“Cristo luce del mondo” e “Dio provvederà” sono le due scritte che accolgono chi visita la chiesa di Santa Maria Goretti a Mormanno, recente gioiello di Mario Cucinella nelle alture del Parco Nazionale del Pollino, vincitrice del concorso pilota indetto dalla CEI nel 2011 (diocesi di Cassano allo Jonio) e dedicata alla giovane donna, che morì martire a soli 12 anni il 6 luglio 1902. In quel giorno un raggio di sole penetra dall’unica finestra in parete e illumina il crocifisso. “Cristo luce del mondo” è l’incipit della Lumen Gentium, la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa; essa brilla della “luce” di Cristo e non della propria. La chiesa di Mormanno riflette “questa luce” esternamente, grazie al suo profilo sinuoso e, allo stesso tempo, la accoglie e conduce internamente grazie ad aperture zenitali, ricavate nella copertura piana a 16 metri da terra. Il suo volume si staglia come un monolite bianco e fluido nel paesaggio, privo di aperture in facciata poiché tutta la luce “piove” dall’alto (Is 45,8). “Dio provvederà” era la frase che Maria soleva dire alla madre quando affrontava le difficoltà della vita e nello specifico proprio per ricevere la prima Eucarestia. La forma in pianta a X (Chi greca), simbolo di Cristo, genera uno spazio molto contenuto ma voluttuoso: dall’ingresso si percepisce subito il movimento della quinta di fondo che avanza ed eleva il presbiterio su una piattaforma a due livelli che ospita i tre luoghi liturgici fondamentali della celebrazione: l’ambone, luogo dell’annuncio della resurrezione di Cristo, la sede del celebrante che presiede l’assemblea liturgica e l’altare, punto focale e centro dell’Eucarestia. A quest’ultimo si ascende come alla roccia del Golgotha e all’altare dei sacrifici del Tempio ed esprime il sacrificio di Cristo. Qui pare evocare una sepoltura aperta, come segno della vita che continua dopo la morte come un dono.

I quattro bracci della croce greca, pianta tipica dei martyrion, ospitano gli altri luoghi fondamentali della liturgia. Vicino all’ingresso si trovano, a sinistra, il fonte battesimale e a destra il confessionale e rappresentano - come dicevano i padri della Chiesa - le due tavole della salvezza. Negli altri due bracci si possono notare: a sinistra dell’altare l’immagine votiva di Santa Maria Goretti e a destra il tabernacolo. L’architettura genera quindi un’interessante corrispondenza spaziale e relazionale tra l’immagine di Maria Goretti e il tabernacolo eucaristico mentre un’immagine della Madonna si trova tra l’immagine della Santa e il fonte battesimale. Queste, come le restanti opere liturgiche, sono state realizzate dall’artista Giuseppe Marianiello. L’ingresso dell’edificio è una croce, ancor più visibile col calar della notte ed è il simbolo per eccellenza dell’amore di Dio poiché, secondo le Scritture, nella vita eterna si entra attraverso “la croce” del Figlio di Dio. Essa è anche, simbolicamente, segno del martirio della giovanissima Maria Goretti, che non si volle concedere al suo assalitore, e del suo ingresso nella Chiesa trionfante in ragione di questo. Il simbolismo dell’ingresso, la croce del martirio e il battesimo nelle acque, rimanda dunque all’immagine dei “cieli aperti”. Cristo vide infatti il cielo aprirsi nel suo battesimo (Mc 1,10) così come Stefano, protomartire, vide i cieli aperti nel giorno del suo martirio (At 7,56). Chi passa per la porta stretta (Mt 7,14) e si affida nella morte a “Dio che provvederà” vede i cieli aperti. Cucinella, così, pare interpretare queste affermazioni teologiche con un luogo in cui l’uomo fa esperienza del cielo aperto, un luogo raccolto e speciale, mistico, in cui il cielo e la terra si toccano.

La Chiesa di Mormanno richiama il barocco nella composizione delle forme esterne, dove il progettista parte dichiaratamente dall’osservazione della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza ma ancor di più della cappella di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma. Per quanto piccola la chiesa di Borromini è caratterizzata da una luce magica, rotonda, che avvolge. Anche a Mormanno la chiesa è piccola, a pianta centrale, poco più di una cappella e la sinuosità “barocca” delle pareti accompagna la luce sia esterna che interna. E proprio all’interno il soffitto diventa un “cielo aperto” come negli affreschi della Chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina e di quella di Sant’Ignazio di Loyola al campo Marzio a Roma. In uno spazio religioso l’effetto della luce non deve essere mai domestico bensì mistico, rituale. Lo straordinario velario, che ricorda la luce e le pieghe marmoree dell’estasi di Santa Teresa, di Bernini, nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, è anch’esso una sorta di drappo barocco che cattura letteralmente i raggi solari provenienti dalle aperture zenitali. Questi sono fatti di luce “solida”, potente, e il velario la ammorbidisce, la diffonde e la conduce nello spazio quasi fosse un’aurora boreale. Il risultato è una luce più fluida, quasi “gassosa”, ascetica, un delicato ed elegante tributo del progettista alla stessa purezza della vocazione di Santa Maria Goretti, sostanziata nella purezza di questo “velo di luce”.

Vista dell'altare e del velario

Si ringrazia Padre Davide Dell’Oro SJ per la consulenza sui temi teologico-liturgici

INTEGRAZIONE DI LUCE NATURALE E ARTIFICIALE
L’immagine dei “cieli aperti”, dal forte valore teologico, si esprime attraverso la combinazione di luce naturale e artificiale. La prima è garantita grazie a 19 lucernari piani zenitali (Velux Curvetech) inseriti nella copertura piana, che consentono anche la ventilazione naturale ascensionale nelle stagioni intermedie e in estate. Grazie al velario (GiPlanet) la luce “solida” zenitale viene filtrata e accompagnata, frammentata e addolcita verso tutto lo spazio interno. Un approccio diverso da quello di Le Corbusier a Ronchamp che, però, pare dialogare con il grande Maestro francese nei termini di plasmazione e ritualità della luce interna (oltre alla cromia bianca e pura della facciata esterna). La seconda, invece, è stata pensata come un sistema integrato capace di combinare con equilibrio i requisiti illuminotecnici sia con le esigenze di risparmio energetico - altro elemento chiave complessivo del progetto - che con il valore teologico dello spazio. Era infatti fondamentale che gli elementi dell’illuminazione artificiale, necessari per illuminare i diversi luoghi durante la celebrazione, non alterassero l’aspetto del sistema di illuminazione naturale zenitale. Gli elementi Zumtobel, a incasso verticale e ottica integrata nelle pareti (modello Synchro Gimbal - supersystem integral), sono un’innovazione assoluta in quanto primo proiettore sul mercato lineare e orientabile. Il sistema, infatti, ha consentito di definire un’illuminazione specifica dei luoghi e degli oggetti senza alterare l’aspetto del velario zenitale. Inoltre, l’ottica arretrata, in cui le sorgenti non sono percepibili, ha permesso di modulare la luminanza e di raggiungere il comfort illuminotecnico desiderato. In questo senso, le testate Gimbal a orientamento sincronizzato forniscono un’illuminazione flessibile e un’ottima distribuzione del solido fotometrico mentre la resa cromatica risulta eccellente con un CRI maggiore di 90.

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E TRANSIZIONE ECOLOGICA
I temi della sostenibilità sono ampiamente presenti nell’enciclica “ecologica” Laudato Si’ di Papa Francesco, che tratta proprio dell’interconnessione tra crisi ambientale e crisi sociale sul nostro pianeta Terra. Mario Cucinella è da sempre interessato in modo contemporaneo e creativo a temi della sostenibilità (e sicuramente non è un “green washer “come altri). La struttura è innanzitutto un guscio antisismico in cemento armato di soli 250 mm di spessore (per un’altezza di 16 metri) visto che la zona può essere soggetta a forti terremoti. Internamente è isolata con 80 mm di polistirolo rivestiti con 40 mm di calce canapa, che fornisce un effetto materico screziato. Il pavimento è isolato verso terra ed è radiante così da ottimizzare il comfort durante le funzioni senza sprecare energia. Il bianco dell’esterno, teologicamente importante, è stato realizzato con una vernice fotocalitica microporosa di Keim. Questa è a base di silicati contenenti anche molecole di biossido di titanio, in grado di innescare la reazione catalitica cronica. Tramite l’energia della luce il catalizzatore fissa i gas serra e i VOC (componenti organici volatili) e li trasforma in sali inerti e radicali. L’effetto di dilavamento dovuto all’acqua e all’umidità consente di auto-pulire la facciata grazie alle caratteristiche idrofile dello strato di pitturazione che consentono anche una più veloce asciugatura. Le coperture meritano infine attenzione. Per la zona dedicata al culto la stratificazione è realizzata su pannelli di cross-lam lignei sorretti da un’orditura primaria in acciaio (nel progetto venne valutata anche l’ipotesi del legno lamellare). Sopra i pannelli sono stese le membrane tecniche di barriera e freno al vapore e due strati da 80 + 80 mm di lana minerale con ottime proprietà sia di isolamento che di sfasamento e attenuazione termica. Per gli spazi coperti con tetto piano e dedicati alle attività della parrocchia la stratigrafia culmina con un tetto verde estensivo in grado di mitigare gli shock di prima pioggia e di ridurre in maniera importante l’irraggiamento zenitale estivo grazie al sedum dello strato vegetativo. L’acqua viene recuperata e utilizzata sia per le chiostrine interne a verde che per l’orto a kilometro zero dello spazio parrocchiale.

Scheda progetto
Progettista: Mario Cucinella Architects
Architectural team: Mario Cucinella, Luca Sandri (project manager), Emanuele Dionigi, Enrico Pintabona, Michele Roveri. Competition: Alberto Bruno, Alberto Casarotto
Artist: Giuseppe Maraniello
Liturgist: Don Amilcare Zuffi
Visual: Mario Cucinella Architects; Engram
Structural project: Milan Ingegneria
Systems: ing. Paolo Scuderi, ing. Riccardo Giannoni
Clerk of works: arch. Gaetano Leto
RUP: geom. Raffaele Boise
Veil: GiPlanet
Construction: Generali Costruzioni
Photos: Duccio Malagamba, Scura Design

Arketipo 161, Culto, dicembre 2022