Testo di Stefano Bernuzzi

ERIC OWEN MOSS. Paradigmi Provvisori
Emilia Giorgi
Marsilio, 2007
   Testo di Stefano Bernuzzi


 

La storica collana "Universale architettura" si arricchisce di un nuovo
titolo dedicato al lavoro dell'architetto Eric Owen Moss, rappresentante della
cosiddetta scuola di Los Angeles degli anni Ottanta insieme a Frank Owen Gehry,
Morphosis e Franklin David Israel. Una classificazione, questa, che lo stesso
Moss tende a rifiutare, ritenendo impossibile parlare di "gruppo" quanto
piuttosto di architetti individualisti legati solo dall'unica connessione
possibile: lo spirito di Los Angeles. La città californiana diventa il termine
di paragone imprescindibile per comprendere l'operato di Moss, il suo punto di
riferimento culturale e ambientale, il punto da cui partono le sue riflessioni e
il punto a cui tende il suo lavoro. Los Angeles è una città-puzzle che supera il
concetto di megalopoli per entrare in quello di nazione, è tutto e il contrario
di tutto, è plurima e frammentata, leggibile da molteplici e concomitanti punti
di vista.
L'architettura di Moss è figlia di tutto questo, è figlia di Los
Angeles, del suo (ordinato) caos, espressione diretta dell'hic et nunc che
sembra essere l'unico principio spazio-temporale utilizzabile. Charles Jenks per
definire L.A. e la sua architettura parla di heteropolis ed hetero-architecture
sottolineando i caratteri di differenza, ibridazione e frammentazione della
città e delle proposte edilizie qui realizzabili, opere non definitive, non
concluse, in contrapposizione alla miesiana mono-architecture. Moss si trova
così in modo naturale a realizzare dei work in progress, opere in continuo
divenire che si modificano e che tra qualche tempo saranno "altro". Da qui nasce
il concetto di "paradigma provvisorio" - scelto con puntualità come sottotitolo
del volume - un modello creativo di procedere temporaneo nel tempo e nello
spazio e Los Angeles diventa il luogo ideale dove lavorare e sperimentare
secondo questi termini. Moss ha avuto la fortuna di poter operare su un'ampia
area a Culver City, un'ex area residenziale ed industriale in graduale abbandono
nel corso degli anni Ottanta, caratterizzata da pre-esistenze e sovrapposizioni
- dagli anni Venti in poi - di materiali e stili.
A Culver City Moss attua
un'operazione a scala urbana simile a quella in corso a Bilbao, una
riqualificazione e rivalutazione sociale, culturale ed economica della città a
partire dall'architettura e dal suo assetto urbano, grazie all'iniziativa di due
imprenditori, Frederick e Laurie Smith, che hanno appogiato l'operato di Moss di
creare un paesaggio lavorativo del tutto inedito e originale. Moss ha potuto
così lavorare in libertà, coniugando tecnologia e arte, per far sì che aziende e
società delle industrie d'avanguardia - cinema, pubblicità, musica - trovassero
a Culver City architetture dall'immagine giusta e innovativa. Nel 1990 è stato
approvato il piano della Spar City, un sistema-città in continua evoluzione,
senza stategie di pianificazione, dove Moss aveva carta bianca per dar sfogo
alla sua libertà creativa. A partire dal progetto per il 8522 National Building,
Moss lavora a una serie di interventi di riqualificazione di edifici
pre-esistenti o di nuova realizzazione cambiando continuamente punti di vista,
interpretazioni del sito, materiali e forme, giocando sui contrasti,
sull'instabilità, sulla dinamica dell'evoluzione come accade
nell'incontro-scontro due progetti The Box e The Beehive, gemelli eterozigoti
nati uno accanto all'altro nello stesso isolato ad anni di distanza. Il
contemporaneo Wedgewood Holly Complex rappresenta l'esemplare work in progress
tutt'ora in corso di cui si diceva prima: un sistema architettonico costituito
da edifici profondamente diversi tra loro - lo Stealth, il Bowstring T.I., The
Umbrella, Slash/Backslash, lo Pterodactyl - in cui ognuno rappresenta il
complemento e l'opposto del suo vicino e il paesaggio che ne deriva è osservato
attraverso un'ipotetica gigantesca lente deformante.
L'esaustiva analisi di
Emilia Giorgi si sposta poi sui più recenti progetti di concorso per il Teatro
Mariinskij a San Pietroburgo, il Queen Museum of Art a New York, la Biblioteca
José Vasconcelos a Città del Messico, il Patent Office Buildigna Washington e il
Guangdong Museum a Guangzhou in Cina, progetti in cui Moss ha portato
l'esperienza maturata a Culver City in contesti urbani più sedimentati, limitati
e complessi, ma senza perdere lo spirito innovativo e originale delle sue
realizzazioni. La limitatezza dello spazio a disposizione, caratteristica della
collana, non impedisce un "racconto" ricco di particolari e approfondimenti,
comprendente anche un'utile bibliografia su ogni aspetto toccato dall'autrice a
partire dall'inquadramento generale su Los Angeles, al tempo stesso cornice e
quadro per l'opera di Moss, fino alle singole architetture dell'architetto
angeleno.