approfondimento – Le funzioni delle coperture trattate a verde sono note e la loro efficacia è definibile quantomeno in termini qualitativi.

Le coperture trattate a verde trovano la loro ragion d'essere quando la singola superficie viene considerata come parte di un sistema verde che si estende alla meso-scala o scala urbana, oppure rispetto al singolo edificio.

Considerando la copertura come insieme di superfici in un aggregato urbano, la prima funzione, e origine della diffusione di questo sistema costruttivo, è la regimazione del deflusso delle acque meteoriche al suolo. La superficie verde funziona come una spugna in quota (il comportamento varia in relazione allo spessore dello strato colturale) capace di ridurre il carico idrico al suolo e, di conseguenza, di consentire un miglior processo di smaltimento dell'acqua.

La copertura verde compensa la sottrazione di superfici permeabili al suolo in favore di superfici impermeabili (strade, piazze, parcheggi, edifici) che generano un'alterazione del profilo dello smaltimento idrico. Una ulteriore positività è la diminuzione dei volumi delle vasche di prima pioggia (bacini di accumulo interrati con capacità pari ai primi 5 mm di pioggia caduta sulla superficie scolante di pertinenza caratterizzata da elevata concentrazione di sostanze inquinanti che richiedono particolari procedure di smaltimento).

La seconda funzione di queste coperture è la mitigazione del fenomeno “isola di calore”. Le superfici verdi (quando in contrapposizione a superfici caratterizzate da elevata capacità termica e/o elevata assorbenza ed emissività termica) possono indurre, grazie all'evaporazione dell'acqua presente nello strato di coltura e ai processi evapotraspirativi della vegetazione, a una riduzione della temperatura dell'aria e incidere sul parametro umidità relativa e sul vettore vento. Molte sono le ricerche che indagano l'efficacia di questi sistemi sul profilo climatico nelle città a elevata densità. Tra i lavori fondativi in questo settore si possono ricordare quelli svolti da T. Oke e S. Grimmond nella messa a punto di modelli previsionali e quelli di H. Akbari relativi alla caratterizzazione delle proprietà radiative delle superfici nello specifico di copertura. Molte sono anche le esperienze “sul campo” (politiche e strategie con finalità di mitigazione dell'isola di calore), come quelle proposte dalle municipalità di Tokio, che ha imposto, a partire dal 2001, l'inverdimento di almeno il 20% delle coperture piane esistenti o di Chicago.

L'ultima funzione (non per importanza) delle superfici verdi a grande estensione (insieme aggregato di tetti verdi) è il filtraggio di una quota parte delle polveri inquinanti e del particolato sottile. Alcune specie vegetali, infatti, riescono a trattenere e intrappolare alcune sostanze nocive che vengono assorbite successivamente attraverso il processo di fotosintesi.

Alla scala del singolo edificio, l'adozione di un sistema di copertura a verde trova la sua ragione, in prima istanza, nella riduzione dell'impatto ambientale di questo (misurabile in riduzione del fabbisogno energetico e, di conseguenza, delle emissioni di CO2). L'alta efficienza energetica degli edifici passa anche attraverso l'aumento della capacità inerziale della copertura unita alle proprietà dello strato colturale e della vegetazione che proteggono la chiusura orizzontale superiore dai carichi energetici e dalle variazioni di temperatura esterna.

Lo strato colturale e il manto vegetativo svolgono anche un'importante funzione tecnologica: proteggere l'elemento di tenuta all'acqua dagli agenti chimici e radiativi e dagli eventi meteorologici "eccezionali" che possono alterare le sue proprietà fisiche e meccaniche, permettendo quindi la riduzione dei costi per l'eventuale manutenzione e/o sostituzione del manto in caso di infiltrazioni.

Infine, l'aumento della massa della chiusura dovuta alla presenza di uno strato aggiuntivo, quello colturale, permette l'incremento del potere fonoisolante del sistema copertura.

Le funzioni elencate esplicitano quali sono i vantaggi nell'adozione di una coperture a verde. Ma l'aspetto interessante
è che queste soluzioni tecniche, vincolate per lungo tempo a una morfologia di copertura piana, permettono di esplorare anche scenari più complessi. La copertura non è più nascosta dietro al coronamento superiore dell'organismo costruito, ma diventa parte integrante dell'architettura, partecipando alla ridefinizione dello skyline urbano. Il sistema si evolve: da semplice giardino pensile (elemento ultimo e fruibile per depotenziare l'impatto al suolo dei parcheggi interrati) o tetto verde, si trasforma in un sistema tecnologico evoluto plasmabile su forme geometriche insolite che prevedono l'adozione di un sistema progettato ad hoc. Gli esempi più significativi e meglio riusciti sono la nuova sede della California Academy of Sciences a San Francisco  progettata da RPBW, così come dello stesso architetto è anche il Vulcano Buono (centro commerciale realizzato a Nola), la Nanyang Technological University di Singapore, il nuovo Centro congressi di Vancouver progettato da Musson Cattell Mackey Partnership, il nuovo edificio residenziale ad Amsterdam di NL Architects, la riqualificazione della High Line a New York progettata da Diller Scofidio + Renfro, la Biblioteca Zona Nord a Barcellona di Rafael Perera e l'EXPO di Xian di Plasma Studio.

Il sistema copertura con forma complessa presenta numerose criticità relative, in primo luogo al controllo del dettaglio costruttivo nei punti di raccordo tra questo sistema e gli elementi verticali. Le forme di copertura complesse trattate a verde portano ulteriori criticità tecnologiche che implicano un'attenzione progettuale, soprattutto in fase di costruzione. Le principali criticità e attenzioni progettuali sono riconducibili a:
- la morfologia complessa a doppia curvatura o a piani variamente inclinati (controllo del dettaglio relativo al trattenimento dello strato colturale - variabile in funzione dello spessore e della dimensione e tipologia di essenza - e al drenaggio dell'acqua in eccesso);
- le discontinuità in copertura dovute alla presenza di elementi emergenti o a "filo" quali lucernari o pozzetti di ispezione (controllo del dettaglio costruttivo con particolare attenzione al risvolto e alle modalità di fissaggio dell'elemento di tenuta);
- il raccordo tra copertura e parete perimetrale verticale (controllo del dettaglio costruttivo e della sequenza di posa).

Ma la copertura trattata a verde non è solo questione di risoluzione e controllo del dettaglio costruttivo. L'adozione di una copertura "naturale" implica una revisione concettuale del modello di funzionamento degli edifici. In altre parole, se l'architettura si riappropria della copertura come spazio fruibile o come elemento per la revisione dello skyline urbano, allora dove collocare i sistemi impiantistici oggi in parte posizionati (e nascosti nei casi più fortunati) in copertura? La risposta è scontata? Non proprio!