La nostra architettura si interroga su come sia possibile migliorare il luogo esistente”. Queste semplici parole di Carme Pigem racchiudono il principio ispiratore di tutta la pratica progettuale di RCR Arquitectes, vincitori del Premio Pritzker 2017; la loro opera riecheggia sempre l’importante influenza del paesaggio catalano, con i suoi colori, le sue forme e i suoi contrasti in una visione che pone sullo stesso piano l’uomo e la natura in un rapporto di “equilibrio energetico reciproco”. Esterno e interno si confondono, presente e passato si uniscono in un’opera che appartiene al Luogo e non in “un’architettura esportabile”. Rafael Aranda, Carme Pigem e Ramón Vilalta iniziano la loro avventura professionale nella cittadina di Olot nel 1998 a seguito di un viaggio in Giappone, lavorando sempre insieme, intorno a un unico tavolo, partecipando uno delle decisioni degli altri due, “sei mani e una sola voce a creare una creatività partecipata, un’energia creativa che permette a un gruppo non necessariamente formato da persone straordinarie di arrivare a risultati straordinari”. Amano cimentarsi su temi sempre diversi per scoprire nuovi cammini, scoprendo uno spazio un po’ alla volta, vivendolo e sentendolo nella comunione di uomo e natura. Secondo RCR, il programma richiesto da un concorso o da un committente ha sempre due aspetti fondamentali: il primo “numerico”, funzioni, requisiti, prestazioni, dimensioni; il secondo “onirico”, cosa si aspetta il cliente da quel luogo, cosa vogliono creare loro proprio in quel luogo. E qui entra in campo l’ascolto, l’empatia, il desiderio di tornare alle origini e scoprire, dare una forma, enfatizzare la vera natura di un luogo. I due aspetti devono necessariamente lavorare insieme perché il luogo acquisti un valore superiore una volta terminata l’opera. Il Crematorio di Hofheide rispecchia in modo particolare questa filosofia progettuale, così come le Cantine Bell-lloc a Palamos (Arketipo 25/2008), l’ampliamento del ristorante Les Cols a Olòt (Arketipo 78/2013) o l’asilo El petit comte a Besalù (Arketipo 85/2014), solo per citarne alcuni, tutti nell’amato territorio della Girona, tutti formalmente ed emozionalmente molto diversi ma egualmente parti di un luogo e archetipi di una funzione. RCR affrontano un tema abbastanza “anomalo” fino a qualche anno fa in ambito progettuale con la consueta “genuinità” e il solito entusiasmo. “È il tema di un incontro molto speciale” ci raccontano i progettisti “tanto speciale che il progetto è nato dalla creazione di un deambulatorio, un luogo dove passeggiare e incontrarsi, un luogo protetto e ombreggiato, strettamente vincolato alla natura”.

La recente spinta a indire concorsi per la realizzazione di crematori è la risposta belga a una sempre maggiore richiesta da parte della popolazione (le richieste
di cremazione tra il 1990 e il 2010 sono più che raddoppiate) di luoghi in cui gestire uno dei momenti più delicati della vita, che, pur partendo dalle sfere più private dell’esistenza, ha influenze dirette sulle politiche municipali relative alla gestione del territorio. Anche il crematorio Hofheide è frutto di un concorso di progettazione bandito nel 2006 da IGS Hofheide, società pubblico-privata compartecipata da 29 comuni del distretto di Lovanio, per la realizzazione di una struttura di circa 3.800 m2 dalla pronunciata orizzontalità. Adagiato in un avvallamento naturale del terreno e circondato da uno specchio d’acqua, che ha anche funzione di raccoglitore acque grigie opportunamente trattate, l’edificio dalla forma allungata si fonda su un percorso esterno, protetto e ombreggiato, da cui si può accedere alle diverse sale e all’area esterna, momento terminale del percorso di commiato che richiede un luogo per le sepolture (in due cimiteri immersi in un parco) o la dispersione delle ceneri. Il crematorio si articola in un piano interrato, suddiviso in due aree distinte con due accessi carrai differenti che ospita le funzioni più tecniche (le aree per la cremazione, con i forni e gli spazi per l’esposizione dei feretri), e un piano terreno, dove trovano posto le aree pubbliche, reception, uffici, sale per il commiato e per la veglia, oltre che a una caffetteria. Due le sale più ampie (250 e 75 posti) e due sale più piccole (30 posti), tutte finite in calcestruzzo a vista colorato per richiamare i toni caldi della pietra del luogo e illuminate dall’alto, tutte non soggette ad alcun culto specifico: all’interno di ognuna possono tenersi cerimonie di qualsiasi religione, riti o feste, secondo le usanze di ciascuno. All’esterno un camminamento percorre tutta la lunghezza dell’edificio e lo collega con il parco; un luogo appartato e protetto dalle lastre di acciaio corten dell’involucro esterno, che segue pendenze differenti per inserirsi nell’ambiente circostante ricordando un percorso naturale. Un luogo spesso saturo di nebbia che avvolge l’edificio e i suoi ospiti in un abbraccio silenzioso. L’obiettivo dei progettisti trascende la mera funzionalità del programma, appartiene di più al cosiddetto genius loci: creare un’opera in cui “sentire che qualcosa di magico sta succedendo” (Carme Pigem).

MATERIALI: I COLORI DELLA TERRA
Particolare cura è anche dedicata alla scelta dei materiali, delle finiture e delle lavorazioni per avvicinare il crematorio alla natura e al paesaggio della zona dandogli al contempo un’identità precisa. Acciaio corten e calcestruzzo sono i protagonisti che connotano il progetto. Calcestruzzo colorato in toni caldi e lasciato a vista e acciao corten, in lame per l’involucro esterno, in pannelli per i setti di separazione fra il luoghi dell’attesa e le sale per i riti e in lamiera lavorata per i banchi e le sedute d’arredo. All’esterno è l’acciaio corten il materiale dominante, con il suo rosso brunito che richiama i colori della terra locale, ricca di ferro: lamelle dalla larghezza variabile e parzialmente ritorte proteggono la parte sommitale delle facciate e la porzione superiore del camminamento esterno. Agganciate direttamente alla struttura di calcestruzzo armato o distaccate da essa grazie a una leggera struttura di acciaio, emanano effetti cangianti secondo la luce esterna e il riverbero dell’acqua, oltre a proteggere il deambulatorio dagli agenti atmosferici rendendolo un luogo tranquillo, quasi meditativo. All’interno del deambulatorio e dell’edificio vero e proprio, calcestruzzo colorato in toni chiari e caldi lasciato a vista domina le pareti e i pavimenti enfatizzando l’illuminazione zenitale, radente i muri o proveniente da lucernari posti al di sopra dei banchi nelle sale.

Scheda progetto
Progettista: RCR Arquitectes with Coussée & Goris Architecten
Committente: IGS Hofheide
Design and construction period: 2007 - 2013
Gross surface: 3.859 m2
Localizzazione: Holsbeek, Belgium
Gruppo di progetto RCR: M. Cottone, L. Bjerregaard, D. Delarue, K. Fujii, A. Heck, C. Wittenbech
Gruppo di progetto C&V: F. De Bruyn, E. Verstraete, G. Ollivier, D. Vens, H. Vojtová, M. De Waele, K. Van Nieuwenhuyze, L. De Grote, E. Geens
Ingegneria: studieburo Mouton, V.K. Engineering, Raum & Akustik ohg
Progetto del paesaggio: Omgeving
Progetto acustica: Architektur&Akustik
Concorso: 2006
Photos: Hisao Suzuki

Arketipo 118, Acqua, marzo 2020