fuorisalone – Alcune anticipazioni dell'intervento di Alessandro Colombini in occasione dell'evento "Light is in the air" che si terrà il 9 aprile presso la sede de Il Sole 24 ORE di Milano in via Monte Rosa, 91.

Tracciare la storia del lighting design, "disciplina" cui oggi si dedica particolare attenzione e che solo in tempi recenti sembra avere assunto una dimensione di interesse davvero generalizzato, significa in realtà partire da lontano e riscoprire che l'idea della costruzione della luce è fenomeno tutt'altro che recente.

Infatti la suggestione esercitata dalla luce si rintraccia nelle più antiche culture e questo ha portato al tentativo di farla propria e di plasmarla. Avviene quindi che la storia dell'arte e quella dell'architettura - ad esempio - possano essere lette anche rintracciando al loro interno la presenza di figure che si possono considerare dei lighting designer ante-litteram. Ripercorrendo l'analisi delle opere ereditate dal passato possiamo individuare progetti e realizzazioni che sono veri e propri interventi illuminotecnici. Ne è esempio il Pantheon di Roma, costruito nel II secolo d.C., la cui identità architettonica, la cui suggestione e il cui messaggio religioso si formano sul rapporto tra luce e ombra originato dalla soluzione dell'unica apertura posizionata al centro della cupola: l'ignoto architetto ha realizzato un intervento di ligthing design di tale forza da essere ancora oggi la fonte dell'emozione che coglie i visitatori nel fruire di questo spazio. Analogo approccio è stato quello degli architetti e degli artisti del periodo gotico, ben consapevoli del valore emozionale della luce che penetrava all'interno delle cattedrali attraverso gigantesche vetrate colorate, studiate appositamente per sviluppare l'idea della trascendenza  e del legame col divino nel fedele. Lighting designer è stato poi Piero della Francesca che, nel Sogno di Costantino, applica pittoricamente una luce che pare un neon di precocissima invenzione. E lighting designer furono Vignola a Caprarola, nella soluzione della misteriose luce che giunge alla scala elicoidale attraverso aperture studiatissime e completamente  occultate, e Gian Lorenzo Bernini, che ricrea e prolunga plasticamente con legno, stucco e dorature la luce naturale che filtra attraverso il grande oculo posto alle spalle della Cathedra Petri in San Pietro, senza dimenticare, in epoca più recente, il contributo di Le Corbusier a Ronchamp. Attraverso poi figure come Rembrandt, Caravaggio, de la Tour e molti altri artisti, chiarissima è la percezione di quale fosse la consapevolezza nei confronti della luce di questi geni della pittura e di come essi l'abbiano inventata e ricreata ai loro tempi al pari di quanto oggi compie un lighting designer. Lo stesso dicasi per gli Impressionisti che, con l'introduzione delle ombre colorate, anticipano la scoperta dell'RGB, ossia dei colori che compongono la luce bianca. Arte e luce sembrano quindi essere realtà che si muovono in stretto legame, anche molto prima della scoperta della lampadina a incandescenza, fenomeno che ribadisce questo legame. Dalla geniale invenzione di Edison infatti tale connubio è sottolineato dalla produzione di corpi illuminanti di grande poesia, che vedono all'opera artisti raffinatissimi quali Lalique, Gallé, Ruhlmann e poi si connotano della valenza tecnologica originatasi dalle ricerche delle avanguardie e della sperimentazione su materiali e forme. La seconda metà del XX secolo vedrà poi il trionfo del design applicato alla luce, con le straordinarie invenzioni dei personaggi più iconici del panorama internazionale.
La "scoperta" dell'RGB, quindi dei colori che compongono la luce bianca sfociata ad esempio nella produzione realizzata da Artemide in seguito alle ricerche Metamorfosi e My White Light, l'invenzione di sistemi di gestione particolarmente avanzati e la creazione di nuove fonti di luce, tra cui i LED e  gli O-LED, rendono poi il periodo contemporaneo momento di rivoluzione totale nell'ambito del progetto illuminotecnico. Tutto ciò, affiancato dall'imprescindibile necessità di energy-saving e di utilizzo consapevole delle risorse, conduce a coniugare il lighting design a scelte che non siano meramente estetiche ma che siano motivazione del progetto stesso. Le possibilità offerte dal nuovo ambito dell'illuminotecnica permettono realmente di pensare progetti "taylor-made" che siano finalizzati all'interpretazione e alla scoperta dell'identità di ciò che si illumina. La luce e il suo progetto diventano strumento di comunicazione e di promozione in ogni settore: da quello del food, per il quale è possibile realizzare interventi mirati specificamente a seconda delle diverse merceologie, a quello museale e dell'illuminazione delle opere d'arte - di cui possiamo davvero dire quale sia la corretta e  "vera" luce pensata dall'artista che le ha realizzate - a quello sanitario, in cui la luce può dare un  contributo di grande valenza nel definire un maggiore benessere e nell'essere stimolo - in alcuni casi - per la guarigione, a quello dell'entertainment e a quello urbano, per rendere più gradevoli  e più sicure le città o raccontarne la storia: naturalmente con la luce.

Naviglio di luce
Il progetto temporaneo "Naviglio di luce", che ho presentato in occasione del festival LED del 2010 dimostra quanto è possibile realizzare, in questo caso a livello urbano,  con la tecnologia a nostra disposizione.
Focalizzato sulla problematica dibattuta da anni dell'eventuale recupero del corso del Naviglio, canale navigabile indissolubilmente legato alla storia della città di Milano, "Naviglio di luce" proponeva un'alternativa che ovviasse all'immenso lavoro che questo intervento comporterebbe, richiamando la presenza e la memoria del canale con un progetto illuminotecnico che avrebbe ricostruito la traccia di un brano fondamentale per la realtà urbana. L'idea si basava sull'inserimento di corpi illuminanti posizionati nello spessore dei marciapiedi e su balaustre e strutture appositamente realizzate, che simulassero lo scorrere dell'acqua sul percorso oggi interessato dal passaggio delle automobili, al di sotto del quale si trova il canale coperto. Il progetto è stato realizzato in forma temporanea solo nella chiusa di via San Marco, attraverso l'utilizzo di barre e casseforme a LED nei toni del blu intenso e di proiettori speciali che simulavano lo scorrere dell'acqua.
Inserito a guisa di intervento paesaggistico nel contesto della città, il progetto sarebbe stato realizzato con la possibilità di essere utilizzato nella sua intierezza nei momenti di maggior importanza della città e di venire mantenuto in forma permanente solo in alcuni tratti particolarmente suggestivi. L'intento è stato poi quello di tracciare un legame con il tema dell'Expo 2015, dedicato all'alimentazione e quindi anche all'energia e al suo utilizzo consapevole.