Chiesa di Mogno  

Località: Mogno, Valle Maggia, Ticino
Committente: Associazione per la ricostruzione della chiesa di Mogno
Progetto: Mario Botta
Direzione lavori: Gianluigi Dazio
Datazione del progetto: 1986-1992
Datazione realizzazione: 1992-1996
Superficie lotto: 178 mq
Superficie costruita: 123 mq
Volume complessivo: 1.590 mc
Dimensioni: pianta ellittica con asse maggiore 14,50 m, asse minore 10,80
Altezza: massima 16,40, minima 8 m
Materiali di costruzione: cemento armato, pietra di Riveo, marmo di Peccia, acciao, vetro
Struttura portante: doppia muratura in conci di pietra con riempimento in cemento armato
Rivestimento: conci di pietra grigia di Riveo e marmo bianco di Peccia
Coperture: tetto vetrato sorretto da una struttura metallica, con serramenti in ferro (di colore nero) e vetro isolante
Pavimentazioni: lastra di granito di Riveo e marmo di Peccia

Antologia critica:
'La mattina del 25 aprile 1986 il villaggio di Mogno nell'alta Valle Maggia è investito da una slavina di neve che scende lentamente dalla montagna retrostante.
Il territorio a monte del piccolo agglomerato esce stravolto nel suo impianto orografico, il tracciato delle strade cancellato, nove edifici sono distrutti e altre abitazioni danneggiate. L'enorme massa di neve si arresta ai bordi del villaggio. Sotto i detriti di neve e di fango scompare anche la vecchia chiesetta dedicata a San Giovanni Battista edificata nel XVII secolo e il campanile costruito nel XVIII secolo che con il cimitero recinto da mura costituiva un insieme `disegnato', punto di riferimento e di immagine per il piccolo villaggio di Mogno.
La comunità del paese con numerosi volontari accorsi in aiuto reagisce dopo il disorientamento iniziale, ripulisce il territorio dagli enormi detriti, riscopre i segni dei vecchi tracciati, rimette alla luce le antiche fondamenta e ristruttura tutto quanto è ancora possibile. [']
Durante l'estate un gruppo di uomini si costituisce in un gruppo come `Comitato per la ricostruzione della Chiesa di Mogno' e mi invita sul posto chiedendomi di ridisegnare quella chiesa che per loro è ancora l'immagine, il segno stesso di riconoscimento per la loro comunità. Sono salito a fatica con pochi amici da Locarno, quasi un'ora di auto lungo la strada tortuosa, cercando di cogliere e interpretare i luoghi e gli uomini della valle che si incontrano attenti a rimuovere cose e legna e sassi per far spazio al passaggio, lungo la strada della montagna sempre più stretta.
Fra la vegetazione, via via più rada, emergono i segni del lavoro dell'uomo: un'opera di sostegno, una baita, un muro' tutto misurato ed essenziale, tutto necessario e controllato nell'economia del lavoro come se un'esigenza primaria ne fosse l'origine.
Mi ritrovo a Mogno, a pochi chilometri dalla città in basso, ma già tremendamente lontano dal gran correre cittadino, dalla fretta e dagli impegni quotidiani. E' con un altro occhio che scruto questo luogo, la montagna che mi sta di fronte che aveva rovesciato la slavina, la valle sottostante, l'agglomerato immobile, la ricostruzione della vecchia torba e quei segni così precisi delle mura e il tracciato dei pavimenti smunti che ora si offrono scoperchiati alla luce del sole:
- il bisogno di resistere alla montagna,
- il bisogno di testimoniare oltre la propria vita,
- la necessità di consolidare un'eredità di lavoro,
- il bisogno di vincere il sentimento della solitudine,
- l'esigenza di testimoniare delle speranze del proprio tempo,
- la necessità di operare fra il bisogno intenso di infinito e la consapevolezza dei propri limiti.
Queste ed altre considerazioni mi sono apparse come motivazioni essenziali e naturali per continuare a operare in questo mio mestiere.
Il progetto per la ricostruzione della chiesa di Mogno mi ha chiarito, attraverso l'essenzialità dei suoi dati, le ragioni di fondo per le quali opera l'architetto. La volontà di resistere all'appiattimento e alla banalizzazione quotidianamente riproposte nel `moderno' attraverso una attività di `costruzione' che testimonia le aspirazioni del proprio tempo, è emersa in questo progetto che ripropone la lotta atavica fra l'uomo e la montagna. L'architetto può allora sentirsi ancora strumento di un'esigenza diffusa e profonda, forse solo superficialmente assopita, che ripropone il lavoro e il bisogno di testimoniare come finalità stesse della lotta quotidiana. Ho accettato di occuparmi di questo progetto con entusiasmo e commozione. Ho riscoperto con intensità il piacere e la gioia di essere architetto, di operare, di rimodellare gli spazi di vita dell'uomo nella sfida continua alle forze della natura.
Per un attimo ho intuito come costruire rappresenti essenzialmente una attività positiva'.
Mario Botta, Un progetto per riproporre la lotta atavica fra l'uomo e la montagna, in Vallemaggia Viva, 25 aprile 1987.

Bibliografia:
Emilio Pizzi, a cura di, Mario Botta ' Opere complete vol. 2 (1985/90), , Milano 1994, pp. 38-45, 216-217.
Emilio Pizzi, a cura di, Mario Botta ' Opere complete vol. 3 (1990/1997), , Milano 1998, pp. 154-161, 236.
Emilio Pizzi, a cura di, Mario Botta, Zanichelli, Bologna 1991, pp. 94-95
I. Sakellaridou/A. M. Werner, Mario Botta ' poetica dell'architettura, Rizzoli, Milano 2000, pp. 100-107.
Peter Disch, a cura di, Mario Botta ' la ricerca degli anni ottanta, ADV Advertising Company SA, Lugano 1990, pp. 203-213.

a cura di Simone Scortecci

Copertura vetrata Vista interna verso l'altare Lato interno con il crocifisso Planimetria generale Pianta e costruzione geometrica
Sezione longitudinale Sezione trasversale