Photo by Atelier XYZ

Un gioco di sovrapposizione di venti grandi lastre di granito sardo, unite fra loro attraverso tagli a incastro ed elementi in metallo, affiancate da setti in calcestruzzo colorato e pareti in legno: è questa la matrice del doppio progetto Houses of Cards firmato da Elastico Farm e nominato per il Mies Award 2022. "Le due case – la Cat House e la Dog House – sono state costruite attraverso un lungo percorso di ricerca, progettazione e sperimentazione su materiali, tecnologia e programma. L’elemento legante di questo processo è stato il coraggio, la fiducia della committenza che ha accettato di essere parte di un tragitto di cui questi due edifici sono solo un frammento": Stefano Pujatti, architetto fondatore dello studio, introduce così i due progetti, pensati per due sorelle.

Le Houses of Cards – il cui nome già suggerisce il percorso di ricerca e di incastro fra elementi compositivi – sono due residenze parte di una lottizzazione di un piccolo centro nella provincia di Torino, in cui si inseriscono suggerendo un immediato cambio di passo rispetto alle costruzioni anonime da cui sono circondate. "Si tratta di due organismi autonomi occupati da due famiglie che le hanno adattate al loro modus vivendi. Rispecchiano le aspettative della committenza che le ha interpretate e le gestisce in libertà senza sentirsi influenzata da questioni legate alle scelte estetiche", continua il progettista. Ed è così che la prima residenza, la Cat House (sulla sinistra nella pianta che le comprende entrambe) è definita da una struttura "ortogonale e molto compatta", con una composizione in pianta mossa dalla sequenza di setti che dividono gli ambienti e suggeriscono una gerarchia fra esterni e interni, connessi fra loro dal nucleo a doppia altezza. La Dog House, invece, segue una disposizione radiale che parte da un patio centrale; "anche gli ambienti interni, al piano terreno, si dispongono in modo radiale e hanno sempre un contatto diretto sia con il giardino che con il cortile interno", racconta Pujatti; al primo piano la sequenza cambia e la disposizione degli ambienti è meno geometrica, pur confermando una continua apertura verso gli esterni attraverso la grande terrazza che le camere condividono.

Il percorso di sperimentazione per le Houses of Cards ha portato alla realizzazione di due progetti fra loro complementari pur nella loro diversità formale e uniti da un lungo, elaborato e fra loro condiviso processo costruttivo. Alla base, la ricerca sul granito sardo, intrapresa da Elastico Farm nel 2013 dopo una prima visita a una cava di Olbia. "Il granito sardo è una roccia lignea intrusiva che ha caratteristiche prestazionali eccellenti dovute alla pressione alle temperature all’origine della sua formazione. Lo studio sulle caratteristiche del materiale e quello sulle metodologie di escavazione ci hanno suggerito la possibilità di lavorare con grandi elementi monolitici che potessero essere prodotti direttamente in cava. L’ipotesi di utilizzo del granito per la realizzazione di pannelli portanti è nata proprio dall’osservazione del processo di escavazione e dall’acquisita conoscenza delle tecnologie con cui la roccia viene estratta e rifilata. Nello specifico, il taglio della parete di cava con il filo permette una certa precisione mentre la compattezza del materiale permette di produrre blocchi e lastre anche di grandissime dimensioni. Considerati quindi i pesi e gli ingombri per il trasporto (via terra e via mare) abbiamo stabilito che una dimensione plausibile per un ottimale utilizzo del pannello fosse quella di 600 x 240 cm con spessore variabile a seconda delle necessità strutturali da 12 cm a 20 cm. A livello teorico la resistenza di un pannello di granito a compressione e a flessione risulta paragonabile a quella dei pannelli di calcestruzzo armato di simile spessore". Ed è così che il progetto ha cominciato a prendere forma, partendo dal granito sardo per poi aggiungere altri addendi strutturali e compositivi che hanno portato alla realizzazione di una struttura a secco: spazio, quindi, ai pannelli portanti, alle lastre in calcestruzzo colorato, ai tamponamenti in legno (inseriti anche con la prospettiva di modificare la pianta nel momento in cui cambieranno le esigenze delle committenti), ai solai in metallo e calcestruzzo poggiati direttamente sui pannelli grazie a connessioni a sella o a piastra.

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Ritorna, anche in fase esecutiva e di cantiere, la tensione verso la sperimentazione: "Le ricerche portate avanti durante la fase di progetto prendono corpo nell’esercizio della costruzione: il cantiere è la fase della sperimentazione e della verifica, il momento in cui è possibile identificare nuovi problemi, risolverli e catalogarli per poter capire se l’idea alla base del progetto possa diventare sistema costruttivo", conferma Stefano Pujatti.

E dopo gli studi presso le cave sarde, la sperimentazione si è spostata nella fabbrica dove sono stati prodotti i pannelli in calcestruzzo armato; un lavoro preliminare che ha portato alla produzione di pannelli numerati, da assemblare direttamente in cantiere rispettandone la sequenza e riuscendo, così a contenere i tempi del processo costruttivo. "Il sistema costruttivo si è rivelato molto efficiente e veloce anche se ha necessitato di grande precisione e quindi di una manodopera altamente specializzata". Hanno fatto parte del percorso anche la ricerca di soluzioni efficaci per risolvere i ponti termici, evitare infiltrazioni, comprendere impianti di ultima generazione senza dover modificare l’impianto formale delle due residenze e il loro carattere in netto contrasto con il ‘non luogo’ che le circonda.

"La residenza unifamiliare permette un certo grado flessibilità che non è possibile in altre tipologie edilizie e proprio per questo è da sempre terreno di sperimentazione", conclude Stefano Pujatti.