Testo di Alessandra Coppa

KANDINSKY E L'ASTRATTISMO IN ITALIA 1930-1950
Fino al 24 giugno 2007
Milano
   Testo di Alessandra Coppa

Un rapporto contraddittorio quello di Kandinsky e l'arte non figurativa italiana e comasca. Questa relazione dialettica di amore e odio del maestro russo con l'astrattismo degli anni trenta e quaranta in Italia è indagato con ampiezza e ricchezza di confronti, nella mostra "Kandinsky e l'astrattismo in Italia 1930-1950" a Palazzo Reale (Milano, fino al 24 giugno) curata da Luciano Caramel.
La mostra apre infatti scenari tutti da dissodare, che permettono di verificare possibili continuità e discontinuità nel rapporto controverso tra Kandinsky che insegna al Bauhaus fino al 1932, l'astrattismo e il razionalismo architettonico italiano.
Tra il 1930 e il 1944, anno della morte, Kandinsky viene in Italia solo due volte: nel 1930 per una vacanza a Cattolica con visite a Urbino, Ravenna, Bologna, Venezia e Verona e nel 1936 per un soggiorno a Forte dei Marmi. Nonostante i numerosi inviti, non tornerà più neanche per la sua personale alla Galleria del Milione dell'aprile-maggio 1934. Mostra che ha avuto importanti ripercussioni sull'astrattismo italiano, allora nascente e a dire il vero per lo più attento al neoplasticismo di Mondrian, Van Doesburg e di Vordemberge-Gildewart. Mario Radice, tra i suoi maggiori esponenti comaschi, risente addirittura nel suo primo dipinto astratto (l'affresco "Compos.S." del 1934, in mostra) di una delle pitture di Kandinsky presentate in quell'occasione al Milione, "Lilla-Viollet" del 1932.
La mostra del 1934 al Milione era stata fortemente voluta da Alberto Sartoris. Sartoris, architetto futurista-razionalista torinese residente in Svizzera, fa da tramite tra l'astrattismo di Kandinsky e l'astrattismo comasco, del quale ne sarà un accanito promotore. E' stato infatti proprio Sartoris a favorire l'approdo a Milano di astrattisti come Kandinsky. Una presenza determinante per l'arte astratta italiana alla quale segue la collettiva di Bogliardi, Ghiringhelli e Reggiani. "Sono disposto a difendere la vostra opera che mi ha colpito come un gran raggio di sole sin dal momento in cui mi è apparsa", scrive Sartoris in una delle sue molte lettere a Kandinsky (la prima è datata 7 agosto 1933), commentate in catalogo da Ada Masoero.
Questi astrattisti gravitavano attorno alla Galleria milanese del Milione, con la quale Sartoris ha avuto rapporti precoci esponendo in veste di architetto, esponendo assonometrie, e collaborando con i fratelli Ghiringhelli (Peppino e Gino, quest'ultimo artista, proprietari della Galleria) alla preparazione di alcune mostre. Assonometrie isometriche ortogonali come quelle in mostra, "Casa per il pittore Jean Saladin Van Berchem a Auteuil (1930), "Notre Dame du Phare, progetto per Friburgo" (1931) e il "Padiglione della Mostra dell'Artigianato Moderno al Parco del Valentino" Torino (1928), che offrono una visione completa del progetto orientato a quarantacinque gradi con due soli disegni dalle dimensioni non alterate. Sartoris tesse il telaio magico dell'assonometria con linee prive di peso - come le ha definite Raffaello Giolli nella prima monografia del 1937 - che però disegnano un progetto finito in ogni dettaglio.
Gli astrattisti stessi del Milione, parte di loro almeno, non sono comprensibili fuori di quelle coordinate, segnate da inclinazioni idealistiche, neoplatoniche e spiritualistiche, del tutto estranee al laico, concreto Sartoris, invece proprie di un Bontempelli e di un Belli. Carlo Belli che in un saggio nel suo "Kn" pubblicato a Milano nel 1935 per le Edizioni del Milione (ma già apparso su "Quadrante" del 1933), aveva innescato per la prima volta in Italia, un dibattito critico sull'arte astratta.
Tutto ciò limita secondo Caramel il peso di Sartoris sull'arte italiana degli anni trenta a cominciare dalla ribadita (ed enfatizzata dallo stesso Sartoris) funzione di catalizzatore, e addirittura fondatore del fantomatico Gruppo Como, da considerarsi invece solo una fortunata congiuntura derivata dalla fondamentale presenza di Terragni, modello determinante per Cattaneo come per Radice e per Rho, (scarsamente apprezzati da Belli).
Sartoris giunge a Como solo nel 1935, quindi a giochi fatti. Tuttavia la presenza di Sartoris a Como è stata determinante per il suo impegno nel divulgare gli esisti degli artisti non figurativi comaschi Radice, Rho, Aldo Galli, la Carla Badiali e Carla Prina, che diventerà sua moglie, tutti presenti in mostra.
Fra i pochi episodi di relazione sul piano del linguaggio con Kandinsky con gli astrattisti comaschi ci sono le pitture murali per la Casa del Fascio di Radice (in mostra è presente lo "Studio per affresco. Salone del primo piano" 1936-38) unico esempio in Italia di rapporto tra arte astratta e architettura e coautore nel 1936, insieme a Cesare Cattaneo della Fontana per il piazzale Corsica a Camerlata, esposta nel parco del Palazzo dell'Arte in occasione della VI Triennale milanese. Distrutta dai bombardamenti, la scultura è stata ricostruita sotto la guida di Radice e collocata nella sede per cui è stata pensata soltanto nel 1961. In mostra sono esposte due fotografie d'epoca della Fontana e la maquette in legno del 1935-36 conservata all'Archivio Cattaneo di Cernobbio.

Wassily Kandinsky, Linea angolare, 1930 Wassily Kandinsky, Cielo blu, 1940 Wassily Kandinsky, Punto e linea sul piano, 1924 Alberto Sartoris, Padiglione della Mostra delle Comunità Artigiane, Torino 1928 Alberto Sartoris, Casa per il pittore Jen Saladin Van Berchem a Auteuil, 1930
Alberto Sartoris, Notre Dame di Phare, progetto per Friburgo, 1931 Cesare Cattaneo e Mario Radice, Fontana nel parco, VI Triennale di Milano, 1935-1936 Cesare Cattaneo e Mario Radice, Fontana nel parco, VI Triennale di Milano, 1935-1936 Cesare Cattaneo e Mario Radice, Fontana nel parco, VI Triennale di Milano, 1935-1936 Mauro Reggiani, Composizione R 3, 1934