Galleria fotografica – L'edificio della California Academy of Sciences ruota intorno a un ampio spazio espositivo, permeabile alla luce naturale e alle brezze provenienti dall'oceano

La California Academy of Sciences è un'istituzione centrale nel panorama culturale di San Francisco fin dalla sua fondazione nel 1853. Collocata dal 1916 al centro del Golden Gate Park, dove l'oceano Pacifico lambisce la città, la sede dell'Accademia era cresciuta fino a comprendere undici edifici diversi, di cui l'ultimo costruito nel 1976. Al loro interno trovavano posto - caso unico al mondo - un museo di scienze naturali, un planetario, un acquario e diverse attività di ricerca e divulgazione. Quando, nel 1989, il grave terremoto di Loma Prieta danneggiò in modo irreparabile molti degli edifici storici, si decise di costruire, nello stesso luogo, una sede completamente nuova.

A questo scopo, nel 2000, si tenne un concorso in forma privata fra sei progettisti: Renzo Piano fu l'unico che, invece di presentarsi con un progetto già abbozzato, chiese di visitare preventivamente il sito e, sul tetto del vecchio edificio, tracciò con il suo pennarello verde alcune linee ondulate. Questo gesto, tutt'altro che velleitario, sintetizzava l'idea di sollevare una porzione di parco, infilarci sotto le varie funzioni dell'Accademia e lasciare che la copertura vi si adagiasse sopra, creando un paesaggio verde di colline e avvallamenti in quota. Renzo Piano ottenne la commissione e l'idea di un “tetto vivente” si ritrova fedelmente realizzata nell'edificio finito, inaugurato il 27 settembre scorso.

La missione della California Academy of Sciences è di «mostrare, educare e ricercare»: partendo da questo motto, l'architetto conduce un'esplorazione analitica della complessità funzionale dell'istituzione e crea un edificio che è parte integrante del percorso espositivo. Come uno scienziato, si applica a trovare una soluzione in grado di bilanciare le necessità organizzative, il rapporto del costruito con la rigogliosa vegetazione del parco circostante e lo sfruttamento oculato delle risorse naturali (e immateriali) del sito, come la luce e il vento.

L'edificio ruota attorno a un ampio spazio espositivo, permeabile alla luce naturale e alle brezze provenienti dall'oceano. Esso è delimitato da quattro edifici prevalentemente opachi, che ospitano le funzioni accessorie al museo e che richiamano la solidità della precedente sede dell'istituzione (uno degli edifici, recuperato, ospita il diorama originale della natura africana).
Al centro dello spazio si trovano una piazza, parzialmente coperta da una tensostruttura vetrata, e due volumi sferici, uno opaco e l'altro trasparente, che ospitano, rispettivamente, il planetario e un ambiente della foresta pluviale. Al livello inferiore sono collocate le vasche degli acquari (cinque in tutto) che, invece, hanno bisogno di poca luce naturale. Il lato sud, infine, ospita gli uffici e i laboratori di ricerca, visibili dal pubblico grazie ad ampie pareti vetrate che li separano dagli spazi espositivi.

L'approccio olistico si manifesta in modo implicito nella distribuzione delle funzioni, articolate in modo da ottimizzare la ventilazione naturale e l'uso della luce diurna. Lo spirito di rispetto dell'ambiente che informa il progetto è, però, mostrato in modo più evidente attraverso alcune metafore che mettono in relazione diretta il mondo costruito (artificiale) e quello naturale.
Il porticato che si snoda lungo il perimetro dell'edificio è coperto da un tetto vetrato, che contiene 60mila celle fotovoltaiche, la cui ombra ricorda quella creata dal fogliame degli alberi. La vetrata che protegge la piazza centrale è sorretta da una delicata ragnatela d'acciaio; infine, i pannelli acustici sul soffitto rimandano, in astratto, alle squame di un pesce.

In aggiunta, la costante presenza della luce naturale e della brezza marina all'interno degli ambienti (privi, negli spazi espositivi, di condizionamento meccanico) rende cosciente anche il visitatore più inesperto della possibilità di costruire edifici in rapporto armonioso con la natura e che, invece di opporsi agli elementi, ne traggano vantaggio.
La California Academy of Sciences è un messaggio ottimista che Renzo Piano lancia al mondo dei progettisti. Una volta preso atto della fragilità del nostro pianeta, si presenta l'occasione di rifondare i linguaggi architettonici con un approccio diverso al progetto.

Questo elegante edificio - il primo in cui Renzo Piano gioca in modo esplicito la carta della sostenibilità ambientale - compensa la complessità tecnica con un rigore formale quasi classico, alleggerito dal tocco organico del “tetto vivente”: esso manifesta le potenzialità architettoniche latenti negli strumenti che i progettisti hanno a disposizione per limitare l'impatto delle costruzioni.