Nato dalla volontà di regalare alla comunità mondiale un’esperienza educativa immersiva delle pitture rupestri preistoriche di Lascaux, l’obiettivo del Centro Internazionale d’arte parietale è quello di costruire un facsimile completo delle grotte più famose al mondo. Piuttosto che una replica approssimativa, la nuova riproduzione che dà il nome al museo è il risultato di un impegno congiunto di ricercatori, scienziati e decoratori che hanno riportato alla luce le grotte paleolitiche utilizzando tecnologie digitali avanzate per studiarne la morfologia, la luce e l’acustica. Lascaux IV si trova a Montignac, nella regione sud-occidentale di Dordogne, all’intersezione tra le colline fittamente boschive e la valle agricola di Vézère.

Il design di Snøhetta ha concepito il Museo come un netto taglio nel paesaggio, talmente preciso da mescolare artificio e natura in un complesso dalla forte materialità che parla alla natura circostante e alle massicce formazioni rocciose con una geometria forte e decisa e un nuovo paesaggio agricolo per la comunità locale che ruota attorno a esso. Gli architetti Snøhetta e SRA, insieme allo scenografo Casson Mann, hanno lavorato a stretto contatto con un team di archeologi per creare un centro di interpretazione che fa uso di una tecnologia di narrazione esperienziale all’avanguardia abbinata al facsimile delle grotte. Conosciute dagli archeologi come la “Cappella Sistina della Preistoria” per il loro significato spirituale e storico, le grotte riprodotte sono state inserite in un design ultra contemporaneo che ne eleva la spiritualità, da un lato svolgendo la funzione di contenitore perfetto, minimal e misurato, dall’altro esprimendo la natura attuale del luogo potenziata con un tetto verde ricoperto di essenze autoctone e circondato da fiori multicolore e orti.
L’esperienza del visitatore è accuratamente sequenziata. Partendo dall’atrio d’ingresso, il percorso inizia con l’ascesa al belvedere, da dove è possibile godere di una magnifica vista panoramica su Montignac e la Valle di Vézère. Il tetto verde è un grande percorso che attraversa tutto il centro fino ad arrivare al limiti del bosco, dove una graduale discesa facilita la transizione mentale attraverso il tempo e lo spazio, creando una sensazione simile a quella che vissero i primi scopritori della grotta nel 1940. All’interno del fac-simile l’atmosfera è buia e umida, proprio come nelle grotte originali. I suoni sono attutiti e la temperatura scende a circa 16 gradi Celsius. Le luci sfarfallano, proprio come le lampade di grasso animale che facevano luce nel Paleolitico, rivelando gli strati di dipinti e incisioni sulla superficie delle pareti. Qui, circa 900 m di riproduzioni rocciose di resina sono state decorate da 25 artisti nel corso di circa 2 anni ricreando gli stessi pigmenti presenti al tempo dei pittori preistorici.

Uscendo dalla replica della grotta, il visitatore arriva in uno spazio di transizione noto come il Giardino della Grotta. Questo patio, aperto in copertura e racchiuso da pareti di calcestruzzo decorato con strisce dalla finitura sabbiata forse a rappresentare la sedimentazione degli strati rocciosi nel tempo, vuole significare un’area di riadattamento al contesto esterno dopo l’attraversamento viscerale ed emotivo vissuto nella grotta. Il rapporto con il cielo, la presenza di piante e il suono dell’acqua fanno da cornice a questo momento. Il Museo è stato studiato in modo che il visitatore possa, in ciascuno spazio dedicato, vivere un’esperienza multisensoriale. Atmosfere nette, intensità luminose perfettamente bilanciate e spazi espositivi incastonati nella collina sono disegnati per esprimere la giustapposizione di discesa e salita, dentro e fuori, terra e cielo o natura e arte. La zona di orientamento, un lungo corridoio disegnato da linee spezzate e pareti svasate che ripercorrono la matericità del Giardino della Grotta, è uno spazio illuminato dall’alto che dà l’accesso ai molteplici spazi didattici immaginati come appendici di quest’anima calma e contemplativa dove poter stazionare e riposare tra una mostra e l’altra. Il centro interpretativo che segue offre mostre interattive studiate per insegnare la ricca storia della Valle della Vézère e le sue pitture rupestri. Le installazioni di Casson Mann sono arricchite da esperienze di apprendimento digitale che fruiscono di nuovi dispositivi tecnologici e schermi interattivi per offrire i risultati delle più recenti ricerche di esperti preistorici e archeologi. L’Atelier de Lascaux è il primo spazio espositivo, animato da 8 frammenti di parete di roccia appesi dove i visitatori possono esaminare più da vicino i dipinti. L’Atelier fornisce anche informazioni sulla storia delle grotte, sulla loro scoperta, sul motivo per cui la vera grotta è ormai chiusa e su come lavoravano gli artisti di 20.000 anni fa. Le Theatre de l’art paretial presenta un’opera teatrale in tre atti che utilizza luce, suono, video e oggetti per dare vita alla storia dell’arte rupestre di Lascaux. Al cinema, i visitatori indossano occhiali stereoscopici per la visione di un film in 3D che mostra il viaggio in Lascaux I, la grotta originale divenuta patrimonio dell’Unesco nel 1979. Nella Galerie de l’imaginaire i visitatori possono esplorare l’influenza dell’arte rupestre preistorica sugli artisti moderni e contemporanei. Questo contenuto è stato curato da John Paul Jouary, professore, filosofo e autore, il cui lavoro è dedicato al rapporto tra l’arte paleolitica e l’arte del nostro tempo. Come un’aggiunta sorprendente e contemporanea al paesaggio della Valle di Vézère, Lascaux IV fa da cornice a uno dei più noti esempi di arte preistorica, regalando nuovi modi di comprendere il ricco patrimonio del suo sito. Il progetto si basa su una combinazione di elementi low-tech e high-tech, dalla replica meticolosamente dipinta a mano alle mostre di realtà virtuale, coinvolgendo i visitatori in una riscoperta contemporanea dell’arte dei nostri antenati.

Genoma digitale, il modello topografico di Lascaux
Il modello topografico completo di Lascaux I è stato sequenziato da scansioni 3D ad alta risoluzione, con sedici fotogrammi per millimetro. Ventimila fotografie hanno rivelato più iscrizioni di quante non fossero state ancora viste o inventariate dagli occhi umani nei decenni successivi al 1940. L’Atelier des fac-similés du Périgord (AFSP) ha ricevuto una matrice iniziale, fresata da una macchina CNC in blocchi di polistirolo e scolpita da un getto d’acqua ad alta pressione. La superficie della matrice è stata poi lavorata manualmente a tappe da un team di circa trentacinque artisti tra pittori, scalpellini e scultori per ottenere un’esattezza millimetrica in concrezioni granulari e un reticolo di oltre 1.5000 motivi incisi. Gli strumenti solitamente utilizzati per l’igiene dentale sono stati utilizzati per lavorare di precisione. I rilievi sono stati successivamente modellati a partire da una matrice elastomerica siliconica, su cui è stata applicata la tecnologia “stone veil”, una miscela brevettata di polvere di pietra e resina acrilica lavorata in una cabina sigillata e ventilata, mentre gli “scafi” in resina e vetroresina sono stati applicati come supporti. Questa epidermide di pietra è stata verniciata più volte per riprodurre la gradazione di colore della roccia, incorporando un cocktail di calcare e quarzo frantumato per ricreare un’ immensa pagina bianca di calcite, paragonata dall’artista dell’AFSP Gilles Lafleur a “pelle sottilissima”, in preparazione alla rappresentazione dei motivi dipinti densamente stratificati di Lascaux. Per tutto il tempo, gli artisti dell’AFSP sono stati guidati dall’editto “stesse tecniche ma con strumenti moderni” e “sensibilità, non personalità “. Nessun artista ha lavorato su un intero animale o motivo dipinto. Gli ampi tracciati dell’iconografia di Lascaux dell’Abbé Breuil, realizzati a metà del XX secolo contro la roccia stessa sono stati usati accanto alle scansioni 3D come punti di confronto analogici. In un continuo assemblaggio di conoscenze, un collegio di esperti coloristi, scienziati e preistorici ha partecipato a sessioni di visualizzazione nel corso di mesi, in cui più strati di immagini sono stati proiettati uno sopra l’altro, tramite proiettori, sulla superficie della replica, in modo che il comitato di esperti potesse “convalidare ogni millimetro”, ogni metodo di applicazione, e, quando necessario, contestare la più piccola variazione rispetto alla grotta originale.

Un facsimile acustico che riporta al Paleolitico
Nell’arte parietale le tecniche di illuminazione variano da un sito all’altro, sia negli originali che nelle repliche, sia che si tratti di una torcia a mano di una guida turistica, di una torcia vera e propria o di sofisticate luci incorporate. Quasi tutte le tecniche operano per animare, con la luce, la natura cinematica delle opere in questione. A Lascaux IV, l’impianto illuminotecnico sviluppato da 8’18”, un’agenzia di illuminazione concettuale, emula le lampade di grasso animale utilizzate dai creatori del Paleolitico, che i sensori di prossimità fanno sfarfallare quasi impercettibilmente. Altre modalità sensoriali offrono mezzi alternativi per percepire le opere. A Lascaux IV il suono, essendo commisurato al tempo profondo del suo referente, ossessiona il facsimile come uno strato fossile vivente, spettralmente e speculativamente; una forma di patrimonio immateriale fatta per echeggiare nei timpani dei visitatori. In linea con l’incarico di creare un analogo sensoriale di Lascaux IV, Daniel Commins, l’ingegnere acustico del progetto, specializzato in teatri d’opera e sale da concerto, ha proposto di effettuare misurazioni acustiche all’interno della grotta originale. Nonostante la sua proposta fosse stata respinta dal Consiglio Scientifico di Lascaux, Commins è riuscito a effettuare dei test a distanza sfruttando i due capi progetto di Snøhetta. Per analizzare l’acustica della grotta originale, i due progettisti sono stati dotati di una strumentazione “arcaica” in grado di registrare segnali sonori impulsivi, ovvero emissioni acustiche acute, da diversi punti di misura, compresa la presunta posizione di “maestro delle cerimonie” all’interno della famosissima Sala dei Tori. Con i risultati, Commins ha prodotto un modello 3D digitale della geometria della grotta, studiandone il tempo di riverbero, l’intelligibilità del discorso e la chiarezza. Lascaux I ha un’acustica simile a quella di una sala sinfonica, suggerendo a Commins come le persone del Paleolitico fossero atte al vocalizzo nelle caverne, sia in modalità cantata che parlata, deducendone un modo di vivere le sensazioni prossima agli esseri umani odierni. Facendo uso di queste tecnologie, una volta completato il facsimile, Commins si è reso conto che Lascaux IV può ben rappresentare una sorta di specchio sonoro trans-millenario evocante l’orecchio paleolitico di Lascaux I.

Scheda progetto
Architetti: Snøhetta
Associate architect, design: Duncan Lewis Scape Architecture
Associate architect, construction: SRA Architectes
Scenography: Casson Mann
Committente: Conseil Général de la Dordogne
Costruzione: 2012-2016
Area: 53,056 mq
Area costruita: 8,365 mq
Design, interni e landscape: Snøhetta
Architetto locale durante la progettazione: Duncan Lewis Scape Architecture
Architetto locale durante la realizzazione: SRA Architectes
Scenografia: Casson Mann
Realizzazione della replica: AFSP - Atelier des Fac-Similés du Périgord
Cliente: Conseil Général de la Dordogne
Virtual Reality Specialist durante la progettazione: Jangled Nerves
Facciate: RFR
Lighting Designer: 8’18’’
Strutture: Khephren Ingéniere
Infrastrutture e sicurezza: Alto Ingénierie
Acustica: Commins dBlab
Analisi costi di costruzione: VPEAS
Società operativa e di gestione: Semitour Périgord
Photos: Eric Solé, Dan Courtice, Boegly+Grazia

Arketipo 136, Terra, marzo 2020