Commercio – Il gruppo Snaidero diventa sempre più internazionale con le nuove acquisizioni e la politica basata sulle sinergie tra marchi

Con sei stabilimenti industriali, otto marchi in portafoglio, dodici filiali commerciali e duemila punti vendita, Snaidero è il gruppo italiano più internazionale nel settore delle cucine. Guidato da Edi Snaidero, l'azienda ha chiuso il 2007 con un fatturato consolidato di 265 milioni di euro.

Quindici anni fa, Snaidero acquisiva Rational, avviando una fase d'espansione in Europa attraverso tappe in Francia (Arthur Bonnet e Comera con la rete di Cuisine Plus), Austria (Regina) e Belgio (Ixina, catena di franchising). È di qualche settimana fa l'acquisizione della catena di negozi francese Cuisines References, con 90 affiliati e un fatturato di circa 35 milioni di euro. L'operazione consolida la posizione di leadership europea del gruppo Snaidero nel suo core business: la produzione e distribuzione di cucine componibili.
«Attraverso le acquisizioni abbiamo creato network di marchi, fabbriche e aziende con strutture indipendenti ma collegate tra loro, che attraverso la casa madre in Italia, genera un'organizzazione di gruppo transnazionale», afferma Edi Snaidero, presidente e amministratore delegato del gruppo italiano.

Con quali risultati in termini di sinergie?
Che non siamo un'azienda monocultura. Questo porta con sé una serie di conseguenze: abbiamo una visione internazionale più aperta, perché le diverse aziende hanno alimentato la formazione di una cultura di gruppo con nuove conoscenze e metodi di lavoro, che si sono indirizzate verso l'aspetto commerciale, tecnico e produttivo. Il fatto di avere un'azienda tedesca di fascia medio-alta e alta ha comportato un miglioramento della capacità di sviluppare soluzioni tecniche più importanti per tutti i marchi del gruppo, compreso Snaidero.

Nel vostro processo di acquisizione non avete agito quindi da colonizzatori?
No. Amo definire il gruppo come una federazione di marchi. Ho cercato di mantenere l'identità di questi marchi, confermando anche il management principale, senza confondere le reti vendita, i punti vendita e i canali distributivi delle singole aziende. Ognuna ha la propria politica commerciale e continuerà ad averla. Del resto non è nel nostro dna comportarci da multinazionale. In Europa bisogna avere rispetto delle identità e delle tradizioni di ogni paese.

Diverso è il discorso sul fronte produttivo…
Nell'aspetto produttivo degli acquisti, e nell'industrializzazione dei prodotti, nascono le sinergie “hard”, che si stanno traducendo in stabilimenti sempre più specializzati. Soprattutto quando parliamo di componenti, ciascuna azienda non produce più per il singolo marchio, ma a livello globale anche per gli altri marchi. In questa fase il processo non è completato. Nel medio periodo lo sviluppo di queste sinergie dovrebbe permettere anche un miglioramento importante della redditività.

Quali sono i riflessi sull'operatività?
Con lo stabilimento croato, i semilavorati in legno saranno prodotti in Croazia, ma verniciati in Italia. Queste sinergie non sono semplici, perché bisogna far dialogare persone con culture diverse, unificare alcune parti dei prodotti, mantenendo però le singole identità.

In questo cammino quali difficoltà avete incontrato?
La prima è l'orgoglio delle persone di essere francesi, italiane, tedesche. Allora per forza di cose devi introdurre dei criteri di valutazione neutrali e non discutibili, come calcolare i costi dei prodotti, la competitività, il benchmark tra le aziende. Stiamo completando questo lavoro di misurazione effettuato negli ultimi due-tre anni, che ha coinvolto un po' tutti i livelli aziendali. Oggi è un'impostazione abbastanza condivisa da tutto il gruppo. Dal punto di vista organizzativo, ci sono delle strutture transnazionali che si occupano di coordinare le attività del gruppo e di ottimizzare la supply chain.

Nell'acquisizione di Arthur Bonnet avete inglobato anche Cuisine Plus. Più tardi con Ixina e ora con Cuines References siete particolarmente impegnati nella distribuzione in franchising. Che cosa significa per un produttore di cucine questa integrazione con la distribuzione?
Innanzi tutto hai il contatto con il cliente finale e ti preoccupi di poter aprire un dialogo, che per chi produce cucine è quasi del tutto assente. Si instaurano poi sinergie con le aziende industriali che portano conoscenza, capacità di agire per supportare i punti vendita. Oggi un marchio come Snaidero è obbligato a essere più vicino al rivenditore per aiutarlo a capire come sviluppare, proporre e presentare il prodotto dell'azienda al cliente finale. Proprio l'esperienza con il franchising in Europa ci ha consentito, come Snaidero, di migliorare le relazioni anche con i rivenditori tradizionali. Il concept espositivo che abbiamo messo a punto, nasce da questa esperienza di franchising.

Perché in Italia il franchising ha difficoltà a svilupparsi nel mondo del mobile per cucina?
Perché esiste una storia di polverizzazione di punti vendita, anche se è in atto da tempo la riduzione del loro numero, e perché la grande distribuzione ha ancora quote basse. Così anche nella fascia più economica c'è spazio per la distribuzione tradizionale. Quando questa fascia sarà aggredita dalla grande distribuzione, salterà l'equilibrio, perché la polarizzazione genera automaticamente la necessità, per chi resta, di diventare specialista oppure di essere capace di offrire servizi qualificati nei rapporti con il cliente finale. In quel momento un rivenditore dovrà decidere che cosa fare. E anche per il franchising ci potrebbe essere uno spazio significativo.