intervista ad Aimaro Isola

Aimaro Isola ci riceve nel suo nuovo studio torinese di via Mazzini, fra gli innumerevoli rotoli dei disegni e dei plastici ancora ammassati dopo il trasloco dal celebre studio di via Sacchi.

D.  Come interpreta il tema delle superfici esterne: le considera ancora come facciate o come pelle?
R.  Non credo che possano essere considerate separatamente, certo che in tutti i nostri rapporti il corpo c'entri molto, oggi più che ieri è riservata una grande attenzione al nostro corpo, la pelle è intesa come un filtro per il benessere del corpo, racchiude ma lascia trasparire. Il dire "pelle" vuol forse dire il non finestre, ma anche nella nostra pelle a volte si aprono degli occhi, degli opercoli delle aperture, è la presenza della porta che interagisce. Forse l'errore è quello di considerare la pelle infinita. La pecca di molti strutturalisti come Nervi è quella di pensare invece d'altra parte all'ossatura come dominante.

D.  In che modo l'ambiente, il contesto condiziona il progetto e in particolare il rivestimento esterno? L'architettura di paesaggio e la determinazione morfologica del luogo diventano strumento per prefigurare le sue possibili trasformazioni ?
R.  L'architettura di paesaggio è fondamentale come il concetto di mimesi, penso sempre alla mimesi non in quanto identità, ripetizione di quanto è già esistente, ma nel significato aristotelico di trovare unità nel molteplice, ossia "fare emergere da". L'architettura deve essere un momento di rottura dalla natura ma contemporaneamente di continuità. Non dovrei dirlo, ma mi interessa sempre meno l'architettura, quanto trovo più interessante la superficie, la pelle della terra, l'erba, le piazze che prolungano il luogo che progettiamo. Non mi piace posare l'oggetto architettonico senza pensare al contesto. Oggi la scommessa grossa deve essere sul paesaggio, quella di ripensare i nostri paesaggi attraverso l'architettura. Nell'Unità residenziale ovest a Ivrea il tetto-terrazza è la vera facciata verso il cielo; in una land-architecture di cemento, alluminio e vetro l'uso di materiali come la terra e l'erba sono vere e proprie "pelli", sono materiali come altri.

D.  E nella realtà urbana?...
R.  Questo verde bisogna farlo entrare nella città dalla campagna e dalla collina. Può avere una continuità nel parco, nel giardino pubblico... nel balcone, per quanto riguarda l'architettura residenziale, attraverso un messaggio di continuità di quanto da fuori viene portato dentro e viceversa.

D.  La facciata secondo lei ha un ruolo nella relazione tra natura e architettura per una possibile integrazione al genius loci e alle tradizioni locali?
R.  La pelle può essere uno strumento per l'evocazione della memoria del luogo. La scelta di materiali ad hoc favorisce il dialogo con la memoria e con la storia come per esempio è successo nel progetto per gli Uffici giudiziari ad Alba (1982-87) con murature rivestite in pietra a spacco oppure nel Monastero delle Carmelitane a Quart (1984-89) con le coperture rivestite in pietra.
Tuttavia io non ho mai creduto molto al genius loci, il genius loci bisogna inventarlo: gli dei ormai sono scappati, per fortuna. Penso però che gli edifici che noi realizziamo siano necessariamente statici, dobbiamo farli appartenere a quel luogo, un luogo che c'è e che ci sarà, devono creare un paesaggio e un ambiente, devono creare luoghi d'abitare. Recentemente noi tutti abbiamo dimenticato questa continuità tra interno ed esterno. La pelle in questo caso è "poro" vero e proprio filtro. Anche per quanto riguarda l'uso dei materiali è importante realazionarsi al paesaggio, non possiamo decontestualizzarci dal paesaggio.
Nel progetto per la Casa solare di Orbassano (1982-84) sono presenti due ampie pareti vetrate a doppio involucro con funzioni di "serra", spazi accumulatori di calore durante l'inverno e ventilatori durante l'estate. È una soluzione in seguito approfondita in occasione del concorso alla Bicocca e per il Quinto Snam a Milano?
Nel palazzo progettato per la Snam è intenzionale la simbiosi dell'interfaccia con la natura, l'organicismo e il biomorfismo contrapposto all'artificiale e al tecnologico. Le pareti vetrate sono a doppio involucro coronate da terrazze verdi. Il sistema-serra consisteva in questa doppia pelle divisi da piano a piano. In questo caso la pelle della terra è stata portata in alto. È l'adesione di una epidermide "naturale" su un derma artificiale. L'involucro è pensato come sequenza di strati vegetali. Nell'idea progettuale è stato stracciato un grande cerchio; un gioco poteva essere quello di creare un paesaggio dove non c'era e chiudere almeno ai piani terreni questi anelli vegetali a C o a L. L'idea era quella di ricreare per gli uffici dei dirigenti la tipologia dell'attico.

Tratto da "La pelle degli edifici", supplemento di AREA n. 64, Federico Motta Editore

Gabetti & Isola, Quinto palazzo SNAM

Gabetti & Isola, Quinto palazzo SNAM

Gabetti & Isola, Quinto palazzo SNAM, disegni preparatori

Gabetti & Isola, Quinto palazzo SNAM, disegni preparatori

Isola Architetti, Museo di Benevento, 2002

Isola Architetti, Museo di Benevento, 2002

Isola Architetti, Museo di Benevento, 2002

Isola Architetti, Museo di Benevento, 2002

Isola Architetti, palazzo IBM, 2002

Isola Architetti, palazzo IBM, 2002