chiostri

"Quale equilibrio è possibile tra la necessità di aprirsi al mondo e il fascino concluso del chiostro? Tutta la vita benedettina è segnata da questa dialettica", Paolo Rumiz.
È stato a partire dalla consapevolezza sulla delicata relazione fra gli spazi tipici di un complesso di matrice benedettina che ha preso avvio il progetto per il recupero dei Chiostri di San Pietro, il più importante corpo monumentale della città di Reggio Emilia.
Obiettivo di committenti e progettisti, lo studio ZAA Zamboni Associati Architettura, era crearvi un polo culturale di rilievo internazionale, rafforzando contemporaneamente la naturale vocazione dell'antico monastero benedettino.
Il progetto ha riguardato contemporaneamente tre nuclei collegati fra loro: il restauro del corpo monumentale rinascimentale in parte attribuito a Giulio Romano; l'inserimento, in sostituzione dei corpi minori demoliti, dei nuovi edifici dedicati ai Laboratori Aperti Urbani adiacenti all'antica scuderia ristrutturata; la riqualificazione dei cortili collegati al monastero e oggi riconosciuti come spazi pubblici restituiti alla città e inseriti nella logistica comunale come spazi di attraversamento urbano.

I progettisti hanno dunque cercato un percorso e un processo alla ricerca di un rapporto equilibrato fra antico e contemporaneo, fra una nuova funzionalità per il monastero inutilizzato da secoli e la contestuale valorizzazione dell'identità storica del complesso benedettino.

Nello specifico, il corpo monumentale si struttura attorno a due chiostri, il più antico risalente al secondo decennio del XVI secolo, ed è una concreta testimonianza sull'architettura rinascimentale e sulla vivacità della corrente monastica e benedettina.
Lo Studio ZAA racconta la storia del luogo e dei Chiostri di San Pietro: "nel corso dei secoli il complesso è stato trasformato; a partire dall’epoca napoleonica, in tribunale civile, caserma militare, educandato per fanciulle, mentre le aree di pertinenza conservavano il solo ingombro originario con gran parte dei muri che cingevano il monastero e l’antica scuderia. In quanto area militare poi dismessa negli ultimi anni del Novecento, questo luogo ha rappresentato una zona inaccessibile nel cuore della città storica fino al momento della riscoperta per eventi sporadici come il festival Fotografia Europea. Con l’obiettivo di rafforzarne la naturale e strategica vocazione culturale, il recupero del complesso è stato finanziato con fondi europei tramite il programma regionale POR-FESR Asse 6 “Città attrattive e partecipate” per restituirlo al pubblico come polo culturale di rilievo internazionale".

Il progetto è stato dunque articolato in tre interventi distinti ma fra loro correlati: il primo dedicato al completamento del restauro conservativo del corpo monumentale e il suo relativo aggiornamento in chiave funzionale; il secondo ha riguardato la demolizione dei corpi minori legati al periodo dell'occupazione militare e la costruzione sullo stesso sedimentato dell'edificio per i Laboratori Aperti Urbani; il terzo la riqualificazione degli spazi cortilivi e la loro apertura verso la città.

Ciascuna di queste tre parti di intervento ha seguito un percorso molto articolato comprendendo tanto il rispetto dell'identità storica dei Chiostri di San Pietro quanto la necessità dell'aggiornamento funzionale, interpretando i temi di volta in volta in relazione a materiali, caratteristiche strutturali e inserimenti ex novo. Fra i tempi, di grande rilievo è stato quello del 'non finito': "I Chiostri testimoniano una condizione di non-finito anche in senso planimetrico, poichè evidentemente il complesso era destinato ad un ampliamento verso est, come dimostrano non solo i disegni attribuiti a Giulio Della Torre (1584-1585), ma anche l’odierno stato della grande parete cieca che delimita il corpo monumentale verso le aree cortilive ad est, a tutti gli effetti un fronte privo di decori o elementi di rilievo se non bucature tamponate pronte ad essere riaperte al momento dell’ampliamento a servizio delle future celle. Il non-finito è diventato il punto di vista, il metodo e il filtro concettuale per ogni scelta che ha riguardato l’intero complesso, incluse le addizioni e gli spazi aperti. È un principio che amplia il significato del contesto, interpreta ciò che non è visibile, lo amplifica e vi pone un limite non formale, non definitivo, presupponendo semmai come possibile punto di arrivo una compiutezza di ordine superiore. Seguire questo approccio è stato un modo per lasciare aperto il progetto, dischiudendo e affinando il metodo nel farsi".

Scheda progetto
Luogo: via Emilia San Pietro, Reggio Emilia
Committente: Comune di Reggio Emilia – RUP Massimo Magnani
Data di completamento: 2019
Superficie costruita:
Corpo monumentale: 2.370 mq
Laboratori Aperti Urbani: 790 mq
Scuderia: 230 mq
Aree cortilive: 3.560 mq
Totale: 6.950 mq
Costi: 2.700.000 euro
Progettisti: ZAA Zamboni Associati Architettura (progetto architettonico, coordinamento generale e direzione lavori)
Team di progetto: Andrea Zamboni, Maurizio Zamboni, Alessandro Molesini, Daniela Conti
Direzione lavori: Andrea Zamboni
Collaboratori: Riccardo Amarri, Benedetta Braglia, Oliviero Brognoli
Main contractor: Tecton/Cattolica costruzioni
Subappalti e altre imprese coinvolte: Impresa Marmiroli, Impresa De Angeli, Reset, Torreggiani & C.
Fornitori: facciate Rodeca; Pavimentazioni esterne Ruredil; Serramenti in acciaio Secco Sistemi; Porte, cancelli e serramenti in alluminio Metalinfissi; Copertura Prefalz; Illuminazione Viabuzzuno; Facciate e serramenti in legno SAF Serramenti
Crediti fotografici: Alessandra Chemollo, Kai-Uwe Schulte Bunert