saggio – Lungo la costa del Pacifico, a metà della lunga striscia di terra - oltre 4.000 chilometri - che congiunge la Bolivia con l'Argentina, si trova, in territorio cileno, un luogo straordinario e affascinante denominato "Città Aperta".

Le origini risalgono al 1952, quando un ristretto gruppo di professori della Facoltà di Architettura dell'Università Cattolica di Valparaíso decisero di mettere in pratica le proprie teorie sull'abitare ricercando, attraverso la mescolanza delle arti con la poesia e la letteratura, una nuova identità culturale nazionale. La Ciudade Abierta si trova nei pressi di Ritoque, a circa 30 chilometri a nord di Valparaíso, tuttavia, a dispetto del nome, non è una città in senso tradizionale, piuttosto un laboratorio sperimentale in grado di relazionare il pensiero architettonico con l'installazione o la performance creativa realizzata in assenza di una piano generale che ne regoli la gerarchia infrastrutturale; 750 ettari di terreno caratterizzati da dune di sabbia che disegnano una grande spiaggia, dove una bassa vegetazione, priva di alberi, nasconde misteriose architetture, alcune abitate da oltre trenta anni, altre abbandonate o mai completate. Si tratta di un'originale quanto suggestiva sequenza di architetture e forme scultoree assemblate e costruite nel corso degli anni con materiali riciclati, ciascuna secondo una propria diversa configurazione che rimanda più alla temporaneità del costruito che alla solidità urbana. La "Città Aperta" non ha confini, non ha una particolare delimitazione geografica, ospita edifici residenziali, un anfiteatro, una sala per la musica, un santuario, una cappella, un cimitero e perfino un campo sportivo, il tutto al di fuori delle regole del mercato fondiario che solitamente caratterizza il formarsi addensato di ogni ipotesi di suddivisione della proprietà. I suoi abitanti non sono stanziali, non sono cittadini, neppure migranti definitivi ma gruppi di studenti che ogni anno, (circa 120 iscritti), disegnano, sperimentano, manipolano lo spazio e la struttura architettonica in senso fisico confrontandosi con una condizione ambientale difficile ed estrema. Luce, suoni, vento e sabbia, si alternano e si mescolano nella costruzione di una nuova realtà poetica e visionaria ai confini dell'arte oltre l'architettura. La "Città Aperta" è un progetto accademico, probabilmente una delle esperienze più importanti e significative per la ricerca architettonica degli ultimi cinquant'anni in Sud America, ideata dall'incontro dell'architetto cileno Alberto Cruz, docente di progettazione dell'architettura, e dal poeta argentino Godofredo Iommi che insieme individuano un approccio diverso alla didattica, alternativo alla pratica tradizionale dell'insegnamento dell'architettura, per l'utilizzo della poesia come fondamento del processo creativo.

L'insegnamento si svolge in loco e la "Città Aperta" viene concepita come spazio di vita e di lavoro inteso come luogo dove concretizzare e dare forma ad una esperienza creativa collettiva. Uno spazio dove si persegue l'espressione di un'arte che rappresenti la vita, un luogo frutto delle differenti relazioni fra l'uomo e il suo intorno caratterizzato, programmaticamente, da una particolare e stringente topografia contratta tra l'Oceano e le Ande. Questa "isola di cultura" racchiude la volontà dei suoi fondatori di individuare una chiave di lettura del proprio territorio al fine di indicare i caratteri di una propria specifica identità liberata dalle contaminazioni del colonialismo culturale proveniente dall'Europa ed in particolare scevro dai rigidi precetti lecorbuseriani che tanto avevano, ed hanno, condizionato l'immagine di un paese tanto giovane e quindi "istintivamente" moderno. Amereida, poema epico dell'America, scritto nel 1965 dagli stessi fondatori della "Ciudad Abierta", fornisce una chiave di lettura dell'America del sud
prefigurando i tratti salienti di un sentire che avrebbe dovuto imprimere, secondo gli autori, le tracce e i riferimenti di un ricercato quanto necessario senso di appartenenza. Tuttavia la mancanza reale di elementi fondativi autoctoni, spinge il gruppo a realizzare una serie di viaggi mirati alla scoperta ed alla conoscenza diretta del vasto territorio americano.

Sull'onda dell'interesse suscitato dal progetto del poema, la cui titolazione è la crasi tra le parole "America" e "Eneide", appunto Amereida, parte la prima "traversia" collettiva che muove da punta Areas, in Patagonia, alla Bolivia nel centro dell'America. Durante il viaggio si elaborano interventi ed esperienze poetiche, si elaborano mappe, carte geografiche; viene proposta l'inversione della cartografia che ritrae il continente americano osservato attraverso una inversione di 180°, secondo la tesi del "nord proprio" e la sovrapposizione della Croce del Sud sulla figura del continente. I quattro estremi vengono denominati: Ancora, punto verso Capo Horn dove Vespucci aveva avvistato per la prima volta la Croce del Sud; Origine, punto opposto situato nei Caraibi dove era sbarcato Colombo credendo di essere nelle Indie; Luce, il punto coincidente con la costa Atlantica, quella più vicina all'Europa; infine Avventura, la costa Pacifica perché lì ha inizio il mare sconosciuto. A Ritoque, "Città Aperta + Amereida", si concretizza uno speciale legame tra idea e realizzazione rispetto alla quale l'architettura non è vista come la disciplina in grado di offrire soluzioni tecnologiche ed estetiche per l'abitare, viceversa un'espressione dell'animo che offre performance artistiche e poetiche all'interno di un ambiente in continua evoluzione.