La costruzione di una nuova chiesa in Italia è oggi un fatto raro e complesso, come testimoniato dal racconto dei dieci anni che hanno portato alla nascita della chiesa e del centro parrocchiale di San Giacomo Apostolo a Ferrara e come si poteva intuire dall’emozione percepibile negli astanti durante la solenne cerimonia di Dedicazione, avvenuta il 16 ottobre del 2021, alla presenza di tutti i protagonisti di questa storia. Si tratta di un edificio intenso, da visitare dal vivo perché parla a tutti i sensi, non solo alla vista, riuscendo a trasmettere sentimenti che riscoprono la semplicità del cristianesimo delle origini. La vicenda della nuova chiesa di San Giacomo Apostolo comincia con la vittoria, nel 2011, di uno dei concorsi banditi nell’ambito della lodevole iniziativa “Progetti Pilota CEI”, che in ogni edizione permise di realizzare, attraverso un percorso progettuale innovativo, tre chiese in tre diverse città d’Italia, col criterio di essere una al nord, una al centro e una al sud. In quell’edizione, la chiesa da realizzarsi al “nord” era stata pensata per l’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, nel quartiere dell’Arginone, nella zona più a ovest di Ferrara. Uno degli aspetti interessanti di tali concorsi era proprio la volontà di realizzare le nuove chiese in zone non centrali delle città, aree periferiche e in espansione, con lo scopo di far diventare i nuovi centri dei luoghi di valorizzazione del quartiere e di aggregazione per l’intera comunità (spesso di nuova costituzione), sia ecclesiastica che laica, anche con nuovi spazi aperti per la socializzazione, l’educazione e il gioco. Un altro aspetto particolare e affascinante di questi concorsi pensati dalla CEI era quello di prevedere una progettazione fortemente multidisciplinare e integrata. L’idea era che l’autore della chiesa non fosse solo l’architetto, come da tradizione, ma vi siano, sin dalla fase di concorso e poi lungo tutto il percorso, tre “autori”: l’architetto, Benedetta Tagliabue con il suo studio internazionale Benedetta Tagliabue - EMBT Architects, l’artista, Enzo Cucchi, e il liturgista, nella persona di Don Roberto Tagliaferri. Nei dieci anni di percorso, dal concorso fino all’inaugurazione, le tre figure si sono confrontate di continuo, con un dialogo che ha visto un’interessante valutazione di molte alternative progettuali, con l’intento di fondere i punti di vista delle tre “discipline” in una chiesa che fosse realmente il frutto di un lavoro corale. All’interno di questo processo, un altro punto che ha contraddistinto la progettazione di questa chiesa rispetto a un progetto tradizionale è stata l’aura del “cliente” che, in modo del tutto inusuale per i giorni nostri, in più riunioni, ribadì che “Dio non ha fretta, l’importante è che la chiesa esca bene e sia un reale aiuto alla comunità; prendete coscienziosamente il tempo che occorre e lavorate insieme”. In effetti, anche nelle scelte tecniche, il fatto che una chiesa sia un edificio con un’aspettativa di vita ben maggiore rispetto alla norma, è stato un pensiero costante e ha portato, tra l’altro, a far scegliere materiali durevoli come i mattoni faccia a vista, il calcestruzzo, il rame, le pietre.

Il lotto che venne proposto dal concorso, come il nome del quartiere Arginone suggerisce, è caratterizzato dall’essere fiancheggiato dal Canale di Burana, con opere evidenti, non molto “naturali”, realizzate dall’uomo per “arginare” le sue possibili esondazioni, a cui si aggiunge anche la presenza di una strada con forte traffico e rumore. Nonostante tali elementi ambientali non particolarmente auspicabili per una nuova chiesa, l’area su cui sarebbe sorto il complesso, adiacente alla preesistente chiesetta, era stata come “preservata” dalla natura. Un ampio prato era rimasto inaspettatamente “protetto”, circondato sui suoi lati principali da alti e sottili pioppi cipressini che creavano già un ambiente silenzioso, intimo e familiare, quasi come fosse stato sempre in attesa della nuova chiesa. Come testimoniano i numerosi modelli e collage sviluppati da Benedetta Tagliabue - EMBT Architects, la chiesa è frutto anche di un continuo lavoro di indagine sul contesto e il territorio, con molteplici fonti di ispirazione, forme, materiali e oggetti ferraresi (arredi, elementi di edifici preesistenti, reliquie e statue), che hanno ispirato e sono entrati a far parte del progetto. Una delle fonti di ispirazione più nota è stata la forma di una mongolfiera - protagonista del festival internazionale che si tiene a Ferrara ogni settembre - che ha portato, tra l’altro, alla volontà di immaginare la chiesa come un’architettura leggera e delicata, come un “dono atterrato dal cielo e adagiato delicatamente sul terreno”, in grado di inserirsi nel contesto come elemento aperto, accogliente e permeabile. La sua copertura in sottili volte di cemento, leggere e sospese, suggerisce una tensione verso l’alto, senza dimenticare il legame con la natura formalizzata in geometrie organiche poiché la naturalità è uno degli aspetti caratteristici del progetto. Posta in asse visivo e spirituale con il nuovo ponte e la città al di là del fiume, l’accesso alla chiesa avviene attraverso due percorsi laterali, simboleggianti due grandi braccia aperte verso la comunità, che conducono a una piazza antistante la chiesa, estensione del sagrato che funge da punto d'incontro e amplia lo spazio della chiesa aprendolo alla città. Sin dai primi disegni si è voluta rendere la chiesa immediatamente riconoscibile e percepibile come edificio pubblico, “monumentale ma familiare” e “speciale”, attraverso una volumetria e caratteri non convenzionali nonché l’uso di forme archetipiche e un codice di elementi formali che ne rende inconfondibile il carattere di edificio sacro.

Come una mongolfiera vista dall’alto, sintetizzata nei suoi aspetti ideali, la chiesa diventa un solido di rotazione dalla sezione mutevole, sviluppato radialmente intorno a un punto centrale, vero fulcro formale e spirituale dell’edificio, sormontato dal grande lucernario “oculus” centrale. Situato su un presbiterio circolare, l’altare è il centro focale della chiesa, attorno al quale si organizza l’aula, la cappella laterale, il battistero e tutti gli spazi annessi. L’oculus è un cilindro di cemento variamente sezionato, “baldacchino” sospeso, la cui forma ricorda la conchiglia di San Giacomo, che con il suo anello vetrato illumina zenitalmente l’aula permettendo alla luce di discendere sulla zona dell'altare, modificandone l'effetto nei diversi momenti della giornata. Una grande croce a trave lignea sorvola con grande forza simbolica l'intera navata. La croce è stata realizzata con alcuni pezzi di legno recuperati dall'antico municipio di Ferrara in dismissione, che sono stati cercati e integrati appositamente nel progetto; si decise di non restaurarli in modo che trasmettessero tutto il simbolismo primordiale attraverso il loro legno antico e umile. La croce, infatti, come vedremo nelle pagine successive, è l’elemento immediatamente visibile dell’apparato liturgico iconografico di tutta la chiesa, che vede proprio in questo eterno simbolo il suo cardine. La sagoma ondulata del tetto scultoreo è ispirata alle forme voltate archetipiche delle navate romaniche e gotiche ed è suggestivamente “staccata” dal muro sottostante attraverso un taglio di luce vetrato che corre lungo il perimetro ottenuto sollevando il tetto sostenendolo con sottili pilastrini in acciaio diffusi. I materiali interni sono essenziali e rimandano, come detto, alla semplicità della prima cristianità: cemento a vista non trattato per muri e volte, mattoni a vista, pavimenti in lastre di cemento alternati con disegni geometrici in pietra serena in due toni di bianco, listelli curvi di legno semplice applicati sulle volte e realizzare anche gli elementi acustici che permettono di celebrare, volendo, senza microfoni. Dal punto di vista liturgico, l’accesso avviene tramite il sagrato attraversando un simbolico e monumentale portale ligneo binato che segna l’ingresso alla chiesa e al battistero. In tale posizione vi è un altro elemento simbolico essenziale, la soglia, che si voleva fosse una vera “macchina di trasformazione”, in grado di far cambiare l’atteggiamento di chi la varca, entrando in relazione con lo spazio sacro.

 

LE OPERE D'ARTE, I MATERIALI, GLI ARREDI
Un edificio così intenso lo si deve anche alla cura di ogni elemento e particolare: le opere d’arte, gli oggetti antichi e nuovi, i molti simboli, i materiali naturali. Come già detto, l’apparato iconografico degli oggetti d’arte a opera di Enzo Cucchi vede la croce come elemento cardine ed è stato pensato e realizzato durante i dieci anni di progettazione integrata, come un insieme organico che si dispiega nello spazio della Chiesa. Esso vede la presenza di grandi croci in pietra serena su ognuna delle pareti della Chiesa e del Battistero, su cui sono applicati degli elementi ceramici neri, come fossero dei veli solidificati, con dei disegni a bassorilievo che narrano episodi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento. Particolarmente suggestiva dal vivo risulta la pala d’altare, una croce romana in pietra serena che Cucchi ha circondato e rivestito con pezzi di ceramica colorata, matericamente suggestivi e scintillanti - simboleggianti stelle e pianeti, santi, angeli e figure sacre del cristianesimo - che si ispira all’antica “croce gemmata”, simbolo risalente ai primi giorni della Chiesa. L’ispirazione dalla natura si ritrova anche nell’altare, costituito da un blocco di pietra bianca di Trani quasi senza alcuna lavorazione, rustico e grezzo, a ricordare i momenti più primitivi della Chiesa, quando si celebrava messa con oggetti ritrovati e dove il simbolo acquistava un’importanza ancora maggiore. Altri elementi da evidenziare sono i mattoni di laterizio faccia a vista con disegno a punte, che richiamano il rinascimentale Palazzo dei Diamanti di Ferrara e i lampadari a sospensione “Dome”, disegnati sempre da Benedetta Tagliabue, i cui listelli sottili di legno compongono piccole cupole che proiettano ombre e riflessi geometrici. Importanti anche i molti elementi antichi recuperati: il legno della grande croce di cui si è detto, le reliquie di San Giacomo, il fonte battesimale donato dalla famiglia Tagliabue proveniente da una chiesa abbandonata nei pressi di Bergamo ma, soprattutto, la statua lignea della Vergine. Infatti, un altro aspetto importante dal punto di vista liturgico è stata la ricerca, per la nuova chiesa, di oggetti sacri “già pregati”, come buon auspicio ma anche come riferimento e continuità con la storia religiosa della città. A tal fine, durante le riunioni di progetto, i progettisti chiesero di poter visitare alcune chiese di Ferrara, soprattutto in centro, oggi sconsacrate. Molte di esse erano colme di arredi, banchi e confessionali. E proprio in una calda mattina assolata della primavera del 2017, nella Chiesa della Santissima Trinità, nascosta dietro a vari mobili accatastati in una cappella laterale, Benedetta Tagliabue trovò in modo inaspettato una suggestiva semplice statua lignea della Vergine Maria del XVII secolo, dai toni scuri e dai tratti essenziali. Icona “già pregata” che venne prelevata e messa da parte, in attesa di essere poi collocata a cantiere finito nella nicchia a lei dedicata che si trova oggi a fianco all’altare.

STRUTTURE PARCHE E OTTIMIZZATE
Come già anticipato le scelte delle tecnologie costruttive da utilizzare sono nate in stretta correlazione alle idee che il contesto e gli autori avevano posto al centro della progettazione dal punto di vista architettonico, artistico e liturgico. In particolare, per quanto riguarda la struttura portante della chiesa, è risultato essenziale scegliere una soluzione che consentisse un forte contenimento dei costi di costruzione optando, dopo varie considerazioni, per una struttura realizzata interamente in calcestruzzo armato gettato in opera. Le strutture verticali che poggiano a terra hanno diverse complessità: sono molto snelle - sottili e con un’altezza che può arrivare fino a 10 metri - forma libera in pianta e curve con raggi molto variabili. A questi aspetti si aggiunse un ulteriore parametro, pensato per lasciare liberi sia Benedetta Tagliabue che il cliente di poter decidere sino all’ultimo momento se non utilizzare nessun materiale di finitura interna sulle pareti in calcestruzzo, come poi è in effetti avvenuto, oppure di prevederne eventualmente delle porzioni in alcune zone. Tali considerazioni hanno portato alla scelta di realizzare pareti piene portanti con uno spessore relativamente ridotto rispetto all’altezza - 250 millimetri -, con conseguente comportamento strutturale scatolare della chiesa. La copertura a “petali”, con le caratteristiche volte sottili a sbalzo, ha visto la valutazione di possibili alternative tecniche prima di giungere alla scelta della soluzione realizzata. Si sono considerate opzioni in cemento armato normale e preteso, in acciaio e in legno, tutte con pari geometria e uguale a quella prevista dal progetto architettonico, valutando la soluzione più economica ma anche la più convincente da un punto di vista espressivo. Al termine dello sviluppo dei calcoli e del loro processo di ottimizzazione, la scelta è ricaduta su di una struttura a guscio in cemento armato il cui comportamento è basato sulla collaborazione membranale delle diverse volte, con impegno flessionale ridotto data la geometria trasversale dei petali, non lontana dall’arco. Tale soluzione esalta le peculiarità del materiale con la sua efficienza sia a compressione che a pressoflessione e piccole eccentricità. Benché la copertura a guscio dei petali sia la porzione più visibile, l’elemento strutturale con il comportamento più complesso dell’intero edificio è l’oculus: un sottile muro ad anello in cemento armato che al visitatore appare sospeso, visto che appoggia a terra solo su di una piccola porzione del muro di fondo della chiesa e che, per il resto dello sviluppo, accoglie il perimetro interno dei petali. Il suo comportamento strutturale non è a mensola, come può apparire a un primo sguardo, ma si basa in realtà su una continuità flessionale tra l’oculus e i petali.

Scheda progetto
Progettista: Benedetta Tagliabue - EMBT Architects
Project directors: Benedetta Tagliabue, Joan Callis
Design coordinator: Valentina Nicol Noris
Structural design: Francesco Iorio - SIO
Committente: CEI Conferenza Episcopale Italiana, Parrocchia di San Giacomo Apostolo, Ferrara
Periodo: 2011-2021
Artista: Enzo Cucchi
Liturgista: Don Roberto Tagliaferri
EMBT team for wooden ceiling and sacred furniture: Nazaret Busto Rodríguez, Julia de Ory Mallavia, Daniel Hernán García
EMBT’s management coordinator: Camilla Persi
Project management: Concordia SAS - Diego Malosso, Maria Elena Antonucci
Ingegnere locale: Beatrice Malucelli
Consulente acustico: Higini Arau
Consulente illuminazione: Maurici Ginés - Artec3 Studio
Supporto scientifico: Matteo Ruta
Installazioni: Studio Simax
Direttore lavori e sicurezza: Domenico Mancini
General contractor: Costruzioni Tiziano Geom. Corrado
Brick supply and consulting: SanMarco Terreal
Concrete floors and churchyard, resin coatings: Ideal Work
Photos: Duccio Malagamba, Marcela Grassi, Paolo Fassoli, Roland Halbe

Arketipo 161, Culto, Dicembre 2022