Ricerche – Gli stimoli sonori possono favorire la concentrazione e l'intelligenza creativa: ecco come secondo gli studi di Alberto Grollo

Non è certo una novità che la musica, agendo su alcune aree cerebrali e stimolando la produzione corporea di determinati ormoni, influenzi il nostro stato psicologico ed emozionale. È ormai chiaro e documentato che ciò che percepiamo con l'udito, dai rumori spesso fastidiosi a quelli della natura, fino alla musica, provoca in noi variazioni sia a livello psicologico che a livello della fisiologia delle diverse funzioni vegetative, che si manifestano con possibili cambiamenti d'umore, attenzione, disponibilità, concentrazione. La musica determina variazioni fisiologiche se percepita a livello conscio, incosciente o subliminale.

Ci sono diversi esempi: gli esperimenti sul sonno, le colonne sonore dei film o la cosiddetta musica “funzionale” fatta ascoltare in certe fabbriche. Nei supermercati ascolteremo sempre musiche allegre che, mettendoci di buon umore, ci motiveranno all'acquisto, mentre negli studi dentistici o negli aeroporti verrà diffusa musica rilassante. Napoleone prima di andare in battaglia ascoltava la Quinta sinfonia di Beethoven mentre (si perdoni l'accostamento) le mucche producono più latte se ascoltano la nona Sifonia, detta Inno alla Gioia, dello stesso grande autore. È ormai assodato che bambini cresciuti con l'ascolto di alcune sonate di Mozart hanno maggiore tendenza a sviluppare un'intelligenza creativa.

I poteri terapeutici della musica
Fin dall'antichità sono stati attribuiti, più o meno ragionevolmente, poteri terapeutici alla musica. Catone ricordava un motivo specifico per la cura degli strappi muscolari, mentre Aureliano già usava la musica nella cura della follia. Nel 1632 Robert Burton affermava: “molti uomini diventano piacevolmente melanconici nell'ascolto della musica, che è il rimedio più gradevole per le loro pene, paure, tristezze. Elimina le preoccupazioni e li rende immediatamente tranquilli”. Harrer, nell'Ottocento, asseriva che i suoni diversi potevano ottenere modificazioni comportamentali e fisiologiche: il brano brillante induceva aumento della frequenza cardiaca, mentre quello distensivo un'azione sedativa sull'apparato cardiocircolatorio. La medicina e la psichiatria, dal '900 in poi, contano centinaia di esperimenti. L'arrivo di tecniche diagnostiche come gli elettrocefalogrammi dagli anni '60 fino alle moderne Tac e risonanze megnetiche, hanno fornito un gran contributo nell'indagare i molti processi fisiologici del cervello in risposta a stimoli sonori.

Musica contro l'ansia
Resta da definire il significato di musica appropriata. Il concetto di musica “gradevole” o “rilassante” è molto soggettivo; la risposta dipende da molti fattori: età, sesso, tipo di vita, stato di salute, eventuale stato di stanchezza, reattività emozionale del momento, eventuale assunzione di alcol, caffè e droghe, atteggiamento nei confronti della musica, in generale, o di un brano, in particolare. La musica va considerata come un altro fondamentale linguaggio (in contrapposizione a quello verbale) che si esprime con varietà di melodie e ritmi che generano sensibilità ed emozioni, influendo sull'equilibrio psichico e in certi casi agendo come condizionante anti-stress.

Tutto ciò è stato riscontrato anche nel nostro studio e nelle esperienze passate, rendendoci quindi consapevoli dell'effetto rilassante che alcuni ritmi e suoni assumono. Il ruolo che la musica riveste nel rapporto comportamentale umano è più comprensibile ricordando che già nel feto gli stimoli sonori possono incrementare il ritmo del battito cardiaco. Fin dalla nascita affiniamo un “orecchio culturale”, oltre a quello fisiologico, che è il prodotto dell'interazione fra l'individuo e stimolazioni acustiche specifiche.

*medico e musicista