Marmi e pietre – La crisi ha influito in modo diverso nei vari paesi: quelli emergenti hanno aumentato la loro competitività mentre i più sviluppati stanno riprendendo a investire

La congiuntura del marmo e della pietra, negli ultimi 18 mesi, è stata veramente difficile e ha coinciso con il regresso produttivo e distributivo di parecchi paesi di prima fascia. Non era mai accaduto che tanti protagonisti ne fossero coinvolti contemporaneamente, causando effetti tanto più traumatici perché il settore aveva familiarizzato con l'idea di uno sviluppo sostanzialmente indefinito, all'insegna di accelerazioni diffuse.

Una crisi dalle molteplici conseguenze
La crisi del 1929 e degli anni seguenti, aveva colpito soprattutto l'Italia, che all'epoca era il paese leader in campo lapideo, mentre quella dovuta alla seconda guerra mondiale non aveva fatto distinzioni, coinvolgendo tutti. Ora, invece, alcuni produttori hanno pagato duramente, mentre altri hanno potuto circoscrivere gli effetti della recessione e altri ancora hanno continuato a progredire: nel primo gruppo si collocano, per esempio, Stati Uniti, Spagna, Italia e Brasile. Nel secondo, Turchia e Iran; nel terzo, Cina, Egitto e India.

La suddivisione è piuttosto schematica ma corrisponde chiaramente a diversi gradi di reattività, dove la differenza fondamentale è espressa dai costi di produzione, a tutto vantaggio di quelli asiatici e africani. Un caso particolare è il Brasile, che pur avendo costi ugualmente competitivi, almeno rispetto alla media, ha pagato duramente l'aver concentrato quattro quinti del suo export in un solo mercato, quello statunitense.

Cauto ottimismo
Il nuovo esercizio si è aperto con un cauto ottimismo, indotto dai dati macroeconomici dei paesi leader, generalmente in ripresa, fatta eccezione per i livelli occupazionali e, quindi, per alcuni elementi del largo consumo. Per quanto riguarda il settore lapideo, bisogna aggiungere che, soprattutto nei paesi meno coinvolti dal ristagno del 2009, si è colta l'occasione per sviluppare gli investimenti produttivi, grazie alla disponibilità di tecnologie a buon prezzo: in altri termini, le nazioni emergenti potranno aggiungere altri elementi di vantaggio alla competitività acquisita in precedenza.

Spunti di ripresa
Dal canto loro, i paesi sviluppati non possono stare a guardare, ma devono far fruttare gli spunti di ripresa che hanno iniziato a manifestarsi nell'ultimo scorcio del 2009, anche nell'edilizia degli Stati Uniti. Si tratta d'investire in maniera calibrata, non solo nell'ottimizzazione produttiva consentita dall'offerta tecnologica, ma anche nella comunicazione e nella promozione. In definitiva, è ragionevole prevedere che le condizioni generali del settore evolveranno verso una stagione meno difficile, sebbene le conseguenze del trauma non possano essere superate con immediatezza, soprattutto se continueranno a manifestarsi le strozzature creditizie che hanno caratterizzato il 2009.

Verso un'organizzazione mondiale
Nello stesso tempo, è auspicabile che non tutto il male sia venuto per nuocere: ad esempio, non sarebbe fuori luogo che il primo approccio a un'organizzazione mondiale del settore, registrato durante la fiera di Verona, possa tradursi in fatti reali. Si pensi alla razionalizzazione del calendario fieristico e delle nomenclature doganali e alla stessa promozione, che a ben vedere interessano tutti i produttori, grandi o piccoli che siano.
L'incremento demografico, il livello tuttora contenuto dei consumi pro-capite, la domanda di qualità dell'edilizia contemporanea e il progresso incessante nelle tecnologie d'estrazione e trasformazione faranno il resto, permettendo a marmi e pietre di recuperare la tendenza alla crescita.