europarlamento24 – Le indicazioni della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile per preparare l'Italia al recepimento della direttiva Epbd2. Gli edifici di nuova progettazione non sono un problema per i costruttori. Per mettere a norma l'esistente detrazioni e sgravi rimangono le linee da cui non indietreggiare.

La comunità italiana del building è pronta a costruire edifici a impatto quasi zero, così come richiesto dalle nuove normative europee, ma per raggiungere gli obiettivi in materia di efficienza energetica sarà necessario moltiplicare gli sforzi per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. È quanto emerso da un convegno organizzato dallo Iefe e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: la recente Direttiva 2010/31/Ce, meglio nota come Epbd2, impone a tutti gli Stati membri di realizzare soltanto nuovi edifici a impatto quasi zero, con il limite del 2018 per quelli pubblici e del 2020 per quelli privati.

La normativa prevede anche l'applicazione di requisiti minimi per gli edifici esistenti che richiedono importanti lavori di ristrutturazione ma anche per la costruzione degli elementi che fanno parte dell'involucro dell'edificio. Già entro il 2011 i Governi dovranno redigere dei piani per spiegare in che modo intendano raggiungere questi obiettivi. A differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, gli attori del settore non sono particolarmente preoccupati da questa scadenza, almeno per quanto riguarda le nuove costruzioni: "A differenza di pochi anni fa oggi gli alloggi nuovi sono costruiti soltanto in classe A o B", ha osservato Marco Corradi, responsabile del Gruppo di lavoro energia di Cecodhas. "Raggiungere l'obiettivo di emissioni quasi zero per gli stabili di nuova costruzione è possibile, molto più complicato lo è per gli edifici esistenti", ha però aggiunto Paolo Oliaro del Politecnico di Milano.

Considerato che il patrimonio edilizio nazionale, costruito in larga parte tra gli anni cinquanta e settanta, si rinnova soltanto dell'1% l'anno, è evidente a tutti che per raggiungere gli obiettivi in materia di efficienza energetica (8,8 Mtep di risparmi nel prossimo decennio secondo il piano di Confindustria) non si possa prescindere da un'efficace riqualificazione dell'esistente. In Italia questo compito è affidato alla famosa detrazione del 55% sull'efficienza energetica, recentemente confermata, ma il funzionamento di questo strumento non lascia del tutto soddisfatti gli operatori. Se si va infatti a vedere la tipologia di interventi finanziati con questo strumento si tratta in larga misura di interventi su infissi, impianti termici e solare termico. Briciole raccolgono invece le ristrutturazioni sulle strutture opache orizzontali e verticali degli edifici (ovvero i muri) che pure, seconda una stima Enea, hanno un potenziale di risparmio medio sino a dieci volte superiore rispetto agli infissi.

"Gli interventi sulle caldaie e sugli infissi sono ovviamente più semplici da realizzare ma sono meno efficaci - ha spiegato Paolo degli Espinosa, responsabile delle tecnologie per la Fondazione sviluppo sostenibile -. Riqualificare i muri, che rappresentano l'85% della superficie di un edificio, costa un po' di più ma rende in misura decisamente superiore. Per questo motivo gli interventi sulle caldaie e sugli infissi dovrebbero prendere incentivi più bassi rispetto a quelli sulle strutture opache".

Considerata l'urgenza del problema (in Italia ci sono oltre due miliardi di m2 di edifici che non hanno subito interventi negli ultimi 15 anni), la Fondazione sviluppo sostenibile ha presentato una proposta che parte dall'assunto che con una spesa di poco superiore alla media degli interventi sul 55% (circa 12.600 euro) i vecchi stabili potrebbero dotarsi di efficaci sistemi di isolamento termico. La chiave per effettuare queste riqualificazioni senza aumentare l'impegno economico per lo Stato risiede negli attuali sgravi del 36% per gli interventi di ristrutturazione e di manutenzione straordinaria di abitazioni ed edifici residenziali.

Secondo la Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, già oggi il 36% assicura importanti miglioramenti dell'efficienza energetica, che però andrebbero monitorati e sostenuti in maniera più sistematica. In questo modo si potrebbero avere ulteriori efficienze nell'edilizia per circa 0,2 Mtep l'anno, circa il 30% in più di quanto assicurato attualmente dagli sgravi del 55% (0,6 Mtep).

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