All’uscita del casello di Parma dell’Autostrada A1, mentre osservo le architetture della Chiesi Farmaceutici che devo visitare, mi viene in mente che questa straordinaria infrastruttura viaria, progettata dall’ingegner Francesco Aimone Jelmoni, docente al Politecnico di Milano, è stata realizzata tra il 1956 e il 1964, fissando un record invidiabile nella storia delle opere pubbliche italiane. È una precisazione utile per introdurre il lettore all’opera presentata in queste pagine. Semplicemente perché il periodo a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento è, senza dubbio, una delle stagioni più fertili dell’architettura italiana: a Milano, la Torre Velasca e il Grattacielo Pirelli, a Venezia la Casa alle Zattere, a Roma, la Casa del Girasole e il magazzino la Rinascente, sono tra le testimonianze più acclamate e discusse a livello internazionale. La cifra stilistica comune a questi e molti altri capolavori dello stesso periodo, esito di un perfetto equilibrio tra funzione e forma, potrebbe essere definita in alcuni termini usati dagli stessi maestri che hanno firmato i progetti citati: in ordine di apparizione, l’attenzione alle “preesistenze ambientali” teorizzata da Ernesto Nathan Rogers, il richiamo alla “espressione architettonica” di Gio Ponti, l’”eleganza” di Ignazio Gardella, lo “spazio cavo” di Luigi Moretti e quello “atmosferico” di Franco Albini.

Nella loro regolarità geometrica, sottolineata dall’alternarsi ritmico dei rivestimenti opachi e trasparenti, i tre edifici della Chiesi progettati dallo studio EFA di Parma - il Centro Ricerche inaugurato nel 2011 e i più recenti edifici destinati all’Headquarters e al padiglione di servizio Pilotis - si dispongono dall’uscita del casello autostradale in un’area nella quale emerge il tipico conflitto tra campagna e periferia urbana che domina il nostro tempo. Si tratta di uno di quei “territori fragili” che oggi affascinano molto gli artisti e gli scienziati sociali, ma che sempre meno sono affidati alle cure degli architetti. Nel disordine del paesaggio autostradale, questo progetto di architettura risponde con un rigoroso ordine geometrico, ritmato da pieni e vuoti, che nelle planimetrie compone gli spazi aperti e chiusi della “cittadella aziendale” e nei prospetti definisce un invisibile fondale su cui muovere una serie di figure disegnate dalla “natura dei materiali” e da raffinate memorie storiche. Così, ogni elemento costruito e naturale manifesta la propria autonomia figurativa e contribuisce al successo delle qualità spaziali del complesso, vissuto quotidianamente da numerosi lavoratori-abitanti. Se gli spazi del Centro Ricerche e dell’Headquarters si addentrano nelle diverse espressioni della materia architettonica plasmata dalla luce, combinando le trasparenze del vetro con l’opacità del metallo e dei prefabbricati di pietra artificiale, in una eloquente esposizione delle funzioni interne, l’edificio denominato Pilotis, di più ridotte dimensioni, nello svolgere il ruolo di porta d’ingresso al comparto industriale, propone una potente assolutezza stereometrica, tamponata da vetri e pannelli in maglia d’acciaio stirata che richiamano l’eroica stagione dei primi curtain-wall. Architetture per il lavoro, dunque, ricche di una misurata eleganza iconografica e impegnate in un terreno d’avanguardia anche dal punto di vista delle soluzioni costruttive: i materiali utilizzati, oltre a rispondere alla domanda di ecosostenibilità e riduzione dei costi energetici, sono il frutto di una paziente ricerca sul rapporto tra l’ossatura strutturale e la pelle che la riveste e combinano un elevato isolamento termico con un’efficace protezione dal calore estivo.

Di conseguenza, l’architettura degli interni è un invisibile contrappunto della luminosità che domina questi ariosi ambienti produttivi. Ho accennato all’inizio ai riferimenti storici del progetto, che riesce a comporre elementi eterogenei: la severa freddezza del metallo, l’impalpabilità del vetro, la vocazione tattile dei pannelli prefabbricati, la chiara organizzazione dei percorsi interni, instaurando sorprendenti relazioni tra loro e con l’ambiente circostante. Tra le lezioni dei maestri della cultura architettonica italiana, di cui lo studio EFA è da sempre colto interprete, vi è quella che Franco Albini ci ha regalato nelle sue architetture, come testimonia il percorso cronologico che dai leggerissimi allestimenti temporanei degli anni Trenta giunge ai capolavori museali genovesi e dall’edificio INA a Parma sviluppa il “tecnologico poetare” dell’architetto brianzolo, toccando il noto magazzino romano, fino alle Terme di Salsomaggiore. Nel progetto per il campus Chiesi a Parma, mi sembra che lo studio EFA abbia saputo cogliere pienamente il senso degli “spazi atmosferici” disegnati da Albini con l’aria e con la luce. Terminata la visita, alle prime luci del tramonto, correndo sull’A1 “fra la via Emilia e il West”, penso che l’architettura italiana avrebbe bisogno di riprendere con maggior forza la lezione dei maestri del secondo dopoguerra, quando “l’arte del costruire” portava la tradizione del passato nella tecnologia del presente e pensava a trasformare la campagna in luoghi abitati in cui artificio e natura convivevano nella bellezza dei luoghi per la vita pubblica e privata, per il lavoro, lo studio e il tempo libero. E ai progettisti del Campus Chiesi rivolgo una citazione, come auspicio a proseguire la ricerca con coerenza: “Nel momento attuale abbiamo bisogno di nuovo della tradizione: noi cerchiamo di ritrovare e di riconoscere quelle che hanno radici nel passato per capire come possiamo trovare e creare le nostre nuove tradizioni: sentiamo il bisogno di saldare il passato col presente e, come architetti, cerchiamo di scoprire quale è la forza di continuità della nostra cultura, per l’ambizione di innestarvi le nostre opere”. È l’incipit dell’articolo intitolato “Quattro opere di un architetto emiliano”, che Albini dedica ai lavori dell’amico Enea Manfredini e pubblica sulle pagine della “Casabella-continuità” diretta Rogers, nel numero di aprile-maggio 1955.

 

CENTRO RICERCHE
Le soluzioni tecniche individuate e i relativi vincoli sono stati assorbiti come grammatica costruttiva ed espressiva, coniugando le necessità del linguaggio architettonico con i vincoli di prodotto e processo della pratica edilizia. Allo scopo di definire i volumi lapidei dei laboratori, è stato adottato un sistema di facciata ventilata che alla rapidità di posa in opera associa benefici dal punto di vista termico. Nella definizione della stratigrafia, un’attenzione particolare è rivolta alla selezione di materiali aventi prestazioni elevate dal punto di vista termico e acustico: quale elemento resistente è stato utilizzato il calcestruzzo cellulare, materiale ecologico e minerale, a cui è giustapposto, con modalità di fissaggio meccanico, lo strato isolante in lana di roccia. A seguire, lo strato di ventilazione e, per concludere, il pacchetto di rivestimento, fissato alla parete portante tramite una sottostruttura costituita da montanti e traversi. I materiali utilizzati per i rivestimenti delle superfici opache sono principalmente due: la pietra ricostruita a tutto impasto con superficie strutturata, prodotta appositamente per l’opera da un’azienda altamente specializzata del settore, che ha collaborato con il team di progetto al fine di ottenere un gioco di alternanze dimensionali (tre moduli di 120 cm di altezza e di larghezza rispettivamente 60, 40 e 20 cm) e una texture disomogenea; i pannelli metallici in alluminio pressopiegato e postverniciato trattati con una vernice alle polveri realizzata specificamente ad hoc e particolarmente resistente agli agenti atmosferici. La facciata continua a cellule degli uffici, costituita da elementi preassemblati in officina e già comprensivi di telaio, pannelli ciechi e vetrature apribili e fisse nella parte superiore, ha permesso un notevole risparmio sui tempi e sui costi di cantierizzazione, in quanto ha evitato il ricorso a ponteggi e limitato le attività da svolgersi in opera. La singola cellula (1,80x4,00 m) si compone di un sistema vetrato trasparente diviso in due campiture, che si alternano a un vetro di tamponamento retrolaccato nella fascia prospiciente i solai. Il tema architettonico della variazione di scala in corrispondenza degli open space collocati nelle ali dei laboratori o degli spazi direzionali a est dell’edificio uffici è stato risolto tramite l’utilizzo del sistema a montanti e traversi. La centralità degli spazi di accoglienza e la loro aggregazione è sottolineata dall’involucro completamente trasparente dell’atrio, che insiste su un’area di circa 500 metri quadrati e si sviluppa per un’altezza di circa 19 metri: un elemento di connessione tra le ali dei laboratori e gli uffici risolto attraverso un’ibridazione della tecnologia a fissaggi puntuali, per ottenere l’effetto visivo di smaterializzazione della facciata grazie alla riduzione della struttura portante a un sistema di controventi.

Scheda progetto
Anno di costruzione: 2011
Committente: Chiesi Farmaceutici spa
Designers: Emilio Faroldi Associati - Emilio Faroldi, Maria Pilar Vettori (progettisti) Dario Cea, Pietro Chierici, Roberto Grassi, Francesca Pesci, Laura Piazza (architetti) Federica Bocchi, Francesca Cipullo, Andrea Roscini (collaboratori)
Engineering procurement & construction management (EPCM): Jacobs Italia spa
Facciate: PICHLER projects srl
Photos: Kai-Uwe Shultebunert, Marco Buzzoni, Marco Introini, Oskar DaRiz, Pietro Savorelli
Text: Federico Bucci
Zoom: EFA studio di architettura

HEADQUARTERS
La scelta tipologica dell’insediamento, costituito da corpi di fabbrica indipendenti aggregati attorno a un nucleo centrale, si è tradotta in una significativa semplificazione del processo costruttivo e delle fasi di cantiere, consentendo di sovrapporre organicamente lavorazioni eterogenee, comprimendo le tempistiche complessive di realizzazione. L’edificio principale è impostato sulla base di una griglia modulare che innerva la pianta a partire da un passo strutturale ottimizzato al fine di consentire l’articolazione dello spazio adattabile, a cui corrispondono i singoli elementi costruttivi e i sotto moduli di facciata. Il corpo uffici si compone di due blocchi a pianta rettangolare collegati da un atrio a tutt’altezza: pur condividendo la maglia modulare, le due ali hanno una morfologia diversa in risposta a un programma funzionale e a logiche insediative distinte. Il sistema strutturale è rappresentato da una sequenza di nuclei in calcestruzzo armato gettato in opera e pilastri e solette prefabbricate. La necessità di garantire una flessibilità ampia degli spazi ufficio, unitamente alla volontà di denotare gli spazi di una visione priva di ostacoli da fronte a fronte, si è tradotta nell’adozione di un telaio strutturale a campata unica, con luce di quasi 13 metri composto da pilastri liberi distaccati di 0,5 metri dalle facciate. Le colonne in acciaio sono realizzate con profili della famiglia HE; incernierate alla base e continue lungo lo sviluppo verticale, si rastremano ai piani superiori, in funzione dell’incidenza dei carichi. Gli orizzontamenti sono stati pensati al fine di garantire spessori minimi e completa planarità, al fine di eliminare la presenza di travi ribassate che avrebbero ostacolato il passaggio della tecnologia impiantistica. La scelta tipologica è ricaduta sul sistema “Slim Floor”, caratterizzato da lastre prefabbricate in calcestruzzo alveolare a una campata in semplice appoggio, disposte trasversalmente allo sviluppo dell’edificio e sostenute da travi in acciaio longitudinali. I blocchi risultano separati da un atrio comune, percorso da una teoria di scale e passerelle realizzate in carpenteria metallica e colleganti a ogni piano i due blocchi uffici. Il volume è delimitato da due vetrate che si sviluppano a tutta altezza rivolte a est e ovest, ancorate a montanti reticolari prefabbricati del tipo Vierendeel con sezione costruita, disposti verticalmente per un’altezza di circa 23 metri, realizzati in stabilimento e consegnati in cantiere già assemblati. L’immagine di stabilità, rigore e misura dell’insediamento è ribadita dalla pelle dell’edificio che, pur mantenendo una certa omogeneità di trattamento, sottende una pluralità di tipologie e soluzioni tecniche. I volumi dei corpi ufficio appaiono composti da due sezioni accoppiate longitudinalmente: una, più solida e materica, è rivolta verso la città; l’altra, più trasparente e porosa, si apre al paesaggio.

Scheda progetto
Anno di costruzione: 2020
Committente: Chiesi Farmaceutici spa
Designers: EFA studio di architettura - Pietro Chierici, Maria Pilar Vettori (progettisti) Dario Cea, Giorgia Fochi, Francesca Pesci, Laura Piazza (architetti)
Engineering procurement & construction management (EPCM): Arup Italia srl
Facciate: Gualini spa
Photos: Kai-Uwe Shultebunert, Marco Buzzoni, Marco Introini, Oskar DaRiz, Pietro Savorelli
Text: Federico Bucci
Zoom: EFA studio di architettura

PILOTIS, EDIFICIO SERVIZI E UFFICI
Il fabbricato Pilotis esprime la ricchezza funzionale già insita nel comparto produttivo e la governa mediante l’utilizzo di una griglia modulare, elemento ordinatore e generatore del progetto. Tale elemento si riflette sull’involucro, che mette a sistema e organizza le varie funzioni, declinandole e denunciandone la specificità ma garantendo al contempo un linguaggio compositivo unitario. Le facciate sono strutturate su trame geometriche che governano con le loro matrici modulari i principali temi compositivi e i sistemi componenti che ne attuano la costruzione. Il modulo, talvolta in modo evidente, talvolta in modo occulto, rappresenta la misura della scansione tra pieni e vuoti, la geometria dei rivestimenti, il rapporto tra superfici trasparenti e opache. Il sistema costruttivo di facciata adempie alle condizioni di benessere psico-fisico per le attività previste internamente, a cui si sommano le esigenze in termini di prestazione energetica, sicurezza statica e ottimizzazione di esercizio. Il controllo ambientale degli spazi interni rappresenta l’obiettivo prioritario delle opzioni architettoniche e costruttive relative al sistema di involucro. Le facciate dell’edificio sono caratterizzate da un’alternanza tra superfici a elevata trasparenza e altre completamente opache, secondo un ritmo predefinito. Le partizioni cieche individuano e contengono con continuità gli ambienti di natura tecnica definendo la scansione delle aree di lavoro. Queste ultime sono caratterizzate da un ritmo di superfici trasparenti che garantiscono la luminosità naturale all’interno degli spazi operativi e la ventilazione degli ambienti tramite elementi apribili. I pannelli semi-opachi assolvono anche la funzione di integrare gli impianti tecnologici di raffrescamento e riscaldamento e garantiscono, integrandolo, l’apporto di aria con apertura meccanica richiesta da normativa. Le facciate, inoltre, sono dotate di una parte opaca coibentata in corrispondenza della zona del controsoffitto e del solaio per soddisfare requisiti termici e di comportamento al fuoco. All’esterno un sistema di elementi verticali allinea le geometrie e concorre a regolare e controllare la quantità di luce e calore in ingresso, favorendo un ritmo verticale della composizione.

Scheda progetto
Anno di costruzione: 2021
Committente: Chiesi Farmaceutici spa
Designers: EFA studio di architettura - Pietro Chierici, Maria Pilar Vettori (progettisti) Dario Cea, Giorgia Fochi, Francesca Pesci, Laura Piazza (architetti)
Engineering procurement & construction management (EPCM): Policreo srl Società di Progettazione
Facciate: PICHLER projects srl
Photos: Kai-Uwe Shultebunert, Marco Buzzoni, Marco Introini, Oskar DaRiz, Pietro Savorelli
Text: Federico Bucci
Zoom: EFA studio di architettura

Arketipo 158, Eccellenze d'Italia, settembre 2022