Mercati – Il 4% dell'export italiano di macchinari è assorbito dal Regno Unito

L'industria lapidea si è sviluppata, durante l'ultimo ventennio, con una velocità sostanzialmente doppia rispetto a quella dell'intero sistema economico, ma in alcuni Paesi l'accelerazione è stata ancora più forte. È il caso del Regno Unito, dove la crescita è stata quasi esponenziale, a vantaggio prioritario di produzioni ed esportazioni estere, perché in Gran Bretagna la tradizione estrattiva è piuttosto modesta, e quella trasformatrice è limitata al momento artigianale. Non a caso, l'export britannico è sempre stato ininfluente, mentre l'import ha progredito con vigore, raggiungendo 1,4 milioni di tonnellate, contro le 250 mila del 1994 e, quindi, aumentando di sei volte il volume degli acquisti. La composizione di questo mix vede una discreta prevalenza del prodotto finito, con un'incidenza dell'ardesia largamente superiore alla media, ma il grezzo ha fatto registrare aumenti non meno significativi, passando dalle 100 mila tonnellate del 2001 alle 560 mila del 2007: segno che le attività trasformatrici hanno potuto contare su notevoli investimenti, non tanto nelle segherie, quanto nei laboratori, attraverso la maggiore disponibilità di lastre a piano sega. Ne consegue che il mercato inglese ha dato risultati lusinghieri sia per la vendita dei materiali che per quella delle tecnologie.

Nuovi protagonisti sul mercato inglese
In passato, l'uso lapideo nel Regno Unito era prevalentemente limitato alla funeraria, con buon successo prioritario del marmo bianco, ma in seguito si è diffuso largamente nell'edilizia, soppiantando quello del laterizio, almeno nelle commesse di fascia elevata. Questa è la ragione principale dell'aumento dei consumi superiore alla media mondiale, cui si possono aggiungere la disponibilità di trasporti celeri, e un'intelligente opera di promozione, in specie attraverso le fiere britanniche. L'Italia, che un tempo era regina di questo mercato, a cui forniva la maggioranza assoluta dei suoi approvvigionamenti, ha visto ridurre progressivamente la propria quota, che è scesa da quasi due terzi a poco più del 15%, ma che conserva cifre assolute di tutto rispetto: l'ultimo dato disponibile evidenzia spedizioni per 220 mila tonnellate, a cui corrispondono circa otto milioni di metri quadrati equivalenti, a spessore convenzionale. Altri protagonisti, in effetti, si sono affacciati con successo sul mercato britannico: tra di essi, la Spagna, che controlla la quasi totalità degli acquisti di ardesia, e naturalmente, la Cina e l'India, in testa alle forniture di granito. Va meglio per l'export italiano di macchine ed impianti, che continua a fruire di ampie preferenze, pur nell'ambito di una maggiore volatilità della domanda, che del resto è tipica della tecnologia di base. La produzione domestica è molto limitata anche in questo campo, e lo sviluppo del settore ha dovuto trovare supporti maggioritari nel macchinario d'importazione.

Una tendenza positiva a lungo termine
Nel 2007, l'Italia ha raggiunto nuovi massimi nell'esportazione di tecnologia lapidea verso il Regno Unito, sia in volume che in valore, con un prezzo medio soddisfacente, superiore ai 10 mila euro per tonnellata. Il mercato inglese delle macchine, insomma, è di notevole rilevanza, essendo in grado di ricevere il 4% delle vendite italiane all'estero. Tornando a marmi e pietre, è da mettere in evidenza che nel 1994 il Regno Unito aveva ricevuto un volume complessivo pari all'1,7% dell'interscambio mondiale; e che nel 2007 tale incidenza è quasi raddoppiata, raggiungendo il 3%. Ciò significa, al di là di ogni ragionevole dubbio, la validità delle politiche distributive e promozionali di tutti gli esportatori che hanno deciso di puntare sul mercato britannico e di investire in conseguenza. Del resto, nonostante il progresso degli ultimi anni, l'impiego pro-capite è sempre relativamente basso e consente di prevedere la conferma della tendenza positiva anche nel medio termine: la lunga “fame” lapidea della vecchia Inghilterra continua a pagare.