Utilizzando la chiave di ricerca “Houses in Chile” in Archdaily compare, pubblicata dal 2008 a oggi, una selezione di 367 case, prevalentemente unifamiliari, realizzate dopo il 2004. Anche se Archdaily è stato fondato da David Basulto nel 2008 a partire dal sito cileno Plataforma Arquitectura, la ragione di un numero così cospicuo di abitazioni private di notevole qualità non è casuale, perché, come afferma Federica Zatta nel saggio “L’ascesa internazionale dell’architettura cilena” (www.artwort.com), il tema principale affrontato dagli architetti cileni negli ultimi trent’anni è stato la casa singola o la seconda casa, per lo più in aree non urbane e caratterizzate da una potente componente paesaggistica. Guardando ai 367 esempi citati, ci si accorge che «non sono [...] riconducibili a un’unica fonte i molteplici rivoli dell’architettura cilena, anzi, sono dif cili da inscrivere, perimetrare e catalogare», perché, continua Carlo Prati, la cultura architettonica cilena è «priva di un approccio unilaterale, dove non è possibile riconoscere la presenza linguistica di un maestro ma piuttosto una eterogeneità di atteggiamenti e declinazioni. Una ricerca resa agile dall’assenza del potere condizionante della storia e della tradizione.[...] Il Cile è dunque paradigma della sperimentazione, della scoperta e dell’esplorazione» (“Architettura cilena contemporanea”, in «L’Industria delle costruzioni»,n. 424, marzo-aprile 2012, p. 4). Detto della grande varietà di sperimentazioni, approcci e risultati, si possono tuttavia trovare alcune caratteristiche comuni - riconosciute da Diego Baraona in un’intervista rilasciata a chi scrive - nel paesaggio onnipresente e nell’uso schietto, sincero, “brutalista”, dei materiali da costruzione.

«Il Cile - afferma Baraona - è paesaggio, esso è parte integrante di noi e dell’architettura; volenti o nolenti, dobbiamo dialogare con il paesaggio». Il luogo dove sorgono la casa dell’allevatore (che in realtà è un’abitazione occasionale, sui generis, utilizzata dal proprietario solo quando va a visitare e cavalcare gli animali) e la stalla per i cavalli si trova a Nilahue, nella Regione del Libertador Bernardo O’higgins, in una piccola porzione di terreno dove la Cordigliera della Costa si esaurisce cedendo il passo a un paesaggio collinare che si distende a perdita d’occhio. Baraona afferma «di non aver voluto fondere il suo progetto con il paesaggio circostante», ma di aver cercato di «stabilire con esso un dialogo» in modo tale che chi abita l’architettura sia in grado, attraverso di essa e per contrasto, di riconoscerlo e apprezzarlo. Il gesto fondativo in questo terreno vergine è rappresentato da due segni curvilinei, il cui tracciato ricalca sostanzialmente le curve di livello del sito, realizzati in cemento armato a formare, da una parte, un basso terrapieno su cui si appoggia la casa padronale e, dall’altra, un muro controterra a doppia curvatura lungo il quale si affiancano le stalle dei cavalli. Le stalle sono organizzate in due blocchi di sette box ciascuno affacciate su uno spazio aperto, ma delimitato verso l’aia da una rete riciclata utilizzata per l’allevamento del salmone, destinato alla cura degli animali. La scelta di contrapporre una di fronte all’altra la casa e le stalle nasce dalla volontà del committente di realizzare un complesso concepito sull’interazione fra allevatore e cavalli e basato sulla possibilità di stabilire con essi un rapporto visivo costante. A proposito di atti fondativi, nel progetto sono presenti i quattro elementi della costruzione primordiale individuati da Gottfried Semper ne I quattro elementi dell’architettura (1852), ossia: 1. il basamento, 2. il focolare, 3. l’intelaiatura e 4. il leggero involucro di chiusura.

Nella casa dell’allevatore il basamento è rappresentato da un’esile soletta di cemento armato che fa da “stilobate”. Il focolare, ossia la “rappresentazione simbolica” del tema, è rappresentato dall’intreccio fra la vita dell’allevatore e di quella dei suoi cavalli; la parte padronale è divisa in due, e “invasa”, dall’area di preparazione dei cavalli e dalla “stanza” delle selle, un abbeveratoio inoltre si innesta nel suo corpo di fabbrica. L’intelaiatura dei due edifici è composta da montanti in acciaio che sostengono una copertura realizzata con una combinazione di travi di acciaio e legno. L’involucro di chiusura, il quarto elemento semperiano, è stato realizzato con dei rami di vimini. È questa schermatura a dare carattere all’intervento. Come spiega Baraona, la scelta è ricaduta su questo materiale per diverse ragioni. La prima è legata all’idea di orchestrare un contesto percettivo scenografico grazie «ai ramoscelli di vimini che creano fratture di luce capaci di generare questo tipo di atmosfera. Inoltre, la scala dei rami di vimini e i loro colori naturali consentivano di ottenere quella certa qualità dello spazio di cui ero alla ricerca».
Legata alla permeabilità alla luce è la trasparenza della tessitura del rivestimento in vimini, che consente all’allevatore di mantenere, come da richiesta, un rapporto visivo costante con i cavalli. La seconda ragione della scelta del vimini è di tipo opportunistico: Baraona definisce il vimini la «scelta perfetta», perché è «un materiale con il quale gli artigiani locali hanno grande familiarità, essendo spesso usato negli oggetti di arredamento e nell’artigianato locale, sebbene non nelle costruzioni», e proprio in questo utilizzo insolito sta la terza ragione del suo impiego. Diego Baraona, parlando del proprio approccio alla progettazione, riconosce che, in una disciplina dove tutto è già in qualche modo stato realizzato o ideato, per lui è importante «ripensare e risignificare», da qui la scelta di impiegare un materiale totalmente estraniato dal suo utilizzo comune e tradizionalmente riconosciuto. Aggiunge infine l’architetto che, essendo il vimini un materiale locale, univa in sé i vantaggi della facile reperibilità, del basso costo e del know how artigianale autoctono.

DELL’ARCHITETTURA TETTONICA E DEL RIVESTIMENTO
Kenneth Frampton in Tettonica e architettura (Skira, Milano, 1999, p. 23) scrive che Gottfried Semper aveva «classificato l’arte del costruire secondo due procedimenti fondamentali: la tettonica dell’intelaiatura, in cui componenti leggere e lineari sono assemblate in modo da racchiudere una matrice spaziale, e la stereotomia del basamento, dove la massa e il volume sono congiuntamente formati attraverso molteplici e ripetuti elementi pesanti». Per costruzione tettonica s’intende quindi una struttura discontinua, o “a telaio”, composta da elementi sottili assemblati in modo da formare una struttura a scheletro dove è possibile individuare e isolare le componenti costruttive e il loro ruolo rispetto alla trasmissione degli sforzi e dei carichi. L’architettura tettonica è quella che si posa sulla terra come in punta di piedi. È, inoltre, l’architettura dell’involucro, perché, visto che la struttura a telaio portante contiene molti vuoti, per definire uno spazio architettonico è necessario chiudere questi buchi o ‘rivestire’ il telaio con un involucro cui spetta il compito, con suoi i materiali, colori, tessiture, di denunciare il carattere dell’edificio. Nella casa per un allevatore la tettonica dell’intelaiatura è composta da montanti in acciaio, realizzati con quattro profili di acciaio sagomati a “L” di 50x50 mm combinati insieme a distanziatori di legno di pino dello spessore di 25x100 mm, che sostengono una copertura di elementi di acciaio e travi di legno di 50x100 mm combinati con un’orditura secondaria di correnti in legno 50x50 mm a cui viene fissato il tavolato di legno di pino non trattato. L’involucro di chiusura dell’intelaiatura, quello che imprime il carattere al progetto, è stato realizzato con rami di vimini tenuti insieme da 5 profili a doppia “U” di acciaio saldati a dei montanti di acciaio di sezione quadrata (50x50x3 mm) a intervalli regolari in altezza. Il vimini è stato scelto perché, oltre a essere un materiale locale facilmente reperibile, non richiede cure e trattamenti particolari, è facilmente sostituibile, inoltre, essendo utilizzato dagli artigiani locali per oggetti di arredamento, è facile trovare in loco manodopera specializzata capace di lavorarlo.

Scheda progetto
Progettisti: DBAA - Diego Baraona Arquitectos y Asociados
Località: Nilahue, Región del libertador Bernardo O ́higgins, Chile
Committente: Criadero El Carmen De Nilahue
Costo: 420.000 $
Superficie: 905 mq
Periodo di costruzione:2017
Destinazione d'uso: house for a breeder and stables
Responsabili di progetto: Diego Baraona, Josefina Castillo
Ingegneri strutturali: Michael Patsen, Daniel Jacoby
Ingegneria civile: Daniel Jacoby
Illuminazione: DBAA
Construction Manager: Salasy Paredes LTDA
Appaltatore principale: Salas y Paredes LTDA
Photos: Erieta Attali

Arketipo 128, aprile 2019, Aria