Testo di Stefano Bernuzzi

DESIGN ANONIMO
   Testo di Stefano Bernuzzi
In quasi ogni bar italiano si trova
un oggetto che nessuno ha mai preso in alcuna considerazione se non per la sua
funzione, la metallica zuccheriera che si trova su ogni bancone. Eppure due
designer come Naoto Fukasawa e Jasper Morrison affermano tranquillamente che
questo oggetto "rappresenta il più alto livello di sofisticatezza nel design"
portandolo addirittura in una mostra che, dopo le tappe di Tokyo e Londra, è
giunta a Milano durante la settimana del Salone. Non sfigurava quella
zuccheriera accanto a cestini per la frutta, graffette, penne, posaceneri e
bottiglie per il latte poiché l'esposizione, allestita alla Triennale, si
chiamava "Super Normal. Sensations of the ordinary" e illustrava come l'oggetto
quotidiano, comune in realtà non sia affatto tale ma rappresenti, in modo
paradossale, l'eccezionalità del design in tutta la sua forza.
Si calcola che
circa il 90% degli oggetti sul mercato sia "senza firma", un mondo dato ormai
per scontato e quasi ignorato ma che porta ad analizzare la vera essenza del
design: "super normal" dice Morrison "è la perfetta sintesi di ciò che il design
dovrebbe essere". Passare tra i tavoli dove sono esposti gli oltre 200 oggetti
selezionati dà la sensazione di trovarsi all'Ikea o da Muji, o meglio nella
propria casa, nel proprio ufficio, al bar preferito o al supermercato. Risulta
strano e dà un senso di autocompiacimento scoprire che la maggior parte degli
oggetti sono stati comprati, visti, acquistati e soprattutto usati da ognuno di
noi, come il banale secchio per l'acqua, un prodotto esclusivamente italiano,
mai esportato all'estero, che al costo di solo 1,50 euro mostra come "il design
può migliorare la vita di tutti".
Il tema del "normale" e del "senza firma" vive
curiosamente un periodo di forte riscoperta da parte dei critici e dei designer
stessi, come testimonia questa mostra e la recente pubblicazione del volume
"Design anonimo in Italia", curato da Alberto Bassi per Electa. Il libro e la
mostra affrontano, con leggerezza e semplicità, temi importanti e complessi - il
normale e l'anonimo - estremamente difficili da definire e inquadrare, ma che in
sé racchiudono lo spirito originario e fondante del design. Temi su cui si sono
interrogati già Le Corbusier e Giedion, Pagano e Gio Ponti, fino ai massimi
"esperti" di questo campo, Bruno Munari e i fratelli
Castiglioni.
Non è un caso che Le Corbusier scelga oggetti e
arredi anonimi per il suo Pavillion de l'Esprit Nouveau nel 1925 preferendoli al
design firmato, meno didattico e utile, o che Gio Ponti nel 1951, in pieno
dibattito sullo standard, disegni per Cassina la Superleggera, la sedia "senza
aggettivi" che diventa immediatamente la sedia per eccellenza. Nel 1972 Bruno
Munari formula la proposta del "Compasso d'oro a ignoti" per premiare tutti
"questi oggetti fuori moda che resistono sul mercato da tantissimo tempo.
Oggetti di cui non si sa nemmeno il nome del designer", come afferma il
promotore dell'iniziativa che concede il massimo riconoscimento italiano per il
design al pallone da calcio, al lucchetto per serrande e alla mezzaluna.
Un'attenzione culturale che Munari condivide con i Castiglioni, grandi
collezionisti di oggetti comuni e anonimi, e autori dell'interruttore
rompitratta Vlm del 1968, l'oggetto di cui loro stessi sono più orgogliosi:
prodotto in oltre 15 milioni di pezzi resta comunque un oggetto qualsiasi nei
negozi di materiale elettrico e nessuno ne conosce l'autore.
Proprio questo
interruttore è uno dei numerosi esempi scelti da Bassi per formulare
l'inventario del suo volume, suddiviso in tre sezioni. La prima, definita
"anonimo di tradizione", analizza oggetti per lo più risalenti ad un'epoca di
produzione pre-industriale, legati spesso al mondo povero e contadino, frutto di
una evoluzione progettuale lunga e collettiva che ha portato alla definizione di
oggetti come il Litro da vino, il cappello Borsalino o i sigari toscani.
All'esatto opposto si trova la sezione definita "anonimo d'autore" nella quale
rientrano prodotti, come il rompitratta dei Castiglioni, realizzati da designer
o artisti celebri ma autori di oggetti ormai entrati nell'uso quotidiano, quali
la bottiglietta del Campari Soda disegnata da Depero, i teleindicatori
alfanumerici di Gino Valle, l'Ape di Corradino D'Ascanio o il più recente
contatore elettronico dell'Enel progettato da De Lucchi. Nel mezzo si trova il
mare magnum di oggetti che sono passati, e continuano a passare, nelle nostre
mani, diventando spesso standard per un prodotto "che non c'era": la Moka
Bialetti, la brugola, la 24 ore, i cerini, il cono gelato. Spesso non è neppure
necessario specificare il tipo di prodotto, basta il nome proprio o quello
dell'azienda per identificarlo: il Ciao o il DAS, il tram 1500 che tutt'oggi
circola a Milano e la Lagostina, la scarpa Superga, i casalinghi della Kartell e
il telefono della STET, la Coppa del Nonno e i Moon Boot.
Senza rendercene
conto le nostre case e luoghi di lavoro sono diventati dei veri musei del
design, di cui il volume di Bassi o la pubblicazione che accompagna "Super
Normal" possono essere i cataloghi. Un museo in continua evoluzione, senza
tempo, eterno e futuro, dove si incrociano oggetti di diversa epoca e origine -
più o meno "firmata"- perché come afferma infine Morrison "il fenomeno del Super
Normal è posto fuori dal tempo e dallo spazio".

Alberto Bassi, <i>design anonimo in italia</i>, Electa, 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007
Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007 Super Normal, Triennale di Milano, 18-23 aprile 2007