Il sex appeal dell'inossidabile

Testo di Roberto Masiero

La metallurgia è del tutto insignificante per l'architettura sino alla seconda metà del Settecento. Il ferro viene dapprima usato come aggraffaggio nei sistemi costruttivi greci e romani, quindi in forma di tirante nelle grandi volte della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli. Non ne troviamo traccia significativa nel Romanico. Compare spesso nell'architettura gotica nelle finestre o nei trafori dove delle barre assumono una funzione stabilizzante, e in alcune volte dove il ferro ha funzione di tirante.All'inizio del XII° sec. Leone di Ostia descrive alcune ipotesi di 'travi' in bronzo e, nel Rinascimento, Venanzio da Sebenico ipotizza la realizzazione di ponti in bronzo e preconizza l'idea della sezione a doppio T.

Nel Seicento Perrault utilizza zanche in ferro nella costruzione del Louvre e Poleni nel Settecento 'lega' con ferro la cupola michelangiolesca di S.Pietro a Roma che presentava preoccupanti fessurazioni, elaborando per la prima volta un sistema di calcolo per controllare la costruzione. Il bronzo è usato come rivestimento dell'esterno della cupola in calcestruzzo del Pantheon romano, e il piombo per la copertura della cupola lignea della cattedrale di St. Paul di Wren.

Tutto qui. Per più di duemila anni le architetture del mondo occidentale (e che architetture!) non hanno avuto bisogno, se non marginalmente, dei metalli. Dalla metà del Settecento il metallo afferma progressivamente la propria 'superiorità' rispetto ai tradizionali materiali da costruzione e da allora incomincia l'invasione: diventano di metallo colonne, travi, facciate, strutture, serramenti, solai, coperture. Un viaggio fatto di grandi imprese costruttive, economiche, scientifiche, sociali e, alfine, anche architettoniche, che va raccontato, se non altro, perché sembra terminare in modo inquietante.

Dapprima è l'ingegnere civile (o l'imprenditore-inventore) che governa l'innovazione tecnologica. Potremmo iniziare con il ponte sul Severn presso Coalbrookdale (1776/79). Per la prima volta la ghisa è adoperata come elemento fondamentale per una intera costruzione. Non furono impiegati chiodi, né bulloni. Pur essendo ancora progettato in analogia con i modelli lignei e senza un preventivo calcolo del comportamento a trazione, compressione e torsione degli elementi costruttivi, aprirà al nuovo 'immaginario' costruttivo. Da allora la ricerca dell'ingegneria (diremmo oggi, civile ed edile) sarà rivolta alle tecniche di forgiatura, laminazione, rivettatura, saldatura e allo studio del comportamento di pilastri, archi, travi, scheletri, telai e strutture reticolari. Se prima il costruire era mettere i corpi in equilibrio statico, equilibrio che rinviava a un generale principio dell'ordine, della proporzione e soprattutto della simmetria, da questo momento in poi il costruire sarà un governare le tensioni. La simmetria perderà il proprio valore normativo e il costruttore metterà in mostra il suo potere, cioè la tecnica. Si legittimeranno l'etica e l'estetica della forma che segue la funzione, della verità dei materiali e dell'ostentazione delle tecniche. Il tutto all'interno di una stretta relazione tra rivoluzione industriale, impresa, innovazione e scienza.

Gli esempi più significativi nell'Ottocento: i ponti sospesi di Finlays (dal 1807); il ponte sul Menai di Telford (1826), il ponte del Carrousel di Polonceau a Parigi in elementi tubolari in ghisa (1823); il ponte Britannia di Stephenson nel Galles (1850); il ponte di Brooklyn di Roebling (1883); il ponte a mensola Forth Rail, in Scozia, di Fowler e Baker (1890). Il ponte! Grande metafora: ciò che unisce le rive, il qui e l'altrove, il possibile e l'impossibile.

Le costruzioni metalliche da una parte si alimentano dell'oggettività della scienza, dall'altra danno vita a grandi metafore. Così le serre. Si pensi a quella di Paxton a Chatsworth (1836) e a quella di Burton a Kew Garden (1844). Che cosa è una serra se non ciò che tiene in gabbia la natura? Il ferro si farà strada con la ferrovia. Dal 1830, primo servizio tra Liverpool e Manchester, le rotaie invadono i territori e le città, chiedono sempre nuovi ponti e penetrano al centro delle nascenti metropoli, fermandosi nelle nuove stazioni (La gare de l'Est a Parigi di Duquesney e Sermet, 1847; la Paddington Station di Londra, di Brunel e Wyatt, 1852). Penetreranno nel sottosuolo con le metropolitane (le stazioni di Guimard, 1900). Là dove non arriva il treno arrivano i piroscafi di metallo, come il gigantesco Great Western di Brunel del 1854: 4000 passeggeri, 400 uomini di equipaggio, per un carico di 6000 tonnellate. La rete, che porta con sé il grande arcano della merce, si farà planetaria.

Sono gli studi sulla resistenza delle rotaie e sulla loro profilatura che permetteranno la progettazione delle pensiline e grandi coperture delle stazioni e la nascita della tipologia del grattacielo a Chicago: costruzione a struttura metallica, curtain wall, open space, estetica del rivestimento. Le merci devono essere mostrate nei mercati (Le Halles di Baltard, Parigi 1852), nei 'Passages' e nelle 'Galeries' (la Galleria d'Orléans di Fontaine, Parigi 1829), nelle esposizioni universali (il Crystal Palace di Paxton, Londra 1851; la Torre di Eiffel e le Halle des Machines di Contamin e Dutert, Parigi 1889), nei chioschi, nelle edicole, nei grandi magazzini (dalla Galerie de Fer di Tavernier, 1829 sino ai magazzini Lafayette di Chanut, 1909). È l'apoteosi del ferro.
Ferro e finanza vanno a braccetto: le Borse avranno la loro cupola in metallo , nella moderna religione del denaro e del progresso (la Halle au blé, Parigi,1807). Così come vanno in sintonia ferro e costruzioni industriali (Shrewsbury Mill,1797, di Badge, la fonderia Sayner 1830, di Althans, la fabbrica di Bogardus a New York del 1848, il Sheerness Boat Store di Greene del 1858 e la fabbrica di cioccolato di Saulnier a Noisiel del 1872).

Dall'inizio dell'Ottocento alcuni architetti, mettendo in discussione la loro formazione accademica, provano a utilizzare sia il ferro che la ghisa. Giocano con il potere che è loro concesso dalla riproduzione 'a stampo' (Nash nel padiglione di Brighton, 1815); provano a ripensare i sistemi di copertura (il Circo di Parigi di Hirtoff, 1839); provano una nuova nobiltà costruttiva negli spazi interni pubblici (Dianabad a Vienna, di Förster e Etzel, 1842 o la biblioteca di St. Geneviève di Labrouste a Parigi,1843); costruiscono chiese mimando il gotico (da S. George di Rickman, Liverpool, 1812, a Notre Dame du Travail, di Astruc, Parigi 1899); provano a pensare a facciate e a telai costruttivi in ghisa (l'Oriel Chambers a Liverpool di Ellis,1864); si inventano una nuova tipologia costruttiva e abitativa con i grattacieli (la scuola di Chicago); usano il ferro per complesse strutture edili per rivestirle (Garnier nell'Opéra di Parigi, 1863); ne faranno occasione per un nuova filosofia del costruire: Viollet le Duc nei suoi scritti teorici (gli Entretiens del 1863/72).

L'Art Nouveau farà del ferro la sua poetica. Il ferro battuto si fa 'fiore' come se la cultura dovesse rappresentare una struggente nostalgia di una natura oramai in gabbia. Si farà sguardo sospeso, aereo, d'aquila, con la grande ruota, la Ferris Wheel, per l'esposizione di Chicago del 1893. Tra fine `800 e primi `900 tutti gli architetti si misurano con la tecnologia dell'acciaio per risolvere problemi statici, dimensionali e di luce. Usano questa tecnologia per spazi interni e per grandi vetrate, ma l'involucro è ancora lapideo, laterizio o cementizio: Wagner all'interno della Postsparkasse,1903; Perret nella vetrata del Garage del 1905, Behrens nella fabbrica AEG del 1908; Gropius nelle officine Fagus, 1911, e così di seguito sino ai giorni nostri.

Nello stesso periodo alcuni inventori, studiando il più leggero dell'aria, elaborano ipotesi di costruzioni tetraedriche o in nodi tridimensionali standardizzati, fatte di piccoli tubi d'acciao. È il caso di A.G. Bell e della sua torre del belvedere, del 1907, alta 28 m, il cui peso non superava le 5 t. Ma chi si porrà il problema del cambiamento complessivo della stessa logica costruttiva e progettuale (dove la questione non è solo quella dello scheletro, del rivestimento o della leggerezza) a fronte della potenza e del significato delle nuove tecnologie dell'acciaio? Ecco i nomi e le opere (ovviamente con valenze diverse): Taut, il padiglione in acciaio per l'esposizione di Lipsia del 1913; Tatlin con il monumento alla Terza Internazionale del 1919, Mies con il progetto di un grattacielo in ossatura metallica e vetro, del 1919; Fuller con la Dymaxion House del 1927; Bartning con la chiesa smontabile per una esposizione a Colonia, nel 1928; Chareau con la Maison de Verre del 1930; Le Corbusier con il progetto del padiglione dei Temps Nouveaux per l'Esposizione mondiale di Parigi del 1937, S. Charles Lee nell'Academy Theater a Chicago del 1939, e ancora Mies, dopo uno straordinario lavoro sull'essenza stessa del rapporto tra materiali e costruzione, nella casa Farnsworth del 1946.

Un momento fondamentale è stata l'esposizione del Werkbund a Stoccarda nel 1927 dove sul tema della casa urbana in acciaio si sono cimentati Oud, Rietveld, Rading, Muche, Gropius e Mies. Da una parte la ricerca a far sì che lo spazio diventi esso stesso struttura, configurazione logica, evidenza, verso una connotazione prelinguistica, asettica, nel dominio della concettualizzazione e del minimale, dove la dimensione 'lirica' viene continuamente sospesa e rinviata, la tecnica stessa viene inibita ripetto alla sua volontà di potenza.

Nel secondo dopoguerra questa radicale esperienza genererà le Study Houses californiane in particolare quelle di Eames e Koenig, molti progetti di Ellwood. La struttura 'costruttiva' diventerà linguaggio autonomo con la forza degli appartamenti Lake Shore Drive a Chigago di Mies del 1948 e della Lever House a New York di Skidmore, Owing & Merril del 1951. Dall'altra la volontà di liberare lo spazio da ogni vincolo-forma per trasformare la costruzione in una ragnatela, superficie libera, aerea, fatta di tensioni puntiformi, elastiche, strutturaliste. Due diverse tendenze, la prima inquietante, la seconda progressista e consolatoria. La prima che prova il sempre eguale e il senza tempo, la seconda variegata e sperimentalista, disponibile, caso per caso alle molte possibilità, e sempre votata - anche criticamente - alla tecnica. Le figure più significative: Prouvé, che aveva nel 1931 ottenuto il brevetto per un sistema di pareti di separazione a elementi di lamiera di acciaio, ma poi aveva lavorato con Le Corbusier per definire un progetto 'occasionale e mobile', in acciaio, l'Ecoles volantes del 1940, comprendendo così la valenza architettonica di queste tecnologie ; Wachsmann con i suoi studi sulle congiunzioni metalliche e con il suo progetto di aviorimessa del 1951, Fuller la cui visionarietà troverà 'sfogo' negli Archigram (acciaiosi, come pochi, nella loro utopia ) e in Price, che firmerà il progetto di Lord Snowdon per la voliera dello zoo di Londra del 1964; Otto che svilupperà la ricerca sulle tensostrutture; Sterling e Gowan che nei progetti della università di Leicester del 1959 e nella biblioteca di Cambridge del 1964 daranno dimensione tecnico-estetica alla 'revisione' dell'idea stessa di struttura, proposta negli anni Venti dalle avanguardie russe; Foster e i Coop Himmelblau che daranno forma ai processi di decostruzione mettendo in inedita simbiosi tecnica ed estetica; Tschumi che nel progetto per la Villette a Parigi farà della tecnica costruttiva e di un suo pattern predefinito l'occasione per determinare una vera e propria grammatica formale e ambientale; Renzo Piano che prova in tutti i suoi progetti una consolatoria rinaturalizzazione della tecnica.

Gli estremi di questa divaricazione progettuale nella seconda metà del Novecento sono la Galleria Nazionale di Berlino di Mies del 1968, e il Beaubourg di Piano e Rogers del 1971. Rimane sempre presente al di là di questa divaricazione (che non tiene per altro conto di altre tendenze presenti nel secondo Novecento come il Postmodernismo e il Regionalismo che solo parzialmente hanno a che vedere con l'estetica del metallico) il fascino dell'anodizzato, dell'asettico, dell'inossidabile.

Nel film di Cameron, Terminator 2, il cyborg T-1000 si 'decompone', nella violenza dei molti scontri e conflitti, diventando massa informe di acciaio liquido o di magma mercuriale che, riformandosi e metamorfizzandosi, riprende sempre forma di androide. Riprendendo forma parti del suo corpo si deformano in protesi tecno, ad esempio facendo diventare il suo braccio una sorta di spada. Morirà - si fa per dire - solo quando cadrà all'interno di un altoforno sciogliendosi nella sua materia originaria: il grumo denso e magmatico del metallo liquefatto dal calore. L'androide non è più meccanico, ma metal-genetico. L'organico non appartiene più solo al regno animale o vegetale ma anche a quello minerale. Il corpo è tecno così come il tecno è corpo. Il corpo è strumento, così come lo strumento è corpo. Allora le parti del 'corpo', possono essere tra loro organicamente autonome. Non è detto che un cuore artificiale debba necessariamente avere la forma del cuore naturale, anzi. Forma e funzione, mezzo e fine, non hanno così più una giustificazione metafisica in comune. Solo fiction? È forse finzione la nascita (sic!) di nuove leghe a memoria di forma che hanno elasticità attiva e che prendono configurazioni diverse a seconda delle temperature a cui vengono sottoposte? Un minerale che ha in sé una memoria? Che può reagire a stimoli? È a dir poco inquietante. L'inossidabile dell'acciaio-corpo esprime allora non solo la nostra potenza tecnica, ma anche il nostro rapporto sensibile con il mondo. L'inossidabile è scostante, immarcescibile, spietato. Si impone perché incorruttibile ed esente da ogni possibile decadenza. Il mondo con tutta la sua immane sporcizia gli passa accanto, lo sfiora, può lasciare un qualche residuo che presto sarà purificato. L'inossidabile non ammette contaminazioni. Il suo sogno (il suo destino?) è la purezza assoluta, tecnica, innaturale, astorica, inumana, che può venire come T-1000 da un 'altro' tempo. Nel frattempo il mondo continua a essere 'sporco' e qualcuno (Ghery) affronta il problema (al di là dell'organico) costruendo pelle-scheletro dell'architettura in titanio, nella seduzione della forma-informe e della disincantata purezza. Forse tutti noi sognamo che il mondo sia diverso da com'è, ma non abbiamo più (?) il coraggio di cambiarlo. Ci consoliamo con l'inossidabile.

Case Study House n°8, Pacific Palisades, 1945, C. Eames

Case Study House n°8, Pacific Palisades, 1945, C. Eames

Pompidour Center, Parigi, 1971, R. Piano e R. Rogers

Pompidour Center, Parigi, 1971, R. Piano e R. Rogers

Chiesa per una esposizione, Colonia, 1928, O. Bartning

Chiesa per una esposizione, Colonia, 1928, O. Bartning

Ponte presso Coalbrookdale (1776/79)

Ponte presso Coalbrookdale (1776/79)