Fisica degli apparecchi illuminanti

L'influenza della luce sulla vita dell'uomo è all'origine di tutte le ricerche effettuate nel campo della luce artificiale. L'obbiettivo è ambizioso: migliorare la qualità della vita di ciascuno di noi attraverso una corretta illuminazione degli spazi vitali. Questa consapevolezza sta assumendo un'importanza sempre maggiore all'interno di un qualsiasi progetto che preveda un'illuminazione artificiale sia di ambienti domestici, lavorativi, commerciali o industriali, sia degli spazi aperti dell'aggregazione urbana, fino ad arrivare alla segnalazione tramite l'illuminazione di punti importanti del tessuto urbano o extraurbano. Per questo motivo le ricerche in questo ambito sono in continua evoluzione, sponsorizzate principalmente da ditte produttrici di apparecchi illuminanti, lampade, filtri, e di materiali che si prefiggono lo scopo di controllare, incanalare e correggere la luce al fine di ottenere un'illuminazione artificiale i cui effetti siano il più vicino possibile a quelli prodotti dalla luce solare. Ultimamente sono in atto ricerche volte a canalizzare la luce solare e a trasmetterla, attraverso dei tubi che sfruttano il concetto di rifrazione dei raggi luminosi, all'interno di ambienti, specialmente lavorativi, lontani dalla fonte dell'illuminazione.
Progettare una buona illuminazione richiede la conoscenza di diverse nozioni che riguardano, da una parte alcune caratteristiche proprie della luce e dall'altra alcuni dati propri delle lampade e degli apparecchi illuminanti attualmente in commercio. A questi aspetti vanno poi sommate altre esigenze dettate dal carattere funzionale del progetto e dai fattori di stile, di gestione degli spazi, di impatto ambientale, di sicurezza e non meno importante dal fattore economico.


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La luce
Il flusso luminoso
L'intensità luminosa
L'illuminamento
La luminanza
La temperatura di colore
La resa cromatica


Le lampade
Le lampade emettono radiazioni in modo differente, secondo il tipo di tecnologia utilizzata. Attualmente le lampade si dividono in tre gruppi principali a seconda del principio utilizzato per produrre la luce: lampade a incandescenza (la corrente elettrica rende incandescente un filamento metallico), a scarica in gas o vapore (la corrente elettrica eccita una miscela gassosa), a induzione (la corrente elettrica genera un campo elettrico).
 
Le lampade a incandescenza
Le lampade a incandescenza sono sostanzialmente dei radiatori termici che emettono luce. Parte dell'energia erogata si presenta sotto forma di luce. La quantità di luce emessa è tanto maggiore quanto più alta è la temperatura raggiunta. Questo tipo di lampada è una sorgente di luce a bassa efficienza, perché solo una piccola parte della potenza elettrica assorbita (circa il 7% - 8%) si trasforma in luce, mentre la maggior parte si trasforma in radiazione infrarossa, invisibile all'occhio umano, ma percepita come calore. Un altro inconveniente di questo tipo di lampade è il progressivo annerimento del bulbo che limita progressivamente il passaggio dei raggi luminosi. Per evitare l'annerimento delle lampade a incandescenza si riempie il bulbo con alogeni. Le lampade a incandescenza con alogeni hanno anche altre migliori caratteristiche prestazionali rispetto alle tradizionali lampade ad incandescenza, quali la maggior durata ed efficienza, una temperatura di colore più elevata che si traduce in una luce più bianca e brillante, dimensioni estremamente ridotte del corpo luminoso. Gli apparecchi su cui vanno montate le lampade ad alogeni devono essere dotati di fusibile di sicurezza e di vetro frontale di protezione (a meno che non siano lampade a bassa pressione).
 
Le lampade a scarica
Le lampade a scarica sono radiatori per luminescenza: la luce emessa non è un sottoprodotto del calore, ma è dovuta alla trasformazione diretta dell'energia elettrica in energia luminosa. Le lampade a scarica hanno una durata maggiore rispetto a quelle a incandescenza anche se abbisognano di un'apparecchiatura ausiliaria per la limitazione della corrente e talvolta per ottenere una sicura accensione.
Esistono diversi tipi di lampade a scarica: lampade fluorescenti, lampade a vapori di alogenuri, lampade a vapori di sodio ad alta pressione, lampade a vapori di sodio a bassa pressione, lampade a vapori di mercurio, lampade a luce miscelata.
 
Le lampade fluorescenti sono lampade a vapori di mercurio a bassa pressione. L'emissione di luce avviene per trasformazione della radiazione ultravioletta, emessa dalla scarica in vapori di mercurio, in radiazioni visibili per mezzo delle polveri fluorescenti. Il maggior pregio di queste lampade è quello di avere bassa luminanza che rende possibile l'eliminazione dell'abbagliamento senza ricorrere a superfici diffondenti o schermanti interposte.
 
Le lampade a vapori di alogenuri sono caratterizzate da un'ottima resa dei colori ottenuta aggiungendo al mercurio anche altri elementi.
 
Le lampade a vapori di sodio ad alta pressione emettono una luce colore giallo-oro. Sono utilizzate per illuminazioni industriali e urbane in alternativa a quelle a vapori di mercurio quando si desidera diminuirne il numero.
 
Le lampade a vapori di sodio a bassa pressione producono una luce monocromatica (colore arancio) che consente di distinguere bene la forma degli oggetti, ma non il loro colore. Per tale caratteristica cromatica esse sono principalmente impiegate per illuminare piazzali, strade, svincoli autostradali.
 
Le lampade a vapori di mercurio sono realizzate in modo da resistere agli sbalzi termici e allo stillicidio. Sono impiegate per l'illuminazione di edifici industriali con altezze di montaggio fino a 20 metri e necessitano di apparecchiature per l'innesco della scarica.
 
Le lampade a luce miscelata sono realizzate in modo da fornire una luce mista. All'interno del bulbo vi è un filamento che produce radiazioni rosse e mantiene stabile la scarica successiva non richiede quindi accessori d'innesco. Tali lampade sono utilizzate per creare effetti di luce su oggetti.
 
Le lampade a induzione
Le lampade a induzione sfruttano il concetto dei sistemi a induzione. In questi sistemi l'energia ad alta frequenza è indotta in un gas di mercurio ad alta pressione mediante una spirale a induzione. La scarica in gas consente agli atomi di alcuni elementi metallici di ionizzarsi sotto l'effetto di un campo elettrico, generando così l'emissione di radiazioni ultraviolette. Queste radiazioni, colpendo una superficie coperta da uno strato di polveri fluorescenti, determina l'emissione di radiazioni visibili. In un sistema di questo tipo, la ionizzazione degli atomi è realizzata grazie a un campo elettromagnetico indotto da una corrente elettrica ad alta frequenza che circola in un'apposita bobina. Le lampade a induzione sono caratterizzate da una durata eccezionale, per questo sono particolarmente adatte per i luoghi in cui è difficile accedere agli apparecchi di illuminazione.
 
Le curve fotometriche
Nella scelta di un apparecchio illuminante hanno una grande importanza le curve fotometriche, che sono dei diagrammi polari dell'intensità luminosa, realizzati sia per le sole lampade sia per le stesse associate a un riflettore. In questo caso si immagina la lampada come un punto di partenza, posizionato al centro del diagramma, per la misura dell'intensità luminosa da 0º a 180º; la curva è poi riferita ai due assi ortogonali del corpo illuminante.
L'importanza degli apparecchi illuminanti è di sfruttare al meglio alcune caratteristiche delle lampade o di correggerne altre. In pratica essi controllano il flusso luminoso della lampada e lo dirigono nelle direzioni desiderate, evitano l'abbagliamento, schermando completamente la lampada nella direzione di osservazione, proteggono le lampade da danneggiamenti di carattere meccanico o chimico, garantiscono la sicurezza elettrica funzionale e quella contro i contatti accidentali.
A seconda della distribuzione del flusso luminoso, gli apparecchi illuminanti realizzano diversi tipi d'illuminazione: diretta, semi-diretta, mista, semi-indiretta, indiretta.
Il rendimento di un apparecchio illuminante è determinato dal rapporto tra il flusso luminoso che esce dall'apparecchio illuminante e il flusso emesso dalla lampada.
Nella costruzione degli apparecchi illuminanti le superfici riflettenti sono impiegate tutte le volte che occorre intercettare una parte del flusso luminoso della lampada e concentrarlo in una direzione diversa da quella di emissione. Normalmente le superfici riflettenti sono a sezione circolare, ellittica o parabolica. Per le superfici riflettenti degli apparecchi illuminanti si ricorre generalmente al vetro argentato, all'alluminio trattato, alla lamiera di ferro smaltata o verniciata.
Oltre a questi tipi di apparecchi e di lampade si sono sviluppati altri sistemi come quello a fibre ottiche e a superfici a guida di luce. Questi sistemi utilizzano la luce generata da un sistema di alimentazione, l'illuminatore, per poi trasportarla lungo un condotto, contenente fibre ottiche, per trasferirla in un punto particolare o per diffonderla lungo il percorso. L'illuminatore contiene una lampada, che può essere a ioduri metallici o alogena a bassa tensione, e delle parti ottiche le quali concentrano i raggi luminosi sulla sezione del condotto. Sfruttando il principio di continue riflessioni la coda della fibra può essere sfruttata per trasportare energia luminosa dalla sorgente a un luogo di utilizzo, oppure la stessa fibra ottica può essere luminosa. Con questo sistema si può quindi separare la fonte di luce dal punto da illuminare.
 
Valutazione dei livelli di illuminamento per singoli ambienti
Al fine di valutare l'illuminazione degli ambienti occorre, in prima istanza, quantificare la luce che investe superfici e oggetti. La quantità di lumen per ogni metro quadrato (lux) di superficie investita dai raggi luminosi rappresenta il livello di illuminamento, o più genericamente l'illuminamento presente in ogni ambiente, relativo ad un piano orizzontale, verticale o inclinato che si ritiene essere il luogo in cui risiedono i principali compiti visivi. Così nel progetto dell'illuminazione di un ambiente destinato ad ospitare attività di ufficio, il piano di riferimento principale sarà quel­lo orizzontale delle scrivanie, a circa 80 cm dal pavimento; nel caso di una pina­coteca, viceversa, l'interesse sarà rivolto ai piani verticali delle pareti che ospitano le opere d'arte.
Si tenga presente che il dato ottenuto con la misura o con il calcolo dell'illuminamento non consente di giudicare appieno la validità di una soluzione illuminotecnica. I lux presenti su un piano di riferimento riguardano la luce che investe l'oggetto e non ancora l'energia luminosa che sollecita il nostro apparato visivo. Dal livello di illuminamento, tuttavia, è possibile ricavare, analizzando tutti i processi di rimando della luce verso l'occhio dell'osservatore, la distribuzione delle luminanze nel campo visivo e quindi la luce effettivamente ricevuta dall'occhio, in tutte le sue modulazioni.
Le modalità, i metodi di misura e i valori medi del livello di illuminamento per ogni tipo di ambiente sono stati definiti dalla CIE sotto forma di raccomandazioni (Publication n. 29.2 del 1986). Lo scopo di tali raccomandazioni è di normalizzare i metodi di rilevamento, casi da poter comparare progetti o impianti realizzati, e di indicare un intervallo di valori dell'illuminamento per differenti compiti visivi e ambienti entro il quale si può ragionevolmente prevedere che il giudizio della maggioranza degli utilizzatori sarà di soddisfazione.
Riguardo al luogo in cui effettuare le misurazioni o a cui riferire i calcoli, laddove non esistano compiti visivi prevalenti diversamente localizzati, si assume un ideale piano orizzontale posto a 90 cm di altezza dal pavimento per attività da svolgere in piedi, e a 75 cm se gli operatori sono seduti. In via generale si presume che su tali piani più frequentemente trovino dislocazione i principali compiti visivi.
Sono stati fissati dei valori limite dell'illuminamento, uno minimo e uno massimo, misurati sempre sul piano convenzionale di riferimento, oltre i quali si considera che la visione sia resa comunque difficoltosa, da un difetto o da un eccesso di emissione luminosa nell'ambiente. La soglia minima assoluta è stata calcolata in 20 Ix, la massima in 2000 Ix. L'illuminamento di 2000 Ix è da ritenersi soddisfacente ai fini della prestazione visiva di soggetti giovani ed anziani. Oltre questo tetto il grado di prestazione visiva aumenta ma in misura non molto apprezzabile, mentre risulta altamente probabile l'insorgenza di fenomeni collaterali che disturbano e alterano la visione, come l'abbagliamento diretto o riflesso, oppure la difficoltà a distinguere piccoli dettagli per l'elevata luminanza di adattamento. Viene inoltre compromessa la sicurezza degli utenti; i fasci luminosi di forte intensità danneggiano, come sappiamo, con alte percentuali di radiazioni esterne allo spettro del visibile, gli oggetti illuminati.
Il limite minimo di 20 Ix è ritenuto appena sufficiente per distinguere i connotati umani, vale a dire per essere in grado di identificare una persona dai tratti del viso. Si considera che un volto sia riconoscibile se ha una luminanza di almeno 1 cd/mq, luminanza che è possibile ottenere, in condizioni normali di illumi­nazione in interni, con un livello di illuminamento sul piano orizzontale di riferimento di 20 Ix. L'uomo vede anche sotto i 20 Ix, ma (si consideri che l'obiettivo è l'illuminazione di ambienti) non riesce a riconoscere ciò che vede.
Tra questi tetti di minimo e di massimo è stata costruita una scala di valori intermedi a progressione geometrica, con ragione uguale a circa 1,5. I valori sono incrementati secondo il rapporto fisso di 1,5 circa. Il livello che segue 20 Ix è più grande di una quantità che equivale alla sua metà, cioè 30 Ix, e così via.  Si è infatti constatato sperimentalmente che la soglia minima di riconoscimento della differenza tra due illuminamenti è regolata dal fattore 1,5. La scala elaborata è pertanto la seguente: 20 ' 30 ' 50 - 75 - 100 - 150 - 200 - 300 - 500 - 750 - 1000 - 1500 - 2000.
Sia nelle misurazioni che nei calcoli ci si riferisce generalmente alla media dei valori di illuminamento registrabili o prevedibili su tutto il piano di riferimento. Per garantire una certa uniformità nella distribuzione della luce, si raccomanda nei casi generali che il rapporto tra il livello e la media degli illuminamenti in tutte le zone del piano di riferimento non sia inferiore a 0,8.  Si raccomanda ancora, in particolare per gli ambienti di lavoro, che la media degli illuminamenti presenti in tutto l'ambiente non sia inferiore a 1/3 della media degli illuminamenti contenuti nel campo visivo principale. Il rapporto tra gli illuminamenti medi di ambienti che siano adiacenti, tra i quali quindi si preveda il transito repentino di persone, non deve essere inferiore a 1/5.
Secondo i vari tipi di compiti visivi e per ogni ambiente le raccomandazioni propongono tre valori. Il primo è preso come riferimento quando le riflessioni e i contrasti nell'ambiente sono elevati, quando prevalgono le tonalità chiare, e il compito visivo, eseguito solo occasionalmente, non richiede particolare rapidità ed accuratezza. Il valore più alto è assunto quando sono poco accentuati i contrasti e le riflessioni, in presenza di compiti visivi critici, impegnativi, che non consentono errori e richiedono grande accuratezza, infine quando si prevede che gli occupanti avranno capacità visuali inferiori alla media.
Il valore centrale corrisponde ai lux consigliati nei casi comuni in cui non si presentano esigenze particolari.
Nella Tab.1 sono raccolti gli intervalli raccomandati per singoli compiti visivi.
 
Tab. 1 - Livelli di illuminamento raccomandati per luoghi di attività e di compiti visivi
 



























































































Illuminamenti (lx)
Tipi di compiti visivi o luoghi di attività
 
 
20 30 50
Aree esterne adiacenti agli ingressi
 
 
50 75 100
Aree di transito o per soste di breve periodo
 
 
100 150 200
Lavori saltuari come, per esempio, sorveglianza; luoghi di deposito, atri, corridoi, scale, guardaroba
 
 
150 200 300
Lavori occasionali in industrie automatizzate
 
 
200 300 500
Lavori con esigenze visive semplici come, per esempio lavorazioni grossolane a macchina
 
 
300 500 750
Lavori con esigenze visive medie come, per esempio su macchine utensili, sale di controllo, uffici
 
 
500 750 1000
Lavori con elevate esigenze visive come, per esempio, cucitura, ispezione e prova materiali; sale da disegno
 
 
750 1000 1500
Compiti visivi con dettagli critici come, per esempio, lavori di meccanica fine ed esame dei colori
 
 
1000 1500 2000
Compiti visivi con speciali requisiti come, per esempio, incisione a manoe verifica di lavori di alta precisione
 
 
> 2000
Compiti visivi di eccezionale difficoltà come, per esempio, assemblaggio di componenti elettronici miniaturizzati e interventi chirurgici.
 
 
 
Lettura delle indicatrici (o curve) fotometriche
Immaginiamo che la luce prodotta da un apparecchio scaturisca da un punto, entità geometrica priva di dimensioni. Da questo punto, assunto come origine di una famiglia di semirette che si diramano nello spazio, si traccino tanti segmenti orientati (frecce o meglio "vettori"). La lunghezza di ciascun vettore rappresenta l'intensità I della luce emessa dall'apparecchio in quella direzione. Si inviluppino poi tutte le estremità dei vettori intensità in una superficie che, con ogni probabilità, sarà curva. Essa risulterà chiusa e definirà un solido, il "solido fotometrico". Sezionando tale corpo secondo dei piani C disposti a ventaglio, aventi in comune l'asse verticale passante per il centro ottico dell'apparecchio, otterremo su ciascun piano una linea (curva), "curva o indicatrice fotometrica" individuata dall'intersezione del piano con la superficie di inviluppo del solido fotometrico. Secondo una convenzione CIE (Commission Internationale de l'Eclairage) i piani sono indicati con il simbolo C seguito dalla quantità di gradi dell'angolo compreso tra il piano in oggetto e quello (C0) che taglia l'apparecchio in senso trasversale. L'angolo verticale g, infine, (l'angolo compreso tra l'asse verticale e la direzione dell'intensità) definisce quale vettore dell'intensità luminosa è diretto verso il punto da illuminare. Questo sistema di individuazione delle intensità è chiamato sistema C-g.
Solitamente sono rappresentate le indicatrici fotometriche relative a due piani C perpendicolari tra loro (C0 e C180). Le intensità contenute in altri piani C si ricavano da quelle date per interpolazione quadratica o cubica (se si desidera una maggiore accuratezza di calcolo).
Le indicatrici fotometriche sono generalmente disegnate su diagrammi polari oppure su diagrammi cartesiani. I primi risultano di elementare comprensione, rimandando per analogia formale all'emissione della luce da parte dell'apparecchio. I secondi presentano il vantaggio di agevolare il progettista nella lettura dei valori degli angoli e delle intensità raccolti sugli assi rispettivamente delle ascisse e delle ordinate.
 
 
Fonte testo
Lorenzo Fellin, Gianni Forcolini, Pietro Palladino, Manuale di Illuminotecnica, Tecniche Nuove, Milano, 1999.
Gianni Forcolini, Illuminazione di interni, Hoepli, Milano, 1988.
Gianni Forcolini, Illuminazione di esterni, Hoepli, Milano 1993.
Gianni Forcolini, Illuminare con i condotti ottici, Hoepli, Milano 1999.
Gianni Forcolini, Illuminazione di parchi e giardini, Calderini, Bologna 2000.
AA.VV, Manuale di progettazione edilizia; fondamenti, strutture, norme ' volume II°: criteri ambientali e impianti, Milano, Hoepli, 1994.
 
Autore testo
Gianni Forcolini, Valutazione dei livelli di illuminamento per i singoli ambienti
Laura Pepe, Lettura delle indicatrici (o curve) fotometriche.