La produzione del vetro in Francia deriva da un’antichissima tradizione che affonda le sue origini nel periodo gallico-romano e che è diventata nel tempo una vera e propria risorsa industriale, grazie alla politica protezionista prima di Luigi XIV e poi di Luigi XV. Durante la seconda metà del XVIII secolo, infatti, le principali vetrerie europee si trovavano a Murano, in Boemia e in Inghilterra, ma Luigi XIV acquistò e sovvenzionò una ventina di fabbriche dove si produceva vetro per contrastare le importazioni dagli altri Paesi. Successivamente, Luigi XV diede all’industria francese un ulteriore strumento per rafforzare la produzione di beni all’interno della nazione annettendo alla Francia la Lorena, nel 1766, che già si presentava come una regione con una forte vocazione industriale e manifatturiera. La fabbrica del Cristal Saint-Louis, oggetto dell’intervento degli architetti francesi Florence Lipsky e Pascal Rollet, è un’antichissima vetreria attiva dal 1571. Si trova a Saint Louis lès Bitche, un piccolo villaggio in Lorena, e fa parte di quel corpo di insediamenti produttivi fondati con lo scopo di rafforzare il panorama industriale francese all’epoca dell’Ancien Régime. La vetreria vanta la direzione di Monsieur Francois de Beaufort che, nel 1781, venne a conoscenza della formula per la produzione del cristallo e la fece ratificare dall’Academie Royale de Sciences. La differenza sostanziale tra vetro e cristallo è data dalla presenza dell’ossido di piombo, che aumenta la densità del vetro, e quindi il suo indice di rifrazione, avvicinandolo in tal modo alle proprietà ottiche del diamante: la luce che lo colpisce viene rifratta in modo più deciso che con il vetro normale, dando quell’effetto di grande brillantezza tipica del vetro al piombo.
Il Museo del cristallo di Lipsky e Rollet
Queste premesse, che definiscono la vocazione del luogo e le caratteristiche del ciclo produttivo del cristallo, costituiscono gli elementi fondamentali alla base del processo ideativo del museo di Florence Lipsky e Pascal Rollet. Nella progettazione del museo del cristallo, i due architetti hanno utilizzato un approccio didattico, collocando l’area espositiva vera e propria all’interno dell’area produttiva, in modo che la fabbrica stessa possa fare parte del museo e che il percorso museale coincida sia con l’esposizione degli oggetti di cristallo sia che quella della maniera in cui la materia viene forgiata. L’essenza della produzione risiede nell’area dedicata alle lavorazioni a caldo, dove avviene la fusione del cristallo a 1350 °C e inizia il processo che porta alla realizzazione di oggetti tanto pregiati. Successivamente, la produzione si sposta nelle aree dedicate alle lavorazioni a freddo, dove i cesellatori creano e raffinano le forme del cristallo. In questo contesto industriale, tutto contrasta con il prodotto finale del lavoro dell’uomo, che è il cristallo, raffinato e fragile, modellato in tutte le sue forme artistiche, con la grande sapienza che viene da una tradizione antica. L’unione tra mostra di oggetti e fabbrica avviene attraverso la creazione di una struttura scatolare autoportante posizionata all’interno della fabbrica stessa, proprio sopra l’antico forno.
Il contrasto tra macchine e cristallo
Secondo Florence Lipsky e Pascal Rollet, il posizionare il museo sul sito industriale è simbolicamente molto forte, perché si offre al pubblico una lettura simultanea dell’oggetto esposto e della sua produzione all’interno della fabbrica. Gli stessi progettisti infatti, visitando il sito industriale, sono stati colpiti dal contrasto tra la titanicità dei macchinari e la fragilità del vetro e l’hanno risolto con la progettazione di una scatola museale minimale, realizzata in legno di pino douglas massiccio, un’essenza locale, e rivestita di policarbonato ondulato. Entrambi i materiali sono stati scelti per la loro semplicità e con la finalità di non offuscare la trasparenza del cristallo e di non creare concorrenza alla sua preziosità. La struttura scatolare contenuta nella grande hall è un parallelepipedo che misura 19,50 m di lunghezza e 14,75 m di larghezza, raggiunge un’altezza di 10,58 m ed è concepita come un meccano di travi e pilastri 15x15 cm: se, in futuro, per ragioni industriali, fosse necessario liberare lo spazio occupato dalla mostra per installare, per esempio, un nuovo forno, sarà possibile farlo, perché si potrà facilmente smontare la struttura che altro non è che un assemblaggio di carpenteria.
Una struttura unica nel suo genere
Il museo vero e proprio è nella scatola autoportante, che risulta completamente svincolata dai muri perimetrali, ma anche dalla copertura dell’edificio originale e dalla struttura dello spazio che la contiene e funziona come una macchina pienamente integrata nel processo industriale, avvalendosi di affacci sulle aree di pertinenza degli operai che lavorano il cristallo. Non appena si entra nel museo, il grande volume esistente appare contrapposto con l’intimo spazio del museo: le colossali macchine si contrappongono ai piccoli oggetti prodotti; la ruvidezza del legno si contrappone con la preziosità del cristallo. Nella “sala espositiva” sono raggruppate tutte le collezioni dei pezzi storici: appoggiati su semplici tavole, caraffe, calici, candelabri, vasi e opere di scultura, trasparenti e colorate, descrivono l’intera storia della produzione e delle capacità artistiche della cristalleria Saint-Louis. Le vetrine e le mensole vengono illuminate tramite lampade tubolari fluorescenti e spot LED incassati all’interno di binari realizzati nelle mensole, chiusi tramite lastre di plexiglas smerigliato, che funge da diffusore. In questo modo, la luce prodotta non crea riflessi sulle superfici delle realizzazioni in cristallo. Per le vetrine più piccole, invece, sono presenti faretti alogeni.
Il cammino dei visitatori
Il cammino del visitatore è sequenziale e offre scorci particolari per guardare e scoprire il cristallo; all’interno del percorso museale, molto scenografiche sono le passerelle sospese proiettate nel volume del capannone da dove è possibile osservare i soffiatori di cristallo all’opera. La visita termina nella parte superiore del museo, in uno spazio aperto ideato per ospitare mostre temporanee e piccole fiere. Successivamente, i visitatori scendono le scale che li riportano al luogo dal quale erano partiti ed escono attraversando un piccolo negozio collocato in un edificio adiacente al museo. L’impianto di climatizzazione ad aria è realizzato mediante tubazioni a vista rivestite di polistirene e lamine di alluminio. Le grate di immissione e di aspirazione sono posizionate lungo le passerelle, sul pavimento. Al di sotto del solaio sono posizionate le tubazioni parzialmente occultate da griglie metalliche, che fungono da controsoffitto, removibili per consentire in maniera agevole le operazioni di manutenzione. In questo modo, è possibile garantire una sensazione di comfort, nonostante il museo sia collocato in un volume unico e molto alto.
Un percorso espositivo autoportante e smontabile
Nella progettazione, gli architetti si sono trovati di fronte a una serie di problematiche operative: gli spazi ridotti per l’ingresso e la movimentazione dei materiali; la necessità di garantire il facile smontaggio e la rimozione della struttura; la possibilità di mantenere operativa la produzione durante la cantierizzazione. Da queste considerazioni è nata la scelta di una struttura scatolare di legno di pino, trattato con vernice intumescente, ricoperta da una diafana e geometrica chiusura di policarbonato ondulato. La struttura espositiva è l’anima portante del nuovo volume; è stata resa solidale con la muratura originale, realizzata in mattoni, tramite plinti di calcestruzzo armato, ancorati al terreno sottostante le antiche fondazioni della fabbrica mediante micropali di acciaio in modo da garantire un’autonomia strutturale. La struttura lignea, travi e pilastri a sezione rettangolare, è realizzata a incastro con tasselli metallici che ancorano le passerelle. La copertura è sostenuta da un sistema di tiranti e puntoni metallici ancorati alla struttura portante mediante piastre di acciaio.
*Foto di Paul Raftery