Non è frequente per un progettista, seppur di chiara fama, tornare più volte sul luogo del ‘delitto’. Inimmaginabile, poi, intervenire con due significativi spazi museali a distanza di pochi anni in un’area relativamente ampia, a meno che questi non sia coinvolto nel masterplan di quest’ultima. Così è accaduto a David Chipperfield a Berlino nella Museuminsel dove, tra il 1997-2009, tra vicende complesse è stato autore del sofisticato intervento sullo storico Neues Museum, noto per custodire, oltre ad altre innumerevoli e magnifiche testimonianze egizie, la scultura di Nefertiti e, poi, tra il 1999 (data del concorso) e il 2018, della realizzazione della James-Simon-Galerie dedicata a chi quell’icona di bellezza ieratica e femminile fece portare alla luce e conservò nell’Ottocento, il magnate, collezionista e filantropo ebreo a lungo dimenticato. Quel che forse non si sa è che l’architetto britannico è subentrato all’italiano Giorgio Grassi il quale agli inizi degli anni ’90 si era aggiudicato il concorso per il masterplan della storica isola sullo Sprea con i suoi cinque edifici museali immaginati dal Kaiser come centro culturale nel XIX secolo, negli anni che videro le più imponenti trasformazioni urbane nelle maggiori capitali europee. Mentre però per il Neues Museum si è trattato di un progetto di restauro e rifunzionalizzazione di una preesistenza già fortemente connotata, seppur gravemente danneggiata dagli eventi bellici, rievocandone la monumentalità con rimandi, citazioni e sospensioni tra storia e contemporaneità, per il progetto della James-Simon-Galerie il tema è stato quello di intervenire in termini non solo compositivi, ma anche e soprattutto, di disegno urbano, determinando nuove relazioni e connessioni tra quelle magnifiche preesistenze di cui l’Altes Museum di K. F. Schinkel rimane uno dei maggiori protagonisti affiancato dall’Humboldt Forum, l’Alte Nationalgalerie, il Bode-Museum, il Pergamonmuseum e l’Archäologisches Zentrum oltre al Neues, naturalmente. Il nuovo intervento occupa infatti il lotto in cui fino al 1938 sorgeva un altro edificio di Schinkel che faceva parte del New Packhof, il sistema di magazzini doganali da lui stesso progettato, più tardi abbattuto, e da qui la possibilità di questo ‘speciale’ innesto.

“La James-Simon-Galerie non è un museo nel senso convenzionale”, afferma David Chipperfield, “bensì è un luogo designato a orientare i visitatori dei poli attrattivi… esso risolve i problemi logistici e infrastrutturali per il complesso museale e realizza anche una visione architettonica per la Museumsinsel, questa posizione altamente simbolica ci ha incoraggiato a trovare una lettura dell’edificio che trascenda le sue funzioni pratiche, definendosi anche per le sue caratteristiche formali generali libere da scopi predefiniti”. Dunque, una presenza architettonica tutta contemporanea, ritmata e vibrante che dà avvio, svelandolo attraverso il suo colonnato variamente direzionato, al complesso monumentale di più di 10mila metri quadrati della Museuminsel, riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’umanità nel lontano 1999. Moderni ‘propilei’ per un sistema organico già storicamente connesso attraverso la ‘promenade archeologica’ a cui infondono maggiore enfasi creando nuove prospettive, assecondate anche dalla topografia del luogo tra basamenti storici e di nuova concezione, cambi di livello e movimenti del paesaggio ottocentesco. In particolare la Galerie sorge essa stessa, alla maniera dell’adiacente Altes Museum, e con la medesima moderna monumentalità, su un alto podio in pietra chiara raggiungibile da una gradinata mentre all’architettura composta secondo un sistema di partiture lineari definita sticks-architecture, dallo stesso Chipperfield in occasione di un’intervista sul Museu della letteratura moderna a Marbach (2001-06), viene attribuito l’onere di farsi “dispositivo attraverso cui traguardare il paesaggio che si disvela come unico piano-sequenza tra esterno e interno”. Una geometria netta che diviene elemento generatore per una vera e propria pianificazione urbana: il nuovo edificio si affaccia così sul Lustgarten, sullo Schlossbrücke e sul Kupfergraben e, mentre in superficie crea un collegamento diretto con il Pergamon Museum, a livello dei sotterranei, attraverso la Passeggiata Archeologica, si collega, al Neues Museum, all’Altes e al Bode. Lo sfalsamento dei volumi del complesso permette inoltre la vista dal ponte Schlossbrücke fino alla zona più estrema della Museumsinsel e non cela la facciata occidentale del Neues Museum. Un alto basamento in pietra disegna la sponda lungo il fiume Sprea dove corre il Kupfergraben, e dalla stessa si erge l’alto colonnato della Galerie. Inoltre, a sottolineare il valore urbano e di spazio pubblico del progetto, ampie aree del livello principale del complesso sono liberamente accessibili aldilà dell’attività museale e pensate per la città. Infine la successione composta degli esili pilastri, tema centrale dell’intervento, oltre a richiamare la composizione di alcuni degli edifici contigui, tra pronai e colonnati, completando in particolare il sistema del Neues Museum restaurato dallo stesso Chipperfield, sembrano rendere omaggio alla visionarietà del Kaiser Federico Guglielmo IV, quando immaginava per la sua Museumsinsel un’“acropoli culturale”.

Un gioco di volumi svuotati, sfalsati e alleggeriti dalla successione di quinte a pilastri sottili di sezione rettangolare si combina con i cambi improvvisi di livello per definire un luogo riconoscibile per la sua complessità e candida forza espressiva ma anche per connettere presenze monumentali dalla non comune esclusività linguistica, disegnando in tal modo un organico e complesso spazio pubblico urbano. Così un’ampia scalinata ritagliata tra il basamento e il ‘colonnato’ inferiore invita ad accedere all’edificio dove al livello superiore si raggiunge l’ampio foyer con l’area informazioni/biglietteria direttamente connessa al piano espositivo principale del Pergamon Museum. Il foyer, che ospita anche la caffetteria, si apre su un’ampia terrazza estesa per l’intera lunghezza dell’edificio lungo il Kupfergraben. I servizi principali e il bookshop del museo sono invece collocati al piano rialzato sotto il foyer d’ingresso con arredi tutti su disegno in noce, mentre le aree espositive temporanee e l’auditorium si trovano al piano interrato alla maniera di Schinkel, certamente, ma anche alla maniera di Mies van der Rohe nella Neue National Galerie, sempre a Berlino, il suo ultimo progetto ispirato, nel sistema distributivo, proprio al grande maestro neoclassico. All’interno domina il cemento gettato a vista alle pareti mentre i pavimenti sono in pietra calcarea (a conchiglia di Crailsheim) lucida e in parquet di rovere per il piano rialzato e l’auditorium. Per i profili delle finestre, le porte e i corrimano in tutto l’edificio è stato utilizzato il bronzo mentre una ‘treccia’ di rame ha disegnato le soffittature di alcuni ambienti come il caffè. L’area d’ingresso del livello principale e la parete di fondo dell’atrio superiore sono state volutamente trattate con un materiale traslucido e luminoso: un marmo a bande molto brillante proveniente dall’isola di Thassos applicato in strati sottili su velatura. Si è trattato di una speciale sperimentazione per questo materiale composito in marmo-vetro per il quale è stato necessario eseguire speciali test. All’esterno il rivestimento in pietra candida ‘artificiale’, un aggregato di ghiaia di marmo bianco della Sassonia, si dissocia, dialogando, da quella calcarea o in arenaria così come anche dall’intonaco dei rivestimenti storici presenti negli edifici circostanti. Le ampie vetrate anch’esse abilmente ritmate rappresentano invece il vero involucro, anche tecnologico, del complesso organismo ad alto tenore di sostenibilità. Ogni vetrata è stabilizzata da supporti verticali alti otto metri, anch’essi realizzati in vetro, per consentire una forte continuità tra interno ed esterno. La James-Simon-Galerie ha infatti un elevato standard di efficienza energetica, con valori di prestazione energetica migliori rispetto ai valori richiesti al momento della sua progettazione. L’uso di porte girevoli e ingressi controllati riduce la dispersione di calore nonostante l’elevata frequenza di visitatori prevista, riducendo così i flussi di volume d’aria. Anche un controsoffitto termicamente attivo e acusticamente assorbente con un rivestimento in rete di rame, utilizzato in aree selezionate, ha un effetto attivo in tal senso. Oltre agli aspetti legti alle prestazioni energetiche, la James-Simon-Galerie ha anche una sostenibilità che si potrebbe definire di tipo socio-culturale e funzionale. Questa nuova ‘infrastruttura di servizio’, se così può essere definita la Galerie, alleggerisce infatti il carico sugli edifici storici dell’intero comparto museale e questo rende l’intero sistema meno dispendioso su diversi fronti e in una prospettiva anche sociale. La cultura è sostenibilità.

LA CHIUSURA VERTICALE
Il disegno rappresenta il sistema di chiusura verticale vetrata, il porticato, il solaio di copertura e il solaio interpiano del livello principale della James-Simon-Galerie. Nella sezione numerosi elementi tecnici e stilistici adottati dallo studio David Chipperfield Architects rispondono alle esigenze architettoniche e agli aspetti tecnici. Il solaio di copertura all’estradosso si presenta come un tetto piano continuo con cordolo in calcestruzzo armato e scossalina di bordo come protezione, gli altri strati che compongono questo elemento architettonico sono: guaina impermeabilizzante, isolante termico, barriera al vapore e soletta strutturale continua in calcestruzzo armato. Dall’interno un controsoffitto a pannelli continuo integra l’illuminazione a sospensione e assolve alla funzione di assorbimento acustico. In corrispondenza della facciata una griglia a filo del controsoffitto svolge una funzione estetica come bordo e una tecnica funzionale per la canalizzazione dell’aria climatizzata e per l’evacuazione dei fumi insieme alla porzione tecnica di facciata apribile nascosta dall’interno. Il nodo della facciata si compone inoltre di un tamponamento isolante che risolve problematiche termiche, tenda esterna avvolgibile e facciata continua con traverso centrale in metallo al quale è integrato il binario per la tenda interna. Il solaio di interpiano si compone di diversi strati: la pavimentazione è in pietra con una griglia perimetrale sotto alla quale trovano spazio gli impianti di trattamento aria, sotto a questo livello uno strato di livellamento, caldana in c.a. per il passaggio degli impianti e isolante completano il pacchetto del solaio. All’esterno la pavimentazione in pietra continua, in questo caso appoggiata su uno strato drenante, al di sotto del quale si trova la guaina impermeabilizzante, barriera al vapore e isolamento elementi che garantiscono i requisiti di comfort e tenuta all’acqua. Il parapetto modulare in vetro con struttura in acciaio verniciato e le colonne compongono la scansione del prospetto all’esterno secondo un ritmo regolare e calibrato.
A cura di Pietro Voltini

Scheda progetto
Committente: Stiftung Preubischer Kulturbesitz represented by the Bundesamt fur Bauwesen und Raumordnung
Inizio progetto: 1999/2007
Inizio costruzione: 2009 (Foundation pit); 2014 (Shell and core)
Fine lavori: 2018
Apertura: 2019
Gross floor area: 10,900
Project management: Miriam Plünnecke
Project controlling: Ernst &Young Real Estate GmbH, Berlin Kemmermann Projektmanagement im Bauwesen GmbH&Co. KG, Berlin
Architect: David Chipperfield Architects Berlin
Partners: David Chipperfield, Martin Reichert, Alexander Schwarz (Design lead)
Project architect: Urs Vogt (Preparation and brief to Technical design, Site design supervision)
Project team: Mathias Adler, Alexander Bellmann, Thomas Benk, Martin Benner, Alexander Corvinus, Maryla Duleba, Matthias Fiegl, Anke Fritzsch, Dirk Gschwind, Anne Hengst, Paul Hillerkus, Isabel Karig, Linda von Karstedt, Ludwig Kauffmann, Mikhail Kornev, Astrid Kühn, Thomas Kupke, Sebastian von Oppen, Torsten Richter, Elke Saleina, Thomas Schöpf, Eberhard Veit, Anja Wiedemann
Graphics, visualisation: DaliaLiksaite, Jonas Marx, Antonia Schlegel, Ute Zscharnt
Quantity surveyor: Christine Kappei, Stuttgart
Executive architect: Wenzel + Wenzel Freie Architekten, Berlin (Procurement, Construction supervision)
Project management: Christoph-Phillip Krinn
Structural engineer: IGB Ingenieurgruppe Bauen, Berlin
Services engineer: INNIUS DÖ GmbH, Berlin Inros Lackner AG, Rostock
Building physics: Müller-BBM GmbH, Berlin
Fire consultant: Arge Brandschutz NEG, Berlin
Lighting consultant: matí AG, Adliswil
Lighting design: Conceptlicht GmbH, Traunreut (Outdoor lighting)
Signage: Polyform - Götzelmann Middel GbR, Berlin
Landscape architect: Levin Monsigny Landschaftsarchitekten, Berlin
Photos: Simon Menges, Ute Zscharnt for David Chipperfield Architects

Arketipo 165, Less, Maggio 2023