Commercio – Lo studio Csil prevede qualche difficoltà per le imprese del nostro paese, che scontano minori dimensioni e investimenti più ridotti di quelle in Germania

L'industria del mobile in Italia nel 2008 avrà il freno a mano un po' tirato, ma sarà ancora in crescita. Il problema della competitività del settore nel nostro paese inizia a emergere con chiarezza, se confrontato con il maggior competitor internazionale, la Germania. Su questi argomenti si è concentrato il rapporto di previsione Csil per il comparto del mobile, giunto alla 25esima edizione.

Il quadro macro
Nel 2008 il rallentamento della domanda mondiale (il Pil dovrebbe crescere del 4,8% secondo il Fondo monetario internazionale dal +5,2% del 2007), accompagnato dall'apprezzamento dell'euro in un contesto d'inasprimento delle condizioni creditizie, avrà delle ripercussioni sull'economia italiana. La crescita del Pil dovrebbe attestarsi intorno a valori prossimi all'1,4%. Il tutto in un quadro di maggior reddito disponibile per le famiglie, grazie anche all'aumento delle retribuzioni per i rinnovi contrattuali, che però non si tradurrà in uno sviluppo dei consumi a causa dell'inasprimento delle condizioni di credito. Sul fronte degli investimenti, dovrebbero calare quelli residenziali, mentre dovrebbero continuare a espandersi quelli in macchinari e attrezzature.
Le ripercussioni nel commercio mondiale di mobili sono nette.

Il ruolo degli Stati Uniti
Per la prima volta in 10 anni, non si registra una crescita delle importazione negli Stati Uniti, vero motore della crescita del settore, con i suoi 25 miliardi di dollari d'importazione. Tuttavia, affermano gli analisti di Csil, le esportazioni continueranno a crescere per toccare i 102 miliardi di dollari correnti nel 2008, pari all'1% del commercio mondiale di manufatti. Di questi, 20 miliardi sono generati dalla Cina (erano 16 miliardi nel 2006). L'Italia (secondo paese esportatore) e la Germania si difendono, mentre crescono le esportazioni dai 12 nuovi paesi Ue, anche per la frammentazione di attività produttive di aziende europee e americane. Il dato nuovo sarà l'effetto sull'economia americana, e quindi sui consumi per mobili, della crisi del mercato immobiliare e dei mutui subprime. Ci penseranno le altre aree del pianeta a sostenere il commercio internazionale: si prevedono incrementi del 3-4% in Sud America, 1-2% in Europa, buone prospettive nei nuovi paesi Ue, in Russia e Asia, più limitate in Giappone.

Il mobile in Italia
La domanda mondiale di mobili in lieve decremento, unita all'accelerazione della domanda interna, si rifletterà sui livelli della produzione, che nel 2008 dovrebbe attestarsi sul +1,4% (rispetto a una stima di chiusura del 2007 di +1,8%). Il consumo interno nel 2008 dovrebbe salire grazie all'espansione dell'occupazione e all'aumento delle retribuzioni e del reddito da lavoro autonomo, in uno scenario di prezzi alla produzione in aumento dell'1,7%. Parimenti, il commercio estero avrà ancora il vento in poppa, e il traino di mercati come la Russia, la Francia, la Spagna limiterà i danni delle difficoltà sul mercato statunitense. La crescita delle esportazioni, di conseguenza, dovrebbe attestarsi su un livello di +4,8%. Anche le importazioni, stimolate da una domanda interna favorevole, cresceranno in maniera robusta (+8,6%).

Germania e Italia a confronto
«Questi due paesi si giocano la partita europea del mobile», spiega Massimo Florio, presidente del comitato scientifico Csil, ricordando come i due player, numeri alla mano, siano in parte simili, ma molto differenti quanto a dati strutturali. Simili perché sono i principali produttori di mobili in Europa e i maggiori esportatori a livello mondiale (preceduti solo dalla Cina), utilizzano gli stessi materiali per i prodotti e impiegano tecnologie avanzate, investendo su macchinari e impianti.
In Italia le imprese del mobile sono quasi 31mila con 204mila addetti, mentre in Germania 165mila addetti lavorano in 9mila aziende. Ne discende che le dimensioni medie delle imprese sono diverse: 6,7 addetti per impresa in Italia e 18,3 in Germania. Il sistema genera 19,5 miliardi di euro di fatturato in Italia e 16,3 miliardi in Germania; però il fatturato per addetto è di 95mila euro nel nostro paese e di quasi 100mila in Germania.

Le differenze non sono finite, perché negli ultimi dieci anni (lo studio di Csil prende in esame il periodo 1996-2006), la produzione in Italia è cresciuta fino al 2000 e ormai da sette anni si è stabilizzata, mentre in Germania al calo della produzione registrata dal 1995 al 2001 ha fatto seguito una ripresa che dura da qualche anno. «L'Italia si è fermata, la Germania sta ripartendo», ha sintetizzato Florio.
Ci sono anche differenze più marcate, se si considera la struttura dei costi: il costo del lavoro in Germania incide per il 30% sul fatturato, in Italia per il 20%, con un salario orario netto rispettivamente di 11 e di 7 euro. Anche la produttività è a vantaggio dei tedeschi, con 42mila euro di valore aggiunto per addetto, contro 32mila (al 2005). Quindi dal punto di vista dei costi, la Germania è più “appesantita” dell'Italia.

La competitività premia i tedeschi
Questo non si riflette sui prezzi, ma sulla competitività: il contenuto di prezzo per chilogrammo di mobile in Germania è stazionario, in Italia tende a crescere. Se guardiamo al grafico delle esportazioni negli ultimi dieci anni, la variazione media annua per l'Italia è stata del 2,2%, mentre quella della Germania del 6,8%.
Anche i mercati di destinazione sono diversi: se la Germania presidia il cuore dell'Europa, per l'Italia al quarto posto (dopo Francia, Regno Unito e Germania) ci sono gli Stati Uniti (economia in rallentamento) e al quinto la Russia (paese con un rischio oggettivamente elevato). Tanto più che mentre la Germania ha aumentato le quote di mercato un po' dovunque, l'Italia ha perso terreno tranne che nel Regno Unito e in Russia. La difformità di performance vale per tutti i comparti del sistema mobile-casa: dalle cucine all'illuminazione, per arrivare agli elettrodomestici.

L'esempio del settore cucina
Proprio la cucina è un esempio illuminante. Il crescente successo dei produttori italiani in campo internazionale è forse l'elemento di maggior rilevanza del comparto negli ultimi anni, che hanno visto crescere le esportazioni dal 2001 al 2006 a un ritmo medio annuo del 7,8%. Nello stesso periodo, però, le cucine tedesche sono aumentate dell'8,2%.
«Nel mercato del mobile - spiega Florio - l'Italia sta perdendo quote di mercato e la Germania guadagna terreno. Come mai? Essenzialmente perché il modello è basato sull'integrazione internazionale dei processi produttivi e distributivi. Un esempio è la produzione e l'importazione di parti di mobili, decisamente elevata. Questo è possibile perché il produttore assembla parti di mobili prodotte altrove anche da aziende partecipate. È un po' la logica seguita dall'industria dell'auto con la creazione di piattaforme di supporto al progetto, diverse dalla semplice delocalizzazione per ridurre i costi».

Paolo Zanibon, direttore generale di Acimall, lancia un monito al sistema del mobile: le imprese tedesche stanno investendo in misura rilevante in tecnologie, grazie anche alle loro dimensioni. Basta l'esempio di Nobilia: 700 milioni di euro di fatturato nel 2007, una quota di export del 34%, che ha effettuato investimenti nel 2007 per 23 milioni di euro. Una cifra pari o superiore al giro d'affari di un gran numero di aziende italiane di cucine e di mobili per la casa.