testo a cura di Carlotta Eco




Il ponte spezzato, Xavier Font Solà
testo a cura di Carlotta Eco

SCHEDA PROGETTO

Luogo: Fra Sant Celoni e Santa Maria de Palautera (Spagna)
Committenza: Municipalità di Sant Celoni e di Santa Maria de Palautordera,
Associazione Pont Romà 2000
Progettisti: Ing. Xavier Font Solà, Alfa Polaris SL
Impresa di costruzione: SAPIC
Fornitore acciaio: ArcelorMittal (www.arcelormittal.com)
Lavorazione acciaio: TAMANSA
Tempi progetto: 1997 - 2000
Tempi di realizzazione: 2000 -2003
Lunghezza: 72 metri, larghezza circa 5 metri
Peso acciaio: 80 tonnellate
Costo complessivo: Euro 1.200.000,00
Fotografie: @ Xavier Font Solà

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Intro

In Catalogna, a 50 km nord-est da Barcellona sorgono due villaggi, Sant Celoni e Santa Maria de Palautordera. Separati dal fiume Tordera, sono stati collegati per secoli da un antico ponte pedonale, in rovina da più di un secolo: il Pont Trencat (il "ponte spezzato" come viene chiamato dagli abitanti). Il ponte è in pietra e ha nel tempo assunto un'identità strettamente legata alla sua rovina. Con l'intento di conservare l'antica identità si è deciso di ricostruirlo, contrapponendo alla parte antica in pietra una struttura moderna in acciaio tipo corten, ed esaltando la differenza fra passato e presente.

i due archi a sesto acuto: la parte nuova in acciaio, la parte antica
in pietra (1,2,3) l'innesto della trave nell'arco(4)

l'acciaio patinato(1) i parapetti della trave scatolare (2,3) l'illuminazione (4)

Storia del ponte

Il fatto di sorgere lungo la via Augustea ha avvalorato l'ipotesi di un origine romana del ponte. Va tuttavia rilevato che nei dintorni non sono stati fatti ritrovamenti archeologici in grado di provare tale ipotesi.
L'unica costruzione documentata è quella di lavori di ristrutturazione, risalenti al 1453, ai quali si fa risalire la forma ad arco a sesto acuto tipica di quel periodo.
Nel 1811 gli spagnoli fanno saltare l'arco principale nel tentativo, inutile, di impedire l'avanzata napoleonica che aveva raggiunto il fiume Tordera. Poi è stato l'abbandono sino a quando, nel 1997, un'associazione (Associazione Pont Romà 2000) si è posta l'ambizioso obbiettivo di raccogliere fondi per la ristrutturazione del ponte. Lo scopo dei cittadini era non solo quello di restaurare il monumento, ripristinando un punto di passaggio, ma anche di attivare un progetto che fungesse da catalizzatore in grado di indurre diverse istituzioni a bonificare le sponde degradate del fiume e migliorare, in tal modo, l'intero paesaggio. In due anni l'associazione è riuscita raccogliere fondi dall'Unione Europea, dalle istituzioni locali e regionali, e da alcune aziende locali. Per implementare la raccolta fondi si sono create mostre e siti web durante tutta la fase di progetto. Finalmente, nel 1999, le istituzioni hanno deciso di avviare un progetto e procedere alla ricostruzione.

immagine della distruzione del secondo arco (1)
cartolina del "ponte spezzato" (2) il ponte prima dell'intervento (3,4)

L'approccio al restauro

Il ripristino funzionale di un monumento in rovina ha messo i progettisti di fronte a due alternative: riedificare il ponte come si pensava che fosse, oppure integrarlo ricostruendo in chiave moderna la parte mancante. Questo significa una scelta di tipo teorico fra due posizioni contrapposte: le teorie del restauro conservativo (che sostengono il restauro stilistico dei monumenti) e quelle di Camillo Boito e Alois Riegl; secondo i due teorici ottocenteschi, qualora le parti originarie non siano nettamente distinguibili dalle successive modifiche, un monumento viene falsificato. Il progetto approvato, elaborato e seguito nella realizzazione dallo studio di Ingegneria Alfa Polaris, esprime appieno i principi goitiani:il contrasto tra la rovina in pietra e la parte di ponte ristrutturato in acciaio è un evidente, inequivocabile segno di contemporaneità. L'analisi storica sui documenti d'archivio è stata affiancata a una ricerca archeologica sulle rovine, a un'indagine geologica sullo stato del letto del fiume e, infine, a una ricerca geotecnica e topografica. Le ricerche tuttavia non hanno portato a conclusioni certe. Sulla forma dei due archi a sesto acuto prima del restauro del 1453 si possono fare solamente supposizioni: è possibile che fossero a tutto sesto e probabile che fossero di dimensioni diverse. 

progetto (1,3) rilievo stato di fatto (2) sezione della trave a forma di vasca (4)

Consolidamento dell'esistente : le mura antiche e le fondamenta

I preesistenti muri in pietra sono stati consolidati per mezzo di sei barre in acciaio da 32 mm inserite trasversalmente, facendo attenzione che l'intervento non modificasse visivamente la struttura originaria. Diverso è stato l'approccio alle fondamenta. Qui si è reso necessario un intervento di consolidamento del sottosuolo, soprattutto per il piede d'appoggio del nuovo arco che gravava su un terreno ghiaioso e instabile. A questo scopo è stata realizzata una gabbia in ferro composta da 28 micropali (del tipo Inschebeck Titan 73/53) posta a profondità di 5 metri: una sorta di àncora per i "piedi" del ponte normalmente soggetti alle spinte delle correnti del fiume. Per il consolidamento delle "pile" (termine che in ingegneria civile definisce i punti d'appoggio del ponte) si è scelto di utilizzare il cemento, lasciato a vista sia ai lati delle mura in pietra della parte antica sia nelle "pile" nuove, che assumono una forma geometrica propria.

Un arco in acciaio riempito di cemento

Per trovare una mediazione fra esigenze estetiche, funzionali e strutturali è stata utilizzata una tecnica mista: una struttura in parte riempita di cemento. Un nuovo arco è infatti stato realizzato in officina. La struttura, in acciaio scatolare rinforzato internamente da staffe di irrigidimento a "croce di Sant'Andrea", riprende la forma a sesto acuto dell'arco preesistente e copre una luce di 24 metri. L'arco doveva sorreggere, per appoggio e a incastro, una trave composta da due coppie di travi scatolari, sempre in acciaio, alte ben tre metri. La forma della sezione a "vasca" avrebbe permesso di contenere sia la passerella pedonale sia, al contempo, fungere da parapetto. La dimensione, e in particolare la larghezza, di arco e passerella, era derivata dalla scelta estetica di riprendere le proporzioni della forma preesistente. Cosa che avrebbe comportato problemi di stabilità. Per rendere le strutture scatolari più pesanti, e consolidarle rispetto alle spinte del vento, sia le basi dell'arco sia il fondo della trave a forma di vasca sono stati riempiti con cemento. L'appoggio delle travi passerella oltre che sull'arco nuovo avviene all'interno dell'arco in pietra, lasciando intravedere solamente il rosso del parapetto dell'acciaio patinato. L'azienda produttrice, sita a Gava a circa 70 km di distanza, ha trasportato via camion la struttura suddivisa in cinque parti: due per il nuovo arco e tre per la "trave passerella". Una volta installati in loco, i pezzi sono stati saldati fra loro.

montaggio dei due pezzi di arco (1,2) inserimento trave passerella
riempita in cemento(3) montaggio di due pezzi di trave (4)

fase di montaggio (1) il ponte finito (2,3)

La scelta dell'acciaio e i lavori di completamento e finitura

Il materiale scelto per la parte nuova è l'acciaio patinabile noto per le sue caratteristiche estetiche, il color ruggine che ricorda la terra rossa e la superficie ruvida, è risultato facilmente abbinabile alla pietra. Il tipo utilizzato in questo caso (l'Indaten) appartiene a una gamma di acciai resistenti alla corrosione atmosferica, tra cui quelli conosciuti con il termine "wheatering steel", che rispettano i requisiti standard EN 10025-5:2004. Il particolare colore caldo si ottiene dopo la naturale esposizione agli agenti atmosferici, grazie allo sviluppo della patina - uno strato di ossido - che si lega fortemente alla superficie dell'acciaio e lo protegge.
A completamento del ponte, i lavori di finitura hanno interessato una pavimentazione in legno, per le parti nuove, e una in pietra per quelle originarie.
Il sistema di illuminazione, infine, è stato previsto sia a pavimento sia all'interno del corrimano.