Intervista – Il designer madrileno, partito dalla street art, ha incontrato nomi del mondo dell'abitare come Baccarat e Lladrò

Considerato uno dei designer più brillanti dei nostri giorni, Jamie Hayon è riuscito con la sua genialità professionale e nello stesso tempo ludica a conciliare bellezza e mercato. Nato a Madrid nel 1974, già da teenager emerge sulla scena della street art, il cui immaginario è ancora presente nelle sue opere attuali. Dopo gli studi in disegno industriale a Madrid e a Parigi, nel 1997 entra in Fabrica, l'accademia di design e comunicazione fondata da Benetton, in cui ha la possibilità di lavorare a stretto contatto con Oliviero Toscani. Molto presto si trova a dirigerne il Design Department, con progetti che spaziano dalla progettazione di negozi e ristoranti, fino al design e alla grafica di concept espositivi. Otto anni più tardi arriva la definitiva consacrazione, prima con le collezioni di giocattoli di design, ceramiche e complementi d'arredo, seguiti da interior design e allestimenti. Confrontarsi con lui è sicuramente un'esperienza stimolante, non solo per la carica comunicativa e la sua vena ironica ma anche per la grande passione e competenza con cui parla del proprio lavoro. Casastile lo ha intervistato in esclusiva.

La sua creatività si esprime in differenti ambiti, dalla moda all'oggetto, dagli interni al gioco. Qual è il messaggio che vuole portare in ognuno di questi mondi?
Non ho un messaggio specifico. Il mio lavoro è molto personale, narrativo e ha una valenza emozionale. Trovo ispirazione in mondi perduti e nella mia stessa fantasia e tutto ciò è riflesso in ognuna delle mie creazioni. Sento la necessità di raccontare delle storie e lo faccio attraverso il mio lavoro, questo è essenziale.

Come nasce un progetto Hayon?
Ogni volta nasce da una penna e un foglio bianco: lo schizzo è sempre il punto di partenza delle mie idee. Quando l'idea sulla carta è maturata abbastanza passa al mio team di designer, che comincia col cercarne le forme e le possibili variabili, ottenendone un rendering digitale tridimensionale. Una volta trovata la soluzione migliore è il momento di condividere l'idea col cliente. Con lui discutiamo i materiali, le varianti, le tematiche legate alla produzione, per poi procedere coi progetti tecnici finali che daranno un'idea più precisa dei volumi e delle forme. Naturalmente questo processo non sempre è lo stesso e non sempre è così lineare: spesso intervengono variabili e cambiamenti.

Qual è il filo conduttore del suo universo creativo?
Immagino che ogni persona creativa abbia il proprio “filo conduttore”. Nel mio caso questo ha a che fare con la fantasia e l'immaginazione. Ha anche molto a che fare con lo stato d'animo, lo humour, la forza narrativa e della qualità.

Quali stimoli può offrire il mondo dell'abitare?
 Per me il mondo dell'abitare si è rivelato una nuova passione, che mi entusiasma davvero. Esso è simile a una scenografia in cui devi creare le scene, le sensazioni e curare ogni dettaglio affinché venga trovato il giusto codice emozionale per ogni spazio. I fattori estetici da soli non bastano: anche qualità e confort sono fondamentali. È molto impegnativo dare vita a elementi che creino uno spazio coinvolgente.

Che esperienza è stata lavorare con brand come Lladrò e Baccarat, caratterizzati da una forte attenzione alla materia e al "fatto a mano"?
Guardare al passato è fondamentale per meglio comprendere il futuro. Chi siamo e da dove veniamo sono parte del percorso verso cui vogliamo andare. Storia e tradizione sono parte di noi ed è per questo che gli do un valore molto importante. La ragione per cui amo il fatto a mano e il lavorare con imprese che hanno mantenuto queste caratteristiche di hand made è la possibilità di confrontarsi con l'umanità che sta dietro all'oggetto e la tradizione che si evolve attraverso questa umanità. Entrambe le collaborazioni con Baccarat e Lladrò sono state molto ricche e forti. È molto facile cominciare una rivoluzione e più complicato portare avanti l'evoluzione di un brand che ha già un proprio percorso storico.. ma io amo le sfide!