Interviste – L'amministratore delegato della scuderia di Borgo Panigale, Gabriele Del Torchio, racconta la filosofia di un marchio che punta forte sul made in Italy

Ducati è un'azienda che indiscutibilmente vuol dire made in Italy in tutto il mondo. Basti pensare che attualmente oltre il 75% della cifra d'affari nasce dall'esportazione e i mercati che stanno dando maggiori soddisfazioni sono proprio Paesi ad alto livello di selezione come gli Stati Uniti e il Giappone. Castile, bimestrale del Gruppo Sole 24 Ore Business Media, ha parlato di questi temi con Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Ducati Motor Holding Spa dal maggio 2007.

Quali elementi stanno alla base di questa storia italiana di successo?
Sono essenzialmente tre. Il primo punto di forza è costituito dall'intelligenza e dalla razionalità intese come capacità di progettare mezzi con prestazioni realmente innovative. Una peculiarità, quella dell'eccellenza progettuale, che realmente è una caratteristica essenziale del made in Italy: basti pensare nel raggio di 30 km dalla nostra sede, troviamo altre icone dell'eccellenza italiana, quali Ferrari, Maserati, Lamborghini. Altrettanto importante, a mio avviso, è il legame con l'arte, lo spirito artistico, che si estrinseca nell'attenzione alle forme che traspare dalle nostre proposte, e non a caso modelli come la 1098 hanno ricevuto riscontri internazionali anche per l'estetica. D'altra parte lo stile italiano ha radici profonde e si lega indissolubilmente alla storia dell'arte (basti pensare al Rinascimento) e fa parte della mission della nostra azienda trasferire questi concept dell'italian lifestyle all'estero. Il terzo elemento fondamentale è la passione, seguire le ragioni del cuore, intese come una sensibilità che caratterizza chi lavora in questa azienda, ma anche chi acquista i nostri prodotti, come chi ci segue in gara. Il fatto di aver vinto lo scorso anno il Moto GP, unica azienda europea dopo oltre 30 anni di incontrastato dominio giapponese, ha sicuramente amplificato ancora di più questo aspetto di passione, di riconoscersi nel marchio.

Ma cosa significa oggi produrre italiano? A suo avviso, è più logico parlare di made in Italy o di taste of Italy?
Nel nostro caso in particolare sia la quasi totalità della produzione che l'engineering sono italiani; solo per quanto riguarda parte della componentistica tecnica ci serviamo dei migliori produttori esteri. Siamo dunque una case history di made in Italy pensato e prodotto in Italia e, ovviamente, questa scelta ha comportato una strategia precisa. Puntiamo ad una forte caratterizzazione, vogliamo essere una proposta di nicchia, seppure importante. Un prodotto premium insomma, non solo nella logica delle prestazioni, ma anche per quelle caratteristiche estetiche e tecniche che hanno l'obiettivo di trasmettere al nostro utente l'idea, la soddisfazione di possedere qualcosa di particolare che non tutti hanno.

Questa forte caratterizzazione può diventare una leva di successo e di riconoscibilità per il made in Italy?
Certamente crediamo che per quanto riguarda il prodotto di massa ci siano Paesi emergenti con una vocazione più forte in questo ambito, anche perché più attrezzati e soprattutto con una maggiore capacità di abbattere i costi. Oggi la nuova economia, la globalizzazione dei mercati, la disciplina dell'euro (che non consente più svalutazioni competitive) impongono invece alle imprese italiane uno sforzo di posizionamento diverso.

Quali sono i valori forti dell'Italian lifestyle da promuovere all'estero?
Gli asset su cui dobbiamo puntare sono lo stile, la capacità di innovare, ma anche la valorizzazione della tradizione italiana del produrre. L'heritage è sicuramente un elemento su cui fare leva, soprattutto perché per alcuni brand è realmente un patrimonio irrinunciabile, anche se ovviamente le storia da sola non basta, è necessario saperla interpretarla in chiave moderna, farla diventare un elemento di distinzione, una modalità per promuovere la brand equity, la capacità di valorizzare il proprio marchio nel mondo.

Ma quali sono le modalità più coerenti, qual è il mix calibrato di valori materiali e immateriali per costruire il patrimonio di marca?
E' necessario puntare su una creatività continua (noi stiamo investendo moltissimo sul dipartimento di engineering ), insieme ad una forte caratterizzazione di stile che si riassume nella nozione di brand equity, ovvero nella capacità di amplificare l'attrattività del marchio. Dobbiamo lavorare sulla percezione che la clientela ha del brand. Abbiamo la fortuna di vivere e produrre in Italia, un vantaggio competitivo che dobbiamo essere in grado di valorizzare.

Se dovesse dare un'indicazione di percorso alle aziende italiane produttrici di oggetti per la casa, quali sono gli asset su cui è necessario puntare per contrapporsi ad una concorrenza particolarmente aggressiva come quella del Far Est ?
È una concorrenza di cui anche noi abbiamo risentito. Quello che mi sento di indicare come spunto di riflessione è la necessità di diversificarsi, di puntare attraverso la ricerca ad amplificare le proprie peculiarità. Esiste nel mondo una qualificata percentuale di clientela interessata a soluzioni distintive e credo che sia quella su cui noi protagonisti del made in Italy dobbiamo puntare.