È il nuovo museo Pop Up Pompidou inaugurato a Malaga in collaborazione con il Centre Pompidou e che, dall’aprile 2015, presenta una ricca collezione di arte contemporanea (oltre 90 opere) accuratamente selezionata dalla casa madre di Parigi. Oltre l’architettura, l’operazione è innovativa anche per l’idea che l’ha generata: è il primo caso di museo in franchising che vede cooperare una città turistica interessata a incrementare la propria offerta culturale e un grande museo interessato a ottimizzare il ricco patrimonio museale (spesso anche confinato nei magazzini) esportandolo, a pagamento e temporaneamente, in altri luoghi appositamente predisposti dalle amministrazioni locali. Dopo Malaga sono, infatti, già previsti altri analoghi Pop Up Pompidou nel mondo, snelli e prontamente disponibili a un’utenza sempre più interessata al binomio arte-architettura, e con il vantaggio di non richiedere lunghi tempi e grandi risorse, oltre che potersi agevolmente collocare lungo le rotte di maggior traffico turistico. Come è il caso di Malaga, una città che sin dagli anni ‘60 ha sviluppato una forte vocazione turistica progressivamente supportata da investimenti in infrastrutture (porto e aeroporto tra i maggiori in Spagna) e accoglienza generata da un intelligente marketing territoriale fondato su un mix di rigenerazione urbana e nuovi poli attrattivi che mette a rete vestigia storiche, musei, parchi e waterfront in vista di Malaga Capitale della Cultura 2016.

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Il Cube Pop Up Pompidou si aggiunge così al già rinnovato waterfront urbano (2002 - 2011) totalmente rigenerato demolendo i vecchi magazzini egli uffici del porto e costruendo, prossimo all’antico parco lineare del Paseo de España, una larga passeggiata urbana (vivace già nel nome: Palmeral de las Sorpresas), ombreggiata da una lunga pergola imponente come le navi in porto e frequentata da moltitudini di turisti tra giardini geometrici e lunghe sedute bianche fronte mare.

Con una superficie di circa 7000 m2, El Cube è qui collocato a cerniera tra i due moli del porto gestendo il dislivello tra piano urbano e waterfront con una struttura di quattro piani interrati dalla quale emerge il grande cubo di cristallo (12 metri di lato) sorta di lucernario che consente agli interni sottostanti luce e reciproche relazioni visuali interno-esterno. Il progetto, realizzato nel 2013 dal Comune di Malaga- Servizio Architettura e Infrastrutture, è stato poi perfezionato ad hoc per il Pop Up Pompidou con il contributo di sponsor e partner operativi tra cui Italcementi, che ha fornito gratuitamente i pannelli di cemento trasparente per la gestione della forte luce solare proveniente dal cubo di vetro. E’ così stata realizzata una quinta trasparente in pannelli I-light (quelli del Padiglione Italia Expo Shangai 2010) lungo la proiezione in interrato della soprastante struttura di vetro, con funzione di schermo-filtro regolatore tra la piena luce solare esterna e quella più morbida e diffusa necessaria per gli spazi espositivi interrati. Al piano terra, quelli per le mostre temporanee (400 m2), aree didattiche, caffetteria, bookshop. Al piano interrato, quelli per la collezione permanente (2000 m2), aree conservazione e restauro, sala polivalente, e servizi relativi (stoccaggio, uffici personale e controllo). Ai due piani sottostanti, il parcheggio interrato per visitatori e addetti.

All’esterno, sulle pareti del cubo di cristallo, l’intervento di Daniel Buren ha aggiunto i colori vivaci e gioiosi che hanno salutato le autorità presenti all’inaugurazione, dal premier spagnolo Rajoy al Ministro della Cultura Francese Pellerin, il Presidente del Centre Pompidou Seban, il Sindaco di Malaga (dal 2000) Francisco de la Torre.

Il costo complessivo dell’opera è stato di circa 4,5 milioni di euro sostenuto in larga parte dal Comune di Malaga che si è impegnato per un altro milione di euro/anno da versare per i prossimi 5 anni (rinnovabili) al Centre Pompidou per l’uso del brand museale, il prestito delle opere per la collezione permanente e l’organizzazione di una mostra temporanea l’anno. E così, ricercando luoghi e architetture adatte, il Centre Pompidou riesce a fronteggiare i tagli ai finanziamenti pubblici e, contestualmente, perseguire la politica di “portare l’arte al cittadino”, avviata con la costruzione del Centre Pompidou Metz (progetto di Shigeru Ban, inaugurato nel maggio 2010) e poi con il Mobile Pompidou (progetto di Patrick Bouchain) che dal 2011 al 2013 ha portato in sei città francesi una sorta di tensostruttura temporanea con 15 opere d’arte gratuitamente visitabili, con grande successo di pubblico ma costi elevati (600.000 euro/città) e non più sostenibili. Il Pop Up costituisce la nuova scommessa e sarà presto realizzato anche a Libourne, in una ex base militare vicino a Bordeaux, in Cina e Sud America.

Analoghi spin-off museali sono stati realizzati anche dal Louvre a Lens (progetto Sanaa inaugurato dicembre 2012) e dal Museo di San Pietroburgo che, ancora a Malaga pochi mesi prima del Pop Up Pompidou, ha inaugurato uno spazio satellite con un centinaio di opere in prestito permanente. In tempi di crisi, anche la Cultura aguzza l’ingegno. E l’Italia?

FOTOGRAFIE
Centre Pompidou
Ayuntamento Malaga
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