Intervista – Secondo una ricerca inglese, i ritorni sul fatturato sono assicurati. Lo conferma Maurizio Stecco di Via Advisors

In anni di globalizzazione e di grande competizione sul mercato internazionale, le imprese italiane puntano sempre di più sull'innovazione e sull'originalità dei propri prodotti per avere la meglio sulla concorrenza a basso costo dei paesi emergenti; in altre parole, investono sul design. Che la scelta possa essere vincente è testimoniato da una ricerca inglese effettuata dal Design Council su 1.500 uomini d'affari britannici: le aziende impegnate sul fronte del design tendono ad avere risultati migliori da un punto di vista del fatturato e dello share di mercato. Ne abbiamo parlato con Maurizio Stecco (nella foto), presidente della società di advisory Via Advisors Corporate Finance, che ha studiato la ricerca ed è autore di numerosi saggi sul rapporto tra Design e Finanza.

Quali sono le considerazioni principali emerse dalla ricerca inglese sul rapporto tra design e fatturato delle aziende?
Dallo studio del Design Council emergono una serie di considerazioni davvero interessanti: ad esempio, le aziende che investono in design ottengono aumenti di market share attorno al 7% in più rispetto alle altre. Per ogni 100 sterline investite in design l'incremento di fatturato è di 225 sterline. Per ogni 100 sterline investite il profitto ricavato è di 83 sterline. Tra l'altro, i ricercatori britannici hanno cercato di misurare quello che viene da loro definito Rodi (return on design investment), che potrebbe essere un concetto da introdurre anche in Italia. Un altro elemento importante della ricerca è la percezione dell'importanza del design: le aziende inglesi assicurano di riconoscere un ruolo importante al design; i designer interpellati, invece, sostengono esattamente l'opposto, e lamentano una mancanza d'attenzione. Questa diversità di vedute dipende dal fatto che da un lato c'è ancora una scarsa comprensione da parte dei designer di che cosa vuol dire valutare la performance dell'investimento in design. D'altra parte le aziende, in un momento in cui c'è una certa attenzione verso questo fenomeno, hanno la tendenza a dire “noi il design lo capiamo, lo usiamo, ecc”. Infine, secondo un'altra ricerca inglese condotta un paio di anni fa, il design influisce anche sulle performance di borsa: prendendo in esame un certo numero di aziende che avevano ottenuto riconoscimenti nel campo del design, queste imprese nel giro di dieci anni avevano migliorato la propria capitalizzazione in borsa di circa il 200% .

Perché su queste tematiche non esistono ricerche italiane? Si tratta comunque di considerazioni estendibili alla situazione del nostro paese?
La nostra borsa è molto più asfittica rispetto a quella londinese, le aziende che da noi investono nel design spesso non sono neppure quotate. Per quanto riguarda le performance economiche, la trasparenza dei bilanci delle nostre imprese, per un fattore culturale, è molto inferiore rispetto al mondo anglosassone. In ogni caso, credo che le considerazioni più importanti dell'indagine britannica sarebbero estendibili anche alla situazione italiana: forse i numeri finali sarebbero leggermente diversi ma i concetti principali di ricerche di questo tipo sono comuni a qualsiasi sistema industriale che dia un certo valore al design. Sarebbe perciò utile progettare studi simili anche in Italia, in modo da capire che tipo di correlazione esiste tra design e performance di business, tra design e andamento di borsa.

Ma in ricerche di questo tipo, a quale concezione di design si fa riferimento?
Per quanto mi riguarda, ho sempre inteso il design in senso lato: non amo vederlo come un qualcosa di limitato alla sola valenza estetica, per me il design è anche cultura di progetto o un modo diverso di riprogettare i processi aziendali. In particolare, ho avuto modo di studiarne i legami con la finanza: il design rappresenta per le imprese creazione di valore, e la finanza è, se vogliamo, la misurazione di questo valore (attraverso la quotazione).

Perciò il design non è ristretto solo a un certo tipo di aziende o settori?
In realtà il design interessa qualsiasi settore. Nell'interpretazione inglese, è un qualcosa che si applica ai servizi, alla Pubblica Amministrazione, al manifatturiero. Ma la sua area di interesse si può spingere anche a campi molto distanti dalla concezione comune: sempre in Inghilterra, ad esempio, sono stati svolti degli studi interessanti sul design negli ospedali. A quanto pare, la struttura sanitaria disegnata bene riduce i tempi di permanenza dei degenti, ed influisce persino sullo stato di salute dei pazienti. Il design può anche essere applicato alla progettazione degli studi penitenziari, con risultati sorprendenti, come l'aumento della sicurezza e la riduzione dei costi. Questi esempi estremi servono per spiegare come il design sia soprattutto una questione di cultura, ovvero saper affrontare ogni processo innovativo con un approccio importante. Che però deve essere poi industriale, o comunque riproducibile su una certa scala, altrimenti stiamo parlando di opere d'arte, che sono una cosa importante ma diversa. Il design industriale moderno, insomma, comprende nuovi prodotti, ma anche nuovi modelli di business, nuovi servizi, nuovi modi di distribuire.

C'è stato in questi ultimi anni un maggiore impegno delle aziende italiane sul fronte del design?
È difficile dare una risposta univoca: diciamo sì e no. Come in tante altre circostanze, il nostro tipo di struttura industriale e finanziaria non dà una risposta coerente, adeguata e continua. Nel complesso c'è probabilmente una maggiore attenzione al design rispetto al recente passato, ma non si tratta di un trend forte, omogeneo e continuo come avremmo bisogno che fosse.

Che ruolo avrà il design nel futuro?
Io spero che il suo ruolo possa crescere. Perché questo significherebbe l'esistenza di una maggiore attenzione agli aspetti innovativi e alla capacità di industrializzarli. In questo modo saremmo anche in grado di difenderci come Sistema Paese dalla concorrenza dei paesi emergenti e dai loro prodotti di fascia medio bassa.











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