Degrado tipico delle rocce e dei marmi

Autore testo: Giuliano Cosi

I calcari sono rocce sedimentarie formate essenzialmente da calcite CaCO3 e dolomite CaMg(CO3)2, entrambi solubili rispetto all'acqua.
Le alterazioni chimiche della grande varietà di materiali che rientrano in questa categoria, sono fortemente diversificate dalle differenti caratteristiche tessiturali e strutturali, ma è possibile tuttavia descrivere i processi tipo di base.
Sia la calcite che la dolomite sono solubili rispetto all'acqua, specie se in essa vi è la presenza di H2CO3 (acido carbonico). I cristalli di calcite hanno dimensioni comprese tra 0,02 e 0,1 mm e sono tenuti insieme da depositi cristallini  anch'essi calcarei con dimensioni che non superano 1-2 micron. Questo cemento intergranulare è particolarmente sensibile agli attacchi degli acidi come l'acido carbonico in ambiente rurale e l'acido carbonico, solforico H2SO4 e solforoso H2SO3 in ambiente urbano.
Il susseguirsi di cicli di umidificazione ed essiccamento porta alla ricristallizzazione di tali sostanze nella porosità superficiale della pietra, con caratteristiche differenti per forma, volume e dimensioni rispetto al materiale originale. Il deposito e la crescita di questi nuovi cristalli di calcite esercita una forte pressione sulla pietra che provocano microfessure e decoesioni dei grani con perdita macroscopica di materiale e aumento della porosità superficiale.
I marmi invece sono calcari metamorfosati dovuti principalmente alla ricristallizzazione per metamorfismo termico e più raramente per metamorfismo dinamico o regionale. Per questa ragione non hanno alcun deposito cristallino intergranulare (struttura cristalloblastica), e risultano quindi meno porosi e più resistenti all'acqua e agli inquinanti atmosferici. Restano comunque sensibili all'acqua dovuta alla solubilizzazione della calcite, che porta una decoesione intergranulare, manifestata dalla polverizzazione della superficie e da un aumento della porosità in profondità.
Alla solubilizzazione è anche legato il fenomeno della ricristallizzazione della calcite che dà luogo a disomogeneità strutturali.
Anche per il marmo, come in tutte le rocce carbonatiche, il CaCO3 contenuto è fortemente reattivo all'H2SO4; mentre la formazione di gesso, con il suo potere legante e la sua maggiore solubilità in acqua, dà luogo a incrostazioni e a patine.
 
Formazione di croste
Le croste nere sono composte da agglomerati solidi e da particelle semisolide, la cui natura dipende molto dall'ambiente in cui il manufatto si trova.
Lo spessore varia da 0,5 a 3 mm, e si formano principalmente in aree sono esposte all'inquinamento atmosferico ma protette da un intenso dilavamento delle acque piovane.
Le incrostazioni sono tenute insieme da una matrice gessosa (costituita principalmente di gesso sottoforma di cristalli aghiformi con crescita perpendicolare alla superficie d'alterazione), che ingloba particelle di varia natura, come particolato atmosferico, polline, ossalati, sostanze bituminose e carboniose (responsabili della colorazione grigio nerastra), frammenti di calcite di origine primaria derivanti dalla dissoluzione di CaCO3 e successiva riprecipitazione. La trasformazione della calcite in gesso e la formazione di nuovi cristalli creano forti tensioni provocando prima il decoesionamento della pietra sottostante la crosta nera, determinandone in seguito il distacco. 

Per approfondire
Arenarie
Graniti

Fonte testo e foto:
L. Lazzarini, M.L. Tabasso, Il restauro della pietra,  Padova 1986.
G.G. Amoroso, Il restauro della pietra nell'architettura monumentale, Palermo 1995.

Dettagli di componenti di patina nera

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Croste nere su rocce calcaree

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Degrado avanzato di una superfice levigata in marmo di Carrara

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Vari stadi del degrado su un marmo saccaroide dovuto alla presenza di SO2

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Incrostazioni nere su rocce calcaree

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Incrostazioni della facciata di Santa Maria del Fiore

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Efflorescenze di NaCI sulle lastre di marmo iassense

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