Coperture e tetti - cenni storici

"L'uomo mal coperto, al riparo sotto le foglie, non sa più come difendersi da un'umidità fastidiosa che gli penetra nelle ossa da tutti i pori... L'uomo vuol farsi un alloggio che lo copra senza seppellirlo. Alcuni rami tagliati nel bosco sono materiali adatti al suo disegno. Egli ne sceglie quattro dei più forti, e li rizza perpendicolarmente, disponendoli in quadrato. Sopra ne dispone altri  quattro di traverso; e su questi altri inclinati a spiovente, che si riuniscono a punta nel mezzo. Questa specie di tetto è coperto di foglie abbastanza fitte perché né il sole né la pioggia possano penetrare; ed ecco l'uomo sistemato", scriveva così l'abate Laugier nel suo Essai sur l'architecture del 1753, cercava di individuare, seguendo Vitruvio, il modello primo dell'architettura come arte imitativa della natura, decretando in questo modo la nascita del tetto.
Per copertura, si intende quella parte dell'edificio disposta in modo da limitare lo spazio interno verso l'alto, allo scopo di proteggerlo dagli agenti atmosferici: è perciò costituita da una struttura portante che sostiene un manto impermeabile, il manto di copertura. Il termine si precisa con riferimento al materiale di supporto usato (copertura in ferro, legno, cemento armato, alla sua configurazione strutturale (copertura a tetto, a terrazza, a cupola, a volta, ecc.), al materiale impiegato per il manto superficiale (tegole, metallo, piastrelle, ardesia ecc.). La configurazione di copertura più antica è sicuramente la copertura a tetto che è rimasta immutata nei suoi criteri funzionali dalla prima capanna fino a oggi. Già nei villaggi neolitici erano in uso coperture a tetto o a cono, atte a far defluire rapidamente le precipitazioni piovose o nevose; per lo stesso motivo, ancor oggi l'inclinazione delle falde del tetto rispetto al piano orizzontale varia col clima, passando da valori nulli (coperture a terrazza delle regioni subdesertiche) fino a inclinazioni molto elevate (60%) nelle zone con forti precipitazioni nevose. Accanto alla copertura a tetto apparvero, già in epoche preistoriche, coperture dette a pseudovolta costituite da conci aggettanti l'uno sull'altro. L'invenzione della volta a botte, dovuta alle civiltà orientali, e soprattutto il largo uso fattone durante la civiltà romana, portarono a notevoli mutamenti nelle configurazioni esterne e interne degli edifici. Nelle basiliche paleocristiane si torna alla copertura a tetto con orditura di travi in legno, quasi a voler contrapporre, con la semplicità del sistema costruttivo, la povertà cristiana ai fasti dell'impero tardo romano. Nell'epoca romanica nasce la volta a crociera, che trova il suo massimo sviluppo nelle cattedrali gotiche. Con Brunelleschi, a Santa Maria del Fiore, viene ripreso il sistema di copertura a cupola, già ampiamente adottata in età bizantina, e sono affrontati nuovamente tutti i problemi geometrici, statici e funzionali che questa copertura comporta (cupola con pianta circolare sovrapposta ad ambienti a pianta quadrata, sistemi di illuminazione). L'introduzione della tecnica costruttiva del ferro e l'invenzione del cemento armato (ambedue con alta resistenza alla flessione) hanno permesso di coprire ambienti sempre più grandi: dai primi esempi ottocenteschi di copertura in ghisa dei mercati si è giunti alle grandi aviorimesse in cemento armato, con luci superiori agli 80 metri. Molto diffuso oggi è l'uso, per grandi luci, di travi in acciaio a traliccio (che alle doti di leggerezza uniscono una grande resistenza alla flessione) o in cemento armato biocompresso. Negli edifici industriali si usa spesso la copertura a shed che permette con ampi lucernari, una diffusa e uniforme illuminazione.

Materiali per tetti nell'Ottocento
Mentre per secoli, anzi per millenni, le tecniche per la copertura dei tetti hanno subito solo poche variazioni, la rivoluzione industriale porta tutta una serie di innovazioni anche in questo campo. La svolta decisiva per quanto riguarda le coperture in pietra si determina a partire dal 1844 con l'introduzione della copertura sagomata. Da quel momento le lastre potevano essere ricavate con l'aiuto di sagome nei diversi luoghi di estrazione in officine riparate. Dal 1871 si fa largo uso dell'ardesia, che si esaurisce solo con la prima guerra mondiale. La copertura dei tetti con mattoni cotti, in uso da quattromila anni, rappresentava all'inizio dell'Ottocento la tecnica più diffusa; grazie alle fasi di lavorazione ben separate (preparazione, sagomatura, cottura), essa costituiva una buona premessa per il passaggio a una produzione industriale. Intorno al 1844 l'imprenditore Adolph Kroher della Germania del sud (Staudach am Chiemsee) costruisce le cosiddette tegole Staudach. A tale scopo utilizza il cemento ricavato dai minerali cotti dei depositi provenienti dai dintorni di Staudach e dalla sabbia forte della Tiroler Ache. Da questo cemento "naturale" a presa rapida egli otteneva due forme: una a losanga da lui definita "inclinata" e una "a forma di S" che non oggi chiamiamo "coppo". Fin dall'antichità erano stati impiegati metalli quali bronzo, rame e piombo per la copertura dei tetti, ma è solo dall'Ottocento che le coperture in metallo sono utilizzate su vasta scala. L'Inghilterra svolge un ruolo di primo piano nell'impiego del vetro come materiale di copertura dei tetti. La tecnica di fissare lastra di vetro sulle traverse delle costruzioni portanti in ferro, inizialmente applicata solo per le serre, risale alla seconda decade dell'Ottocento.
Asfalto e pece, utilizzati già a Babilonia per calafatare gli scafi delle navi, e impiegati anche nell'edillizia, sono riscoperti nell'Ottocento. I primi tetti in cui veniva impiegato cartone catramato sono rintracciabili sulla costa baltica già nel 1830: erano formati da carta da imballaggio a più strati, incollati con pece e catrame e infine cosparsi di sabbia e ghiaia. In breve tempo sono stati sostituiti dai cartoni bituminati. Queste coperture permettevano moderate inclinazioni e si adattavano alle tecniche di connessione facilmente realizzabili. Il loro peso e prezzo conveniente ne favoriscono la diffusione. Alle fine, queste coperture in catrame e bitume creeranno i presupposti per la realizzazione dei tetti piani che diventeranno presto di fondamentale importanza per architettura moderna.

Tetto inclinato versus tetto a falde nel Novecento
Per circa quattromila anni nell'Europa centrale e settentrionale si sono costruite case con tetti inclinati; era possibile trovare tetti piani tutt'al più negli edifici militari e soltanto nell'Europa meridionale venivano costruiti tetti per la raccolta dell'acqua. All'inizio del secolo scorso compaiono a Parigi le prime rappresentazioni visionarie di un'architettura che concepiva le proprie costruzioni con un tetto piano, costruzioni che in effetti dopo un periodo breve, sono state realizzate e sono legate indissolubilmente al cosiddetto Movimento Moderno. Un movimento nella storia della costruzione che ha creato una spaccatura nello schieramento dei progettisti suscitando discussioni fondamentali sulla storia del tetto: piano o inclinato? Tuttavia la questione si era già posta a partire dal periodo rinascimentale. Le rovine dell'antichità non avevano tetto. Il legno dei tetti, infatti, non poteva conservarsi nel tempo. Sicuramente comunque esiste una memoria di queste costruzioni nel canone delle forme rinascimentali italiane ispirate dall'antico. Da allora le costruzioni "all'antica" sono immaginate con una copertura meno pendente. I tetti inclinati, spesso con rivestimento metallico, si celano quali elementi strutturali separati, dietro attici e frontoni. Sebbene gli stessi frontoni rappresentassero in passato un rinforzo architettonico del tetto a due falde, se ne sono poi svincolati divenendo elementi architettonici indipendenti. La loro riduzione a edicola dimostra come i frontoni si sono allontanati dalla loro funzione primitiva di proiezione in facciata della sezione del tetto. In seguito il classicismo nella sua forma più pura ha assunto il linguaggio delle forme del rinascimento italiano. Soltanto il breve episodio dello stile neogotico, nella prima metà dell'Ottocento, ha riproposto nuovamente il tetto inclinato con il motivo a cuspide tipico delle città medievali. La polemica tra classicisti e neogotici anticipa già qualche elemento di contrasto tra il tetto piano e il tetto inclinato nel Movimento Moderno. Infatti negli anni 1905-14 l'avanguardia artistica raggiunge uno sviluppo decisivo, segnando la fine della rappresentazione naturalistica. Quasi contemporaneamente Theo van Doesburg e Piet Mondrian con Pietre Oud nel movimento del neoplasticismo dichiarano che occorre trovare un metodo che consenta di "costruire un nuovo mondo di forme coerenti e organiche". Le costruzioni vengono ridotte a puri cubi: dimostrano che il tetto piano diventa una parte irrinunciabile della nuova costruzione, idea confermata anche da Le Corbusier nei suoi Cinque punti per una nuova architettura e da Mies van der Rohe.

Postmoderno
I primi anni del dopoguerra sono dedicati in Germania prevalentemente a soddisfare le prime necessità. Con la guerra una gran parte delle città era stata distrutta. Per la ricostruzione si utilizzano semplici tetti inclinati e resta poco spazio alle discussioni sull'architettura. Dibattito che si ripresenta con il Postmodernismo. Decisivo per il distacco dal tetto piano, oltre alle circostanze descritte, è stato l'allontanamento anche dall'insegnamento di Mies van der Rohe. Con il suo libro Complessità e contraddizione nell'architettura, nel 1966 Robert Venturi gettà il guanto di sfida. Al "less is more" di Mies contrappone "less is a bore". Presto si sviluppa un concetto costruttivo che mette nuovamente in primo piano la forma. Charles Jencks lo chiamerà Postmoderno. Non molto tempo prima Charles Moore e i suoi amici avevano costruito il Sea Ranch sulla costa californiana del Pacifico. La rappresentazione di un'architettura che si fondeva così totalmente con la natura, che si serviva in modo tanto naturale dei materiali dell'ambiente circostante e si sottometteva ad esso, ha un enorme influsso sull'architettura stessa. La cosiddetta "vernacular architecture", l'edilizia legata all'ambiente, esigeva chiaramente il tetto inclinato; il postmodernismo lo accetta nella stessa ottica.

Pluralismo contemporaneo
Lo scenario dell'architettura oggi si presenta decisamente multiforme. Il pluralismo che caratterizza la società, è entrato nell'edilizia. Accanto alle discussioni sul postmodernismo nascevano le correnti dell'high tech e del decostruttivismo. Con una così vasta scelta, il tetto piano ha perso il suo facsino per gli architetti tradizionali e il tetto inclinato il suo valore ideologico per l'architetto "moderno". Gli incontestabili vantaggi dei tetti inclinati: ottima dislocazione delle condutture dell'acqua, facilità di riparazione e lunga durata - solo per elencarne alcuni - sono giunti sino ad oggi immutati attraverso la storia. La controversia ideologica su tetto piano e tetto inclinato, come simbolo d'opinione, come simbolo tardivo alla storia, è terminata oggi, ottant'anni dopo la sua nascita.

Tratto da "Il manto di copertura", supplemento di AREA n. 65, Federico Motta Editore

Le Corbusier, Ville Savoye, Poissy, 1928-31

Le Corbusier, Ville Savoye, Poissy, 1928-31

Philip Johnson, AT&T Building, New York, 1979

Philip Johnson, AT&T Building, New York, 1979

James Stirling e Michael Wilford, Neue Staatgalerie, Stoccarda, 1977-84

James Stirling e Michael Wilford, Neue Staatgalerie, Stoccarda, 1977-84

Dominique Perrault, Fondation Pinault, Parigi

Dominique Perrault, Fondation Pinault, Parigi

Fumihiko Maki, Fujisawa Gymnasium, 1984-86

Fumihiko Maki, Fujisawa Gymnasium, 1984-86

Alvar Aalto, Università di Helsinki, Espoo, 1949-66

Alvar Aalto, Università di Helsinki, Espoo, 1949-66

Jorn Utzon, Opera House, Sydney, 1957-73

Jorn Utzon, Opera House, Sydney, 1957-73

Shuhei Endo, parco di Hyogo

Shuhei Endo, parco di Hyogo

Santiago Calatrava, Museo de las Ciencias, Valencia

Santiago Calatrava, Museo de las Ciencias, Valencia