Frutto di un’operazione di riqualificazione del distretto culturale Dongdaemun-gu, il Dongdaemun Design Plaza (DDP) ridescrive il cuore più antico della capitale sudcoreana con organismi fluidi che connettono passato, presente e futuro. Il design, intitolato Metonymic Landscape, desume le sue forme da paesaggi, colori, forme e storia locali. I tratti futuristici dello studio Zaha Hadid Architects si fanno morbidi come l’acqua che scorre, si piegano con rispetto dinanzi ai ritrovamenti delle antiche mura di Seoul e della dinastia Joseon. E così fanno gli spazi contemporanei, rarefatti all’interno dell’area per fare posto ai reperti archeologici, enfatizzati da piazze di collegamento ricche di isole verdi, percorsi e scorci sulla città. I parchi Namsan e Naksan, il limitrofo distretto culturale di Daehangno e lo storico monumento di Dongdaemun sono introdotti nel processo creativo, così come le importanti connessioni commerciali già presenti al di fuori dell’area e i percorsi di accesso e interscambio con i quali l’edificio deve interfacciarsi.

Le curve sinuose creano giardini segreti che si animano la notte, quando l'illuminazione ridefinisce le sagome dei volumi, dei percorsi, degli alberi.

Sebbene diverso, futuristico, il nuovo centro polifunzionale si innesta nel tessuto urbano senza soluzione di continuità, come fosse sempre stato lì, con la volontà di dare nuova vita e unificare le singolarità preesistenti. La relazione tra interno ed esterno diventa la chiave dell’intervento, che propone prospettive dominanti e annulla la segregazione spaziale. L’aspetto organico del DDP si fa complice di un’architettura urbana, porosa, che moltiplica le connessioni multipiano facendo uso di passerelle, scale decostruite e doppie altezze.

Nei volumi principali, rivestiti di pannelli metallici, i grandi spazi open space sono divisi in cinque aree e distribuiti su otto livelli, quattro dei quali interrati, per un totale di quindici destinazioni d’uso che includono sale espositive e percorsi museali, sale per conferenze e seminari, laboratori di design, una mediateca, una biblioteca multipiano e spazi accessori quali bar, ristoranti e un mercato del design aperto tutto il giorno, tutti i giorni. Gli spazi interni sono minimali, confacenti al gusto sperimentato in precedenza dallo studio londinese. L’aspetto duplice delle facciate si ritrova all’interno, dove gli elementi strutturali di calcestruzzo dei piani inferiori fanno da contraltare a interni bianchi, puliti, quasi asettici in quelli superiori. La fluidità degli ambienti è gestita dalla luce, che descrive aree di sosta con luci puntuali e impianti di risalita con fasce luminose ininterrotte. Oltre agli elementi di acrilico e gesso con fibra di vetro rinforzata, gli spazi sono impreziositi da elementi di acciaio inox, pietra levigata e da un’inaspettata scala di legno nello spazio principale. Elementi di design collocati in punti strategici concludono gli ambienti, con punte di colore nero che si contrappongono al bianco dominante. I contorni che delimitano architettura e paesaggio sono negati dalle linee sinuose che caratterizzano l’intervento, connotate solo dalla loro diversa matericità. Se, da una parte, le essenze verdi sono intrinsecamente permeate da un linguaggio fluido, la discretizzazione del rivestimento di metallo macroforato e della pavimentazione a terra evidenziano la volontà di combinare architettura, città e paesaggio.

Alla solidità delle strutture di calcestruzzo è contrapposta, nelle parti alte, la consistenza mutevole della scocca metallica, che mescola proprietà materiche e luci a LED per descrivere la variabile natura dell’involucro. Durante il giorno, i volumi sono scolpiti dalla luce riflessa dai pannelli di metallo che crea effetti visivi dinamici, figli dell’intensità solare e delle condizioni metereologiche. Ugualmente, nelle ore notturne, il movimento di facciata è potenziato dalle luci che trapassano la scocca metallica, che si mimetizza tra i mille bagliori del centro cittadino. Il concetto di evoluzione della materia è sotteso da forme conturbanti che derivano dai dipinti della tradizione coreana rappresentanti i caratteri evolutivi della natura. Allo stesso modo, la piazza di 30.000 m2 reinterpreta i concetti spaziali del tipico giardino coreano: sovrapposizione, orizzontalità, dissolvenza. La selezione del verde recupera il concetto di “rifioritura” tipico del giardino naturale. Lo studio peculiare delle specie floreali e arbustive riveste le facciate volutamente hi-tech di toni cangianti e dal ritmo stagionale, con Astilbe, Echinacee e Achillee, tra le altre. A seguire, la costellazione di ritrovamenti archeologici completa la sistemazione esterna, con piazze ed elementi a cielo aperto che si raccolgono nella parte est del sito, nel Museo storico e nel memoriale di Dongdaemun. Nato per educare e ispirare le nuove generazioni, il DDP incoraggia la contaminazione, alimenta la comunità di cui fa parte e promuove le idee dei talenti attraverso un design accattivante e studiato nei minimi particolari. Il DDP è il primo edificio pubblico in Corea ad aver implementato l’utilizzo del BIM per la gestione della cantierizzazione e il coordinamento tra le lavorazioni, attivando un processo circolare capace di recepire le evoluzioni del design e integrarle ai requisiti costruttivi. La costruzione si fa dunque portavoce di un modo di fare architettura in espansione, dimostrando come l’uso di tecnologie avanzate possa portare a un maggior controllo della qualità rispetto ai processi convenzionali. Il centro polifunzionale sfrutta la conformazione del sito sul quale si imposta per ridurre il carico energetico necessario al suo condizionamento. Al piano interrato, il labirinto è usato in maniera passiva per pretrattare l’aria esterna in entrata, apportando una riduzione del fabbisogno di energia di circa il 20%. Inoltre, la progettazione ha previsto un’attenta valutazione delle performance di facciata, lo sfruttamento dell’inerzia termica e l’uso di impianti ad alta efficienza energetica. Pensato come una vetrina dal gusto internazionale per artisti e designer, il DDP è un investimento culturale che vuole diventare il nuovo epicentro del design e del fare creativo coreano. Un intervento che divide, che fa parlare di sé. ZHA ci hanno regalato, ancora una volta, un’architettura iconica, suggestiva e consapevole.

IL BIM COME STRUMENTO DI PROGETTAZIONE
Grazie all’uso di software parametrici e alla tecnologia BIM, ogni modifica o aggiornamento sono integrati istantaneamente nel processo architettonico. L’impostazione parametrica che ha sotteso la costruzione del DDP ha migliorato non solo l’efficienza del flusso di lavoro, ma anche la qualità delle scelte intraprese. Il team di progettazione ha, quindi, avuto un maggiore controllo sul disegno dei particolari, contribuendo al mantenimento dei caratteri architettonici originali per tutta la costruzione. Il risultato più esemplare di questo processo è il rivestimento metallico delle facciate: 45.133 pannelli di alluminio differenti per forma, colore e schema di perforazione, di cui circa 21.738 a doppia curvatura, 9.554 a singola curvatura e 13.841 piani. Secondo una stima preliminare, il costo di produzione di un singolo pannello a doppia curvatura si aggirava attorno ai 7.000 dollari americani, decisamente troppo per il bilancio globale della costruzione. A rendere le cose più complesse, si sono aggiunte tempistiche ristrette e complesse tolleranze di cantiere. Infatti, inizialmente il DDP doveva essere realizzato in un tempo da due a sette volte inferiore rispetto a costruzioni irregolari di pari dimensioni e con tolleranze massime di 1,6 mm per le curve di bordo tra pannelli a singola curvatura e piani e di 2 mm tra pannelli con doppia curvatura. Per sviluppare un processo che fosse economicamente sostenibile, senza però ridurne la qualità o alterarne l’effetto estetico, è stata utilizzata una macchina che consentisse di unire la curvatura del pannello in due direzioni e la perforazione. Inoltre, la macchina era in grado di gestire pannelli di dimensioni pari a 1.200x1.600 mm, così come richiesto dalle specifiche architettoniche. Attraverso la tecnologia BIM, senza la quale il DDP non avrebbe potuto essere realizzato così come lo vediamo oggi, i dati di fabbricazione estratti sono stati trasferiti direttamente al dispositivo meccanico. Con questo approccio tecnologico, il costo di un pannello a doppia curvatura si è ridotto a 260 dollari americani e il tempo di produzione di ogni pannello si è attestato attorno ai 15 minuti in media. Il nuovo metodo di fabbricazione usato per la scocca promette nuovi modi per investigare forme architettoniche complesse, risparmiando in termini di tempi e costi e mantenendo alta la qualità del manufatto.

UNA FACCIATA PARAMETRICA CHE DIALOGA CON LA CITTÀ
Nonostante il pensiero comune, a oggi non esiste una tecnologia per produrre pannelli di metallo con doppia curvatura richiesti da clienti individuali con i costi ridotti tipici della produzione di massa. Grazie alle sue caratteristiche forme irregolari e alle tecnologie necessarie alla sua realizzazione, il DDP si muove verso il futuro presentandosi rivestito da una scocca metallica all’avanguardia. Il rivestimento di facciata è fissato a una sottostruttura costituita da profili di alluminio con bullonature a scomparsa, saldati a montanti tubolari di acciaio di diametro 30 mm con piastre di dimensione 180x180x8 mm. Grazie a questa impostazione, gli elementi di supporto del rivestimento ripartiscono i carichi strutturali della facciata sugli elementi reticolari degli spazi interni. Inoltre, al fine di ridurre i ponti termici derivanti dalle connessioni passanti esterno/ interno, è stato previsto l’impiego di giunti a taglio termico bullonati. Dal processo di curvatura e foratura dei pannelli di metallo derivano lo schema geometrico e la dimensione degli elementi costituenti la scocca. Le diverse percentuali di foratura dei pannelli, che vanno dal 6 al 38%, variano in funzione della posizione del pannello, che si può trovare in corrispondenza di porzioni opache o trasparenti e può essere interposto a schermature mobili, sotto, e cellule fotovoltaiche, sopra. Infine, la scocca è stata pensata per essere retroilluminata con strisce a led poste agli angoli dei pannelli macroforati, disposte orizzontalmente e verticalmente e con angoli compresi fra i 10 e i 30°. Nulla è lasciato al caso. Il colore bianco freddo (4000 K), scelto come temperatura della luce, fa emergere l’architettura rispetto agli elementi che si articolano nell’area, illuminati da luci più calde che vanno da 3000 a 3200 K. L’edificio dialoga con il caos di luci fisse e in movimento tipiche della capitale sudcoreana ed evidenzia parti della scocca nei suoi momenti di passaggio da pannelli forati a totalmente opachi e in corrispondenza degli ingressi principali.

Scheda progetto
ZHA project arcitect: Eddie Can Chiu-Fai
Committente: Seoul Metropolitan Government
Periodo di costruzione: June 2007 - March 2014
Totale area costruita: 86,574 mq
Localizzazione: Seoul, Korea
Progetto architettonico: Zaha Hadid Architects - Zaha Hadid and Patrik Schumacher
Capo progetto: Eddie Can Chiu-Fai
Project Managers: Craig Kiner, Charles Walker
Gruppo di progettazione: Kaloyan Erevinov, Hooman Talebi, Matthew Wong, Martin Self, Carlos S. Martinez, Camiel Weijenberg, Florian Goscheff, Maaike Hawinkels, Aditya Chandra, Andy Chang, Arianna Russo, Ayat Fadaifard, Josias Hamid, Shuojiong Zhang, Natalie Koerner, Jae Yoon Lee, Federico Rossi, John Klein, Chikara Inamura, Alan Lu Architetto locale: Samoo Architects and Engineers
Responsabile amministrativo: Seoul Design Foundation
Strutture: ARUP Engineers, Postech, Saegil Engineering & Consulting
Impianti: ARUP Engineers, Samoo Mechanical Consulting (SMC), Samoo Tec
Facciate: Group 5F, Mac M&C
Acustica ed energia: ARUP Engineers, OSD, RMS Technology, Daeil ENC
Illuminazione: ARUP Engineers, Huel Lighting Design
Antincendio: Korean Fire Protection Engineering
Impatto ambientale: Soosung Engineering
Paesaggio: Gross Max, Dong Sim Won
Indagini di mercato: Davis Langdon & Everest, Kyoung Won
Periodo di progettazione: November 2006 - August 2007
Periodo di costruzione : June 2007 - march 2014
Superficie: 62,692 mq
Superficie costruita: 86,574 mq
Superficie del parco: 38,000 mq
Costo: 382 milion euro
Impresa principale: Samsung Construction
Direzione lavori: Kuwon Engineering, Heerim Architects & Engineers
Photos: Virgile Simon Bertand

Arketipo 104, Zaha Hadid, 2016