Il Jewel Changi Airport, ultimo spazio aggiunto all’aeroporto di Singapore, è stato inaugurato nel 2019 al fine di offrire ai viaggiatori in transito nuovi spazi retail per acquisti di vario genere e food&beverage, creando contemporaneamente un nuovo spazio attrattivo indipendente definito dagli architetti Rain Vortex. Si tratta della cascata d’acqua interna più alta del mondo, che viene utilizzata come schermo dinamico per spettacoli luminosi e acustici partendo dall’oculo centrale di circa 10 metri di diametro, per poi creare un nuovo effetto scenico scorrendo su un imbuto in materiale acrilico che dal livello scende ai piani inferiori. Al centro dello spazio, rialzato di alcuni metri rispetto alla piazza principale, passa il doppio binario dello sky train esistente. Il nuovo spazio si sviluppa su sette livelli, di cui due interrati destinati a parcheggi e cinque organizzati con terrazzamenti che creano uno spazio ibrido tra una valle naturale e un anfiteatro realizzato dall’uomo. Il Jewel Changi è collegato ai terminal 1, 2 e 3 attraverso la creazione di tre spazi giardino, con un ingresso monumentale dal terminal 1 attraverso l’entrata nord. La foresta interna si sviluppa sui cinque livelli terrazzati, ospitando circa duemila alberi e palme e circa 100mila cespugli e arbusti, selezionati da differenti parti del mondo, fra cui Brasile, Australia, Cina, Malesia, Stati Uniti e Thailandia, per vivere e crescere in uno spazio artificiale. Le condizioni interne sono infatti controllate da differenti sistemi impiantistici e accorgimenti riguardanti la costruzione dell’involucro, tenendo in considerazione che solo una piccola parte del volume completo deve rispettare le condizioni di comfort. Il ricambio dell’aria artificiale è infatti effettuato attraverso sistemi a dislocamento nascosti nelle pareti in pietra dei gradoni, che trattano solo la fascia con presenza di persone (breathing zone), funzionando in sinergia con un sistema di ventilazione naturale attraverso l’oculo e altre aperture dinamiche sommitali.

Il controllo della temperatura è perfezionato attraverso pavimenti radianti negli spazi con maggiore permanenza di visitatori, riuscendo quindi a migliorare il comfort termico complessivo lavorando sulla temperatura media radiante oltre a quella dell’aria. Al contempo la copertura presenta porzioni con fritting o elementi opachi per ridurre quanto possibile i consumi collegati ai carichi solari. La copertura è stata sviluppata con l’idea di massimizzare luce e trasparenza, minimizzando al contempo i consumi energetici, offrendo anche una soluzione esemplare che caratterizzasse l’intervento derivando dalle approfondite ricerche e ottimizzazioni eseguite per coprire un ampio spazio di 210 metri (sul diametro maggiore) con soli pochi supporti intermedi. La copertura non è quindi una cupola con oculo centrale ma è un toroide asimmetrico, dato il tracciato esistente dei binari che altrimenti sarebbe stato sul percorso dal Rain Vortex, che poggia su 14 pilastri ad albero posizionati al quinto e ultimo livello. Per avere la massima stabilità, le nervature strutturali salgono a spirali incrociate creando settori romboidali e sono irrigidite da circonferenze/equatori che passano dai nodi, aumentando la stabilità della struttura grazie ai moduli triangolari così creati. La sezione interna del toroide - il foro della ciambella - funziona come un cono di tensione, con elementi sospesi che tirano verso il basso il nucleo. Queste tensioni superficiali della membrana agiscono in due direzioni, quella degli equatori e quella dei meridiani a spirale. In corrispondenza degli appoggi centrali, i campi di tensione e compressione che tirano e spingono verso il centro convergono e vengono contrastati con un anello di compressione, in modo analogo ai raggi di una bicicletta che tirano verso l’interno e sono contrastati dall’anello di compressione del cerchione. Il guscio a griglia in acciaio incontra l’edificio di base al quinto livello e lì trova una trave ad anello, parte integrante della copertura, che gira intorno all’edificio e si innalza in corrispondenza di ciascuno dei giardini di accesso ai terminal.

Questa trave anulare consente di redistribuire le spinte e le forze verticali derivanti dalla struttura a shell. Il profilo della copertura che finisce con l’oculo è proseguito, negli intenti dei progettisti, dal profilo acqueo del Rain Vortex che attraversa i 25 metri di cascata per arrivare sull’imbuto in acrilico sottostante alto 14 metri. Al fine di un controllo puntuale del funzionamento del Vortex, nella porzione di copertura più vicina all’apertura centrale è stato posizionato un collettore di irrigazione della superficie che ne permette il funzionamento anche in assenza di piogge, con l’acqua recuperata e stoccata precedentemente durante gli eventi piovosi caratteristici della città-stato. Nei piani dedicati ai parcheggi sono presenti molteplici vasche di pre-trattamento e accumulo idrico, dato che nei momenti di pioggia più intensa passano dall’oculo centrale oltre 37mila litri per minuto (10mila galloni per minuto) che vengono comunque recuperati e riutilizzati per la cascata e altri usi non potabili come l’irrigazione della vegetazione e gli scarichi dei servizi igienici. L’ottimizzazione parametrica della copertura/facciata ha permesso il controllo puntuale degli elementi strutturali e vetrati: i moduli trasparenti hanno un peso massimo di circa 250 kg, permettendo l’innalzamento fino a 45 metri con sistemi di sollevamento a vuoto (vacuum lifting) e il posizionamento preciso attraverso codici QR univoci collegati al modello BIM. A prova dell’attenzione su differenti aspetti, il Jewel Changi Airport ha ricevuto una certificazione di livello Platinum dal programma GreenMark di Singapore riguardo la sostenibilità ambientale degli edifici grazie alle differenti strategie riguardo la sua facciata e le sue schermature, la ventilazione a dislocamento, il risparmio idrico, le strategie energetiche che garantiscono il comfort per le differenti attività presenti e che permettono la vita di differenti tipologie di piante.

L'INVOLUCRO CHE SI ADATTA ALLE NECESSITÀ DELL'EDIFICIO RIGUARDO LUCE, VENTILAZIONE ED ENERGIA
L’interno del Jewel Changi presenta condizioni molto particolari che hanno richiesto un approfondimento da parte dei progettisti riguardo ai molteplici aspetti necessari a garantire il comfort minimizzando comunque i consumi energetici. Oltre alle ottimizzazioni già esposte nella parte generale, i progettisti hanno approfondito differenti aspetti, sia riguardo le modalità costruttive che le prestazioni illuminotecniche e acustiche. Da una ricerca è risultato che gli aeroporti abbiano limitate porzioni di pavimento con illuminazione naturale: questo non è il caso del Changi Terminal che però ha la tematica opposta: i pannelli vetrati sono talvolta trattati con il fritting per ridurre i carichi solari dove serve garantendo al contempo la luce per la crescita delle piante, con una attenzione particolare per la componente UV, utile per alcuni aspetti di crescita delle piante. Inoltre, l’involucro vetrato ha delle aperture sommitali apribili per evitare il surriscaldamento, che si uniscono a un sistema di ventilazione con immissione d’aria trattata tra le piante per il mantenimento delle condizioni interne. La copertura e la facciata inoltre schermano il rumore degli aerei grazie a un sistema a vetrocamera con lastra interna stratificata, dato che il vetro singolo inizialmente previsto non avrebbe garantito le prestazioni richieste in un aeroporto. Parallelamente si è lavorato sulle dimensioni dei pannelli vetrati per ottimizzare la fabbricazione e abbassare i costi, tenendo un limite superiore e inferiore alle dimensioni dei pannelli sia per migliorare la cantierabilità che ridurre gli sfridi. È stato possibile attraverso delle continue ottimizzazioni parametriche sul modello geometrico, che su alcuni “equatori”, quando gli elementi vetrati diventavano troppo grandi o piccoli, sdoppiano o dimezzano gli elementi con nodi a 7 o 5 elementi, tenendo la scala degli elementi pressoché simile. Per verificare la corretta funzionalità sono infine stati realizzati in stabilimento dei mock-up della facciata sia dal punto di vista estetico e di studio, delle procedure di montaggio che delle prestazioni, in particolare di tenuta all’acqua.

STRUTTURA A GUSCIO, POCHI SUPPORTI INTERMEDI E FABBRICAZIONE A CONTROLLO NUMERICO
L’intero team progettuale ha lavorato per definire un approccio innovativo mantenendo il concept iniziale di una grande piazza coperta, con una luce complessiva di 210x156 metri. La copertura di uno spazio così ampio ha richiesto un approfondimento formale e costruttivo, mantenendo al contempo l’idea della cascata interna. Per irrigidire la struttura si è scelto un approccio a guscio/membrana per la maggior parte degli sforzi assiali, rifacendosi a maestri del passato come Gaudí, Nervi, Isler che però lavoravano maggiormente con materiali come il calcestruzzo, avendo difficoltà con membrature tese e con ampie porzioni trasparenti, adesso più facilmente implementabili attraverso l’uso dell’acciaio prodotto con tecnologie automatizzate, tenendo sempre in considerazione l’instabilità a compressione (buckling). Un altro aspetto importante è dato dalla “recente” possibilità di creare nodi strutturali a geometria variabile grazie alle macchine a controllo numerico e all’architettura parametrica: diventa possibile quindi un approfondimento riguardo le dimensioni delle membrature e dell’altezza utile di ogni elemento, rimanendo su altezze limitate tra 200 e 300 mm. In generale per il Jewel gli elementi strutturali sono tesi o compressi, ma in corrispondenza dei supporti intermedi ad albero aumentano le forze fuori piano e i conseguenti sforzi flettenti, richiedendo una sezione di altezza maggiorata fino a 750 mm. Tutti gli elementi delle nervature sono rettilinei, per facilitare la produzione e venire tagliati facilmente con macchine a controllo numerico e venire collegati mediante unioni bullonate ai nodi strutturali saldati che ricevono da 5 a 7 elementi a seconda della posizione nella struttura. Si sono ottenuti circa 14.000 elementi e 5.000 nodi che, verificati attraverso Eurocodice e codice strutturale di Singapore, sono stati ottimizzati per ricondurli a famiglie costruttive simili come si vede dagli schemi strutturali di seguito riportati.

Scheda progetto
Progettista: Safdie Architects
Committente: Jewel Changi Airport Devt Pte. Ltd
Design period: 2013-2014
Periodo di costruzione: 2015-2018
Apertura: 2019
Area: 135.000 sqm
Costo: SGD 1,7 billion $ (1.2 billion euro)
Lead designer: Moshe Safdie
Principals: Jaron Lubin, Charu Kokate, Greg Reaves
Project team: David Foxe, Seunghyun Kim, Benjy Lee, Dan Lee, Peter Morgan, Reihaneh Ramezany, Laura Rushfeldt, Isaac Safdie, Damon Sidel, Temple Simpson, Lee Hua Tan, Andrew Tulen
Executive architect: RSP Architects Planners & Engineers Pte Ltd
Landscape design: PWP Landscape Architecture
Executive landscape architect: ICN International Singapore
Structure: RSP Architects Planners & Engineers Pte Ltd
Facades/Roof: Buro Happold
Environmentally sustainable design: Atelier Ten
MEP: Mott MacDonald
Signage/Wayfinding: Pentagram and Entro Communications
Retail interiors: Benoy
Water feature: WET Design
Lighting design: Lighting Planners Associates
Acoustics: Arup Singapore
Quality surveyor: Arcadis
Contractors & Suppliers
General contractor: Woh Hup
Facade: Mero Asia Pacific, Choon Hin Stainless Steel, Yongnam Holdings, Alucobond, Vitro Architectural Glass, CSG Holding, Colt Louvres
ETFE cushion: Vector Foiltec
Doors and hardware: Tacam Steel, Flamelite, Dormakaba, Won-Door, CLF Shutters, Briton, Elmes
Conveyance: Schindler Group
Awards: President’s Design Award, Singapore, 2020; Singapore Institute of Architects (SIA), Building of the Year & Design Award, 2020; Design for Asia, Grand & Gold Award, 2020; Building of the Year (Public), ArchDaily, 2020; Design Project of the Year, Tatler Design Awards, 2020; Green Mark GoldPlus Award, Building and Construction Authority (BCA), 2018; Universal Design Mark GoldPlus Award, Building and Construction Authority (BCA), 2018; International Architecture Award, Chicago Athenaeum and The European Centre for Architecture Art Design and Urban Studies, 2016
Photos: Courtesy Safdie Architects, Darren Soh, Jino Lee, Tim Hursley

Arketipo 159, Infrastrutture, ottobre 2022