 12, Catania, Italia
Cliente PG+R s.r.l. Catania
Progettista Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Collaboratori Isabel Alves Silva, Salvatore Ingrao
Impianti Giovanni Ottaviano
Impresa di costruzione EDIL SPINA Snc di Spina Gian Luca Mario & C.Giuseppe Spina, Misterbianco, Catania
Progetto 2001
Realizzazione 2003
Volume 450m3
Superficie interna 100m2
Costo complessivo Euro 155.000

In questo piccolo intervento al piano terra di una torre di appartamenti nel centro di Catania, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo riconduce il tema della decorazione alla sua natura storica di ornamento e rivestimento, svincolando il disegno della spazialità interna del locale da quello dei paramenti di rivestimento.
Il progetto per il caffè enoteca CafHé Mangiarebere, si articola intorno alla necessità dettata dalle limitate dimensioni dello spazio a disposizione di concentrare tutte le funzioni "tecniche" in un unico volume contenitore e di lasciare tutto lo spazio restante a disposizione degli avventori. Il piccolo "interno" contiene a sua volta un altro "interno", compatto e funzionale: una scatola che Eisenman definirebbe una "cardboard architecture" ritagliata dove necessario per consentire il passaggio delle vivande e l'accessibilità al bancone. Il contenitore è l'oggetto che ordina lo spazio: ospita l'ingresso, la cucina, il bancone del bar, la dispensa, le macchine frigorifere, mentre tutta la superficie risultante è adibita a sala per i clienti. Lo stesso oggetto contenitore definisce l'identità urbana del bar, attraverso la vista della sua faccia principale che esce fuori dal prospetto dell'edificio disegnandone l'ingresso vero e proprio.
Il tema decorativo di rivestimento di questo oggetto astratto ed immateriale assume un valore fortissimo, a prescindere dal significato del disegno scelto o della tecnologia del materiale di supporto: è ornamento ed in quanto tale consegna dignità e rango allo spazio ornato.
Processo assolutamente trasparente nel Loos Bar di Vienna (1908) nell'utilizzo di pannelli di rivestimento che identificano l'atmosfera di un luogo la cui spazialità è generata da linee razionali e da arredi "modernissimi", come anche nel lavoro di Van Doesburg per il caffè del cinema Aubette di Strasburgo (1928) in cui è la bi-dimensionalità dei pannelli de stijl a conferire tri-dimensionalità al vano parallelepipedo della sala del bar. Lo spazio non è costruito dai volumi o dai piani architettonici ma da superfici ornamentali che influenzano la percezione e la fruizione dell'ambiente stesso; ad un funzionamento razionale del sistema si sovrappone un valore aggiunto legato a segni, materiali e forme che rimandano ad altri repertori e scenari di riferimento. In questo caso la scelta del supporto, la maiolica e quella del disegno, un tema decorativo barocco, rimandano in un loop di connessioni incrociate interessanti sia alla tradizione islamica e conseguentemente siciliana, esempio della quale la ceramica di Caltagirone è ormai conosciuta in tutto il mondo, ma anche all'uso delle piastrelle nella esperienza moderna italiana, come ad esempio in Gio Ponti e Carlo Mollino.
Il progetto del disegno stampato sulle piastrelle è stato elaborato in collaborazione con il Gabbianelli Ceramiche design team: una volta scelto il disegno del textile, la tappezzeria è stata fotografata ed elaborata graficamente per calibrarne formato e la dimensione. Gabbianelli ha realizzato il prototipo a mano e dopo aver verificato dimensione, colore e combinazione di pezzi (ogni fiore occupa 9 piastrelle) i modelli sono stati riprodotti in serie. Il disegno della tappezzeria è stato riportato sulle piastrelle fuoriscala proprio per contrastare la poca profondità dell'ambiente rispetto all'altezza del muro di ceramica e per rendere più riconoscibile la parete anche da fuori, attraverso le vetrate. Le pareti interne della scatola sono intonacate rosse lucide.
La scatola ha la sua illuminazione indipendente: neon inseriti nel muro di fondo dietro le scaffalature. Così l'area per il pubblico è illuminata con una luce calda e puntuale, mentre quella di servizio con una fredda e diffusa, lo spazio per la circolazione viene, invece, lasciato in penombra. Il pavimento è in battuto di cemento, le pareti sono intonacate grigie color cemento opponendo alla superficie brillante della scatola di ceramica una finitura dall'aspetto grezzo. Gli infissi sono di acciaio grezzo.
La scatola è costruita con un struttura di scatolari metallici e pannelli sandwich di fibrocemento e lana di roccia. Tutti gli impianti passano al di sotto del pavimento e nel controsoffitto. I tavoli sono di Charles Eames per Vitra; le sedie di Björn Dahlström per CBI. Le panche in legno di rovere lungo le vetrate sono disegnate dallo studio. Le lampade sono di Arian Brekveld per Droog Design, scelte proprio per le loro caratteristiche tecniche: piccole, morbide (sono di PVC) e opalescenti. La maglia dei punti luce, è costruita a partire dall'incrocio di giaciture differenti a quote diverse per ottenere una fascia luminosa continua proprio sopra i tavoli, che restano illuminati anche se vengono spostati e accostati.

Testo di Massimiliano Giberti
Estratto da Materia n°48

Pianta del piano terra Prospetto interno
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