Degrado causato dall'acqua

Autore testo: Giuseppina Clausi

L'acqua, nelle sue diverse forme, è sicuramente il maggior agente di degrado ai danni dell'intonaco.
Possiamo distinguere in tre principali forme attraverso cui l'acqua può risultare dannosa per la superficie intonacata: l'umidità, il gelo e la pioggia battente.
L'umidità è sicuramente il fattore preponderante e a sua volta va distinta in umidità propria della muratura, umidità proveniente dall'atmosfera, umidità di risalita.
L'umidità presente all'interno delle murature può derivare dalla non osservanza dei tempi previsti per l'asciugatura o da guasti delle tubature o cause simili, ad essa spesso si aggiunge l'umidità proveniente dal terreno per risalita capillare o per elettrocinesi.
Quest'umidità tende a migrare dall'interno verso l'esterno evaporarazione, e con questo meccanismo è in grado di veicolare i sali presenti all'interno delle murature stesse.
L'acqua con i sali in soluzione impregna l'intonaco e, al momento dell'evaporazione, dà luogo al fenomeno delle efflorescenze.
Se l'evaporazione avviene in tempi abbastanza rapidi la cristallizzazione dei sali si verifica all'interno dei pori del manufatto, e in questo caso si parla di subflorescenze, mentre il termine efflorescenze resterà ad indicare il deposito dei sali sulla superficie.
Entrambe queste formazioni risultano dannose per l'intonaco perché la cristallizzazione implica la formazione di una crosta con relativa occlusione dei pori, cosicché, con l'avvento di nuova acqua portatrice di sali, questa, non trovando il passaggio, andrà a depositarsi lungo i margini della precedente formazione, non senza provocare un'azione meccanica sull'intonaco che, alla lunga, porta a problemi di distacco o di disgregazione.
Visivamente la presenza di efflorescenze sarà denotata dalla presenza di formazioni cristalline in genere di colore bianco, ma anche giallo-bruno, giallo-verde, bruno-rossastro o rosa.
L'umidità presente nell'atmosfera, sotto forma di condensazione o di goccioline sospese, ha la capacità di veicolare una serie di sostanze che inducono processi chimico-fisici di degrado.
Le sostanze, una volta disciolte nell'acqua atmosferica, reagiscono con quelle che compongono l'intonaco provocando uno stravolgimento della natura del materiale.
La sostanza più comune è sicuramente l'anidride carbonica che dà luogo alla formazione di bicarbonato di calcio, il quale a sua volta è solubile in acqua e può quindi essere soggetto a dilavamento, provocando un depauperamento del materiale.
In particolare quando la circolazione dell'umidità attraverso l'intonaco si verifica ciclicamente a doppio senso, ossia dall'esterno all'interno e viceversa, il fenomeno diventa chiaramente visibile perché sulla superficie si forma un velo di colore biancastro comunemente detto calcino.
Ben più nocivo dell'anidride carbonica è l'acido solforico, che si forma a causa dello zolfo presente nell'aria soprattutto a causa delle esalazione dei riscaldamenti domestici, e quindi facilmente presente negli agglomerati urbani.
I carbonati, di cui sono principalmente composti gli intonaci, risultano attaccabili dall'acido solforico, e i danni si presenteranno soprattutto sotto forma di un aumento della porosità e una diminuzione della coesione superficiale del materiale fino alla caduta di granuli.
In particolare l'acqua contenente anidride solforosa reagisce con l'intonaco provocando la formazione di gesso (gessificazione) che è notoriamente solubile in acqua.
Altrettanto aggressive sono le sostanze azotate, la cui concentrazione è notevolmente aumentata a causa degli scarichi degli autoveicoli e dell'incinerazione dei rifiuti urbani; per queste come per altre sostanze come cloruri, nitriti e nitrati, gli effetti saranno simili a quelli provocati dagli acidi.
Altre sostanze invece non modificano le caratteristiche dell'intonaco ma danno luogo alla formazione di fenomeni espansivi che determinano azioni meccaniche, le quali portano al distacco, preceduto da rigonfiamento, delle zone interessate.
Le sostanze presenti nell'acqua di condensazione, soprattutto solfato e carbonato di calcio, unite a polveri e fumi, si depositano sulla superficie dell'intonaco e, nei punti non soggetti a dilavamento, dopo l'evaporazione formano dei depositi sotto forma di croste superficiali generalmente di colore nerastro, soprattutto in ambienti inquinati.
Il materiale sottostante sarà soggetto ad un attacco corrosivo del tipo di quelli precedentemente descritti, con le relative conseguenze.
Quando il manufatto è esposto direttamente all'azione della pioggia battente, all'attacco corrosivo delle sostanze disciolte si somma l'azione meccanica dell'acqua che, da una parte, battendo anche violentemente sulla superficie intonacata, ne provoca l'usura, dall'altra, scorrendo per gravità, dà luogo al dilavamento.
L'acqua piovana e/o quella di condensazione, depositate nei pori dell'intonaco, possono gelare per un abbassamento di temperatura. In questo caso, com'è noto, subiranno un aumento di volume esercitando una pressione meccanica che porterà al rigonfiamento o alla disgregazione.

Fonte testo:
F. Micocci, G. Pulcini,Gli intonaci, Materiali, tipologie, tecniche di posatura e finitura, degrado e recupero, Roma, 1991.
R. Codello, Gli intonaci, Conoscenza e conservazione, Firenze, 1996.
C. Macchia, F. Ravetta,Intonaci, Requisiti, Progettazione, Applicazione, Rimini, 1997.
G. W. Palestra, Intonaco: una superficie di sacrificio, Milano, 1995.