Progetti – L’architetto francese Odile Decq lavora dal 2001 all'ingrandimento del museo d'Arte contemporanea della Capitale

Il Museo d'Arte contemporanea di Roma, Macro, nasce nel 1999 da un progetto di recupero e ristrutturazione dei vecchi stabilimenti della Società Birra Peroni realizzati dall'architetto Gustavo Giovannoni. Nel 2001 il Comune di Roma indisse un concorso internazionale per l'ampliamento del Macro, vinto dallo studio francese di Odile Decq e Benoite Cornette in collaborazione con Burkhard Morass. Odile Decq è ormai diventata una star del panorama architettonico internazionale, personaggio originale, caratteristico per il suo look dark, e per le sue pettinature quantomeno originali, nasce in Francia nel 1955, fonda nel 1985 uno studio associato con Benoite Cornette, con il quale collaborerà fino al 1989, anno in cui muore l'architetto Cornette. Decq ottiene importanti riconoscimenti internazionali, come il Leone d'Oro alla Biennale di Architettura di Venezia nel 1996, il titolo di "Chevalier de la Légion d'Honneur", nel 2003, il RIBA International Fellow, England nel 2007, diventa Membro Onorario del National Society of Architects, Czech Republic nel 2007.

Il progetto
Nel 2001 la Decq vince il concorso per l'Ampliamento del Macro con un progetto coraggioso, centripeto, caratterizzato da linee spezzate, «dove pavimenti e coperture sono incisi, fratturati, aperti ed animati da movimenti tettonici», come descrive Odile Decq nella relazione che illustra il suo progetto. Il progetto prevede un parcheggio multipiano interrato, un grande ambiente espositivo, una caffetteria, un ristorante, un bookshop, una sala lettura ed una piccola sala conferenze. Una delle richieste del bando di concorso prevedeva il mantenimento dell'involucro esterno dei vecchi stabilimenti progettati da Giovannoni. Odile Decq scava completamente l'edificio lasciando la sottile facciata su via Cagliari (affiancata da una pesante parete in cemento armato) e il corpo di fabbrica su via Nizza. Il mantenimento di questi elementi ha presentato non pochi problemi costruttivi e statici, infatti il volume su via Nizza, destinato ad ospitare un bookshop nel livello terra ed un ristorante nel livello superiore, rappresenta una delle prime applicazioni della tecnologia del cemento armato.

Una sfida non facile
I primordi della tecnologia sono evidenziati da alcuni particolari: ad esempio le armature di ferro non utilizzavano barre ad aderenza migliorata, introdotte su larga scala solamente negli anni sessanta, ma erano dei semplici tondini lisci con un filo di ferro arrotolato a spirale per garantire una maggiore presa del calcestruzzo. Queste caratteristiche tecnologiche, unite all'età del manufatto, non potevano garantire le necessarie condizioni di sicurezza statica. Le strutture originarie in cemento armato sono state consolidate inglobandole in una gabbia costituita da profilati in acciaio che svincola le strutture in c.a. dal carico dei solai. I pilastri in cemento armato hanno ad ogni angolo dei profilati in acciaio con sezione ad L, questi profilati, che sono saldati ad una serie di travi, poggiano su plinti. Le opere di finitura di questo ambiente sono limitate alla verniciatura in colore nero dell'intradosso del solaio e dei pilastri, dando all'ambiente un forte carattere brutalista (da brutalismo, la corrente architettonica che fa riferimento, tra gli altri, a Le Corbusier, ndr).

L'importanza degli elementi d'arredo
Si dice che un architetto possa estendere la propria ricerca progettuale dal disegno di una forchetta a quello di una città, Odile Decq non ha resistito alla tentazione di lasciar spaziare la sua creatività e, per l'ampliamento del Macro, ha voluto controllare anche tutti gli elementi di arredo, stabilendo delle collaborazioni con le industrie italiane Frau e Luceplan per poltrone e apparecchi illuminanti. Nello stesso anno del progetto del Macro, Odile Decq vinse il concorso per la progettazione del Foyer della sala conferenze dell'edificio Unesco a Parigi, dove le poltrone ed i divani in pelle con le forme sinuose contrastano con il brutalismo delle pareti in cemento armato faccia vista, le postazioni telefoniche sono sorrette da lamine di vetro con basi in acciaio spazzolato. Nuove problematiche inerenti la costruzione del museo, sono derivate dalle caratteristiche geologiche del terreno, poiché anticamente, nella zona, era presente un fosso che seguiva il tracciato di via Nizza, questo fosso venne riempito, prima della costruzione degli stabilimenti Peroni, con materiale di scarto. Queste singolari caratteristiche geologiche hanno determinato una diversificazione nel sistema delle fondazioni che, verso via Cagliari, poggiano su uno strato di terreno resistente ad una profondità di 5 metri, mentre verso via Reggio Emilia devono raggiungere una profondità di 15 metri.

Un involucro fatto di lastre di vetro
Nodo formale e funzionale molto importante del progetto di Odile Decq è l'angolo dell'edificio tra via Nizza e via Cagliari, qui le antiche facciate preservate, sono tagliate da un volume sospeso di vetro a tutta altezza che segna l'ingresso. Questo prisma di vetro, che al livello superiore ospita una caffetteria fruibile in modo indipendente dal Museo, visibile a distanza anche dall'importante tracciato viario di viale Regina Margherita, è stato progettato come un segnale, che identifica verso l'esterno il museo, altrimenti chiuso in se stesso, e diventa all'imbrunire un faro che illumina le strade adiacenti. Le lastre di vetro che ne costituiscono l'involucro hanno dimensioni ragguardevoli, raggiungono i 6 metri d'altezza; sono costituite da vetri stratificati che inglobano all'interno una sottile rete metallica tessuta artigianalmente, ottenuta con un particolare processo esecutivo brevettato in Francia. La rete ha la funzione di schermare le radiazioni solari, e di graduare la luminosità all'interno della caffetteria producendo una particolare vibrazione e eterogeneità della luce. Le lastre di vetro, irrigidite da montanti in vetro strutturale, sono sorrette da robuste travi in acciaio reticolari, alle quali sono appesi anche i solai; l'accoppiamento acciaio-vetro, che come risaputo hanno differenti coefficienti di dilatazione e caratteristiche statiche, ha determinato notevoli problemi che sono stati risolti tramite particolari giunti di dilatazione.

La sala delle conferenze e gli altri ambienti
Fulcro dell'intera composizione spaziale è la sala della conferenze da 149 posti. A dispetto della sua dimensione relativamente ridotta, rappresenta un elemento cardine della composizione, determinando la forma del foyer, attraversato da eteree passerelle che “riempiono” lo spazio, e dell'unico grande ambiente espositivo che la avvolge. E' realizzata con travi in acciaio a doppio T alte 50 cm, ha una forma sfaccettata, ed emerge per circa un terzo distaccandosi dal pavimento; verrà rivestita in legno e verniciata in un focoso colore rosso che contrasterà nettamente con gli altri ambienti del Museo verniciati in nero o in tinte neutre; una sala lettura è posta sopra all'auditorium, ricalcandone la pianta. Tutta questa porzione centrale del museo sarà coperta da una superficie di vetro inclinata, sopra alla quale scorrerà un velo d'acqua con la funzione di rinfrescare la superficie nelle calde giornate estive, e produrre una luce, all'interno degli ambienti, mutevole e vibrante. Gli spazi destinati all'esposizione sono costituiti da un unico grande ambiente dalla forma irregolare che abbraccia la sala conferenze, alto circa 15 metri illuminato parzialmente dal lucernario centrale. Uno spazio con queste caratteristiche è studiato per offrire una flessibilità totale, d'altra parte l'arte contemporanea prevede installazioni dalle dimensioni, caratteristiche e forme tra le più varie. Altra peculiarità del progetto di Odile Decq è costituita dalla singolare concezione della copertura dell'edificio, pensata come una grande terrazza praticabile rivestita in basalto.