Progetto che ha accompagnato il lavoro di Flores y Prats per quasi due decenni, il Casal Balaguer è una testimonianza dell’attenzione che lo studio barcelloneta rivolge al processo e al recupero dell’esistente. Dal Museo de los Molinos (1997-2002) passando per la Casa Providencia (2002-2008) fino alla Sala Beckett (2011-2017), Ricardo Flores ed Eva Prats hanno dimostrato particolare attitudine e sensibilità nel mescolare insieme e fare rivivere le tracce dei differenti periodi che hanno abitato le architetture con cui entrano in relazione. Sembrano giocare con le biografie dello spazio, resuscitandone i caratteri con un approccio dinamico e mai scontato. Il disegno è in questo senso per loro il principale mezzo di analisi, necessario a registrare le diverse epoche e a trasformare le cose in altre, in una sovrapposizione di layer.

Il nuovo Casal Balaguer, progettato e realizzato insieme allo studio associato di Palma di Mallorca Duch-Pizà, è il recupero di un palazzo nel centro storico di Palma, nato nel 1300 come residenza privata e convertito nel tempo a funzioni pubbliche. Uno dei primi passaggi del processo progettuale è stato quindi proprio quello di studiare e assorbire la storia stratificata dell’immobile. Se del 1300 era rimasto solo un corpo triangolare, corrispondente al retro della casa e con una geometria ruotata che asseconda l’impianto del passato moresco della cittadina, la maggior parte dell’edificio esistente risale al 1700. Una stratificazione intermedia del 1500 è costituita dalla torre quadrangolare situata sempre nel retro, che apparteneva a una più ampia costruzione. Le stanze del piano nobile, di proporzioni rettangolari e collegate l’una all’altra in un sistema di circolazione continuo, sono quelle risalenti al diciottesimo secolo e coincidono invece con l’urbanizzazione e l’evoluzione della città. Negli anni, queste estensioni erano diventate il luogo più importante per la famiglia, mentre la casa del 1300 era stata destinata alle stanze di servizio: le due aree avevano così mantenuto geometrie e misure molto differenti tra loro, con stratificazioni ben visibili, determinate non da tentativi di falsificazione o di continuità, ma solo da esigenze d’uso.
Il progetto di Flores y Prats e Duch-Pizà interviene principalmente sugli aspetti della luce e della circolazione: apre nuovi ambienti prima inaccessibili e, usando l’illuminazione naturale come guida, collega le diverse parti per farle lavorare come un’unità. In questo processo la complessità del tempo non viene appiattita ma al contrario valorizzata, in una stratificazione complessa e ricca di fascino. Rispettando la struttura dell’edificio, ovvero la tipologia del palazzo signorile di Palma per come si configura a partire dal XVII secolo, la pianta nobile è stata restaurata nel rispetto di tutti gli elementi che potevano essere conservati.

Al piano terra sono stati riaperti gli archi, che erano stati tamponati nel secolo scorso, con l’obiettivo di ristabilire lo spazio continuo originario del patio: si crea così la visuale completa di tredici arcate che sembrano tenere sospeso il Casal nel vuoto. Questa operazione ha richiesto un consolidamento consistente delle colonne e di tutto il sistema strutturale. Recuperata così l’unità spaziale caratteristica del livello di ingresso, è stata realizzata una nuova galleria, addossata al perimetro sinistro del patio: uno spazio organico e omogeneo che incorpora l’entrata, un punto informazioni e spazi espositivi distribuiti su due livelli, fino al nuovo corpo scale in cemento illuminato dall’alto. Questo si insinua in quello che precedentemente era un patio di luce, arrampicandosi fino ad attraversare tutto l’edificio in altezza. La caffetteria-ristorante, nelle aree più antiche, si trova nella parte posteriore dell’immobile, affacciata sui vicoli del tessuto medioevale. Il piano nobile diventa il museo della casa, che racconta la tipologia architettonica di Palma, mentre il livello superiore è un centro di documentazione con biblioteca e sale lettura. Qui, approfittando della necessità di sostituire la copertura dell’ultimo livello - e attraverso uno studio dettagliato delle capriate, ognuna diversa dall’altra nelle progressive sezioni - si sono introdotti lucernari che filtrano la luce attraverso la complessa struttura di legno. Delle travi esistenti si è potuta recuperare solo la parte terminale aggettante su strada, realizzata con la migliore qualità di materiale, collegata alle nuove travi utilizzando i giunti esistenti. Il livello del tetto restituisce un affaccio sulla città con un terrazzo open-air, da cui si accede a una stanza polifunzionale (collegata ai piani inferiori anche attraverso la nuova scala in cemento) che occupa il volume della torre cinquecentesca. La copertura, alternando falde in mattoni e lamiere in zinco, crea così un nuovo terrazzo calpestabile che unisce il patio, la torre e la cupola sopra alla scala nobile. Cupola che spicca come elemento studiato con particolare minuzia e riabilitato in una nuova unità progettuale: prima non visibile, ora è incorporata nel sistema di risalita fino alla terrazza. Con una scala che ne avvolge l’estradosso e una stratificazione di lucernari, vecchie e nuove aperture, è resa un fulcro di distribuzione orizzontale della luce agli ambienti circostanti. Documentato dalla quantità di disegni e modelli che hanno accompagnato il processo progettuale, lo studio attento dei singoli elementi, dai pavimenti alle coperture, dagli infissi fino alle maniglie è visibile nella cura dei dettagli dell’edificio. Le finestre si aprono come occhi nelle murature verso gli spazi interni del patio, mentre altrove la luce penetra in pozzi di luce zenitale.

LA CUPOLA
La cupola originaria, trovata all’inizio del progetto, aveva una copertura che passava approssimativamente a 50 cm dall’oculo, rendendo così impossibile accedere agli ambienti al di sopra di essa. Per questo il progetto interviene rimuovendo la copertura preesistente, in modo da creare nuove superfici abitabili capaci di valorizzare le qualità spaziali dell’edificio originale. La volta (realizzata in pietra marés spessa 8 cm è stata rafforzata con uno strato di cemento armato di 10 cm di spessore. Sopra a questa volta è stato aggiunto un sistema di tramezzi che trasforma lo spazio in stanze, con camere di luce che distribuiscono l’illuminazione naturale in diverse direzioni: verso la Sala Triangolare, verso la biblioteca, verso il vestibolo...
Così, la luce prima di entrare nell’oculo illumina il livello al di sotto della copertura, dando un orientamento spaziale e temporale: introduce il senso della durata, trasformandosi con le ore del giorno. La copertura della cupola è realizzata con un pannello sandwich, come il resto del tetto, rifinito con zinco. Questo rivestimento contiene le finestre, posizionate verticalmente. Una scala stretta consente di passeggiare nello spazio superiore della cupola, collegando il piano inferiore della Sala Triangolare con la terrazza sul tetto. Un’estensione della terrazza si espande sopra alla cupola, rubando una porzione dello spazio coperto, permettendo di guardare all’interno e attraverso l’oculo verso il piano terra. Dal piano terra, viceversa, quando si guarda in alto attraverso l’oculo, si vede una serie di piani illuminati, ma non è possibile individuare la fonte della luce. Le finestre, in posizione verticale, non si vedono dal basso: così si crea l’illusione di una camera eterea, in sospensione.

LE CAPRIATE DEL TETTO
All’avvio del progetto di recupero, le capriate del tetto presentavano uno stato di degrado molto avanzato. Per questo il primo passo è stato quello di rimuovere la struttura della copertura (tanto le capriate quanto i pilastri in legno, per lo più marci) per sostituirla con un nuovo sistema che consentisse di utilizzare l’area al di sotto del tetto: eliminando la necessità di elementi strutturali intermedi, si voleva creare un ambiente unico per tutta la profondità del corpo di fabbrica. A questo scopo è stata progettata una capriata con doppia sezione in legno e giunzioni metalliche che legano le travi: l’aumento della sezione consente di ottenere abbastanza luce.
L’unica parte della struttura esistente che era in buone condizioni e non aveva parassiti, perché era fatta in legno di pino di migliore qualità, è il pezzo del cantilever, che passa dall’interno dell’edificio verso l’esterno, all’aperto, protetto dalla pioggia dalla sporgenza del tetto. Questi elementi sono stati conservati nel progetto, e uniti alle nuove capriate in legno. Posti a un intervallo molto frequente tra loro, sono questi pezzi a sbalzo a dettare la posizione delle capriate che coprono lo spazio, per questo così vicine l’una all’altra. L’unione tra le nuove capriate e i cantilever preesistenti viene eseguita seguendo il metodo proposto dai vecchi elementi. Poiché la geometria della pianta non presenta angoli retti, i punti di rotazione tra i lati richiedono una lavorazione particolare. Nel processo progettuale sono stati quindi studiati elementi speciali che consentono un trattamento unitario della copertura nel punto di rotazione sulla diagonale. Il sistema di capriate contiene anche dei lucernari progettati come volumi di luce nello spessore della superficie del tetto. Per questo le capriate variano in sezione, dando spazio alle aperture che illuminano la biblioteca. Alcune capriate modificano la propria inclinazione e si sollevano per far passare la luce lateralmente (tipo 2), altre supportano elementi che generano camere di luce al di sopra della linea di colmo (tipo 1E).

 Scheda progetto
Progetto e costruzione: Flores y Prats + Duch-Piz.
Committente: Ayuntamiento de Palma de Mallorca
Località: Palma de Mallorca
Area: Unió 3 Street, Palma de Mallorca
Area costruita: 3.676,22 mq
Budget: 2.056.287 euros (Phase 1) + 4.038.036 euros (Phase 2)
Progetto: 1996 (Preliminare); 2001-2002 (Definitivo)
Costruzione: Fase 1: April 2009 - June 2010. Fase 2: March 2011 - March 2013. Fase 3: May 2014 - May 2016
Ricerca archeologica: Grupo Arqueotaller (Roser Pérez, Margalida Munar, Magdalena Salas)
Ricerca storica e documentazione: Ma. Dolores Ladaria
Ricerca sui materiali: Lend Consulting
Consiglieri strutturali: Fernando Purroy
Costruttore: Contratas Bartolomé Ramón SA
Collaboratori: Caterina Anastasia, Ankur Jain, Els van Meerbeek, Cristian Zanoni, Carlos Bedoya, Guido Fiszson, Ellen Halupczok, Julia Taubinguer, Paula Ávila, Nicolás Chara, Eugenia Troncoso, Israel Hernando, Hernán Barbalace, Benedikte Mikkelsen, Mar Garrido, Celia Carroll, Jorge Casajús, Juan Membrive, Oriol Valls, Tanja Dietsch, Sergi Madrid, Sergio Muiños, Lucas Wilson, Anna Reidy, Maria Amat Busquets, Fabrizia Cortellini, Veronica Baroni, Elvire Thouvenot, Carlotta Bonura, Francesca Tassi-Carboni, Lars Bach, Javier Barriuso, Berta Cusó, Laura Sattin, Toni Prat, Tomás Kenny, Julián González, Micol Bergamo Adrià Goula
Photos: Adrià Goula, Jose Hevia

Arketipo 123, Recupero, Ottobre 2018