Testo di Davide Desiderio
Dall'antichità , quando Assiri e Babilonesi stampavano i primi manufatti in argilla essiccata, fino ai giorni nostri, la produzione dei laterizi si è conservata sostanzialmente immutata nel susseguirsi delle sue fasi più importanti. Uno stampo di legno o di metallo da riempire con una opportuna quantità di argilla lavorata a mano (alla quale è stata aggiunta una certa quantità di sabbia per non fare attaccare l'impasto allo stampo stesso) e un raschiatore costituiscono gli attrezzi del lavoro invariati da secoli. Una produzione, quindi, quella del laterizio a pasta molle, che affonda le sue radici nell'antichità ; da allora sono state migliorate le singole fasi del processo produttivo, soprattutto la prelavorazione o raffinazione dell'argilla e la movimentazione dei pezzi; le singole fasi, tuttavia, non sono state snaturate. L'impasto di argilla, dapprima sabbiato, è introdotto nello stampo aperto su di una sola faccia, per mezzo di operazioni sapienti di battitura e compressione; poi l'argilla in eccesso è asportata con un raschiatore di legno e, infine, lo stampo è capovolto per consentire l'estrazione del mattone o del pezzo speciale. In questa apparentemente semplice successione di azioni che si ripete da secoli, si nasconde il sapiente mistero della produzione dei laterizi a pasta molle.Le fasi precedenti e successive allo stampaggio, nell'ottica della ricerca di una sempre maggiore qualità , hanno subito una certa modernizzazione: soprattutto la prima fase di escavazione durante la quale l'argilla viene estratta ai giacimenti attraverso mezzi meccanici e portata nei "monti" nei pressi della fornace. Segue la fase di prelavorazione durante la quale l'argilla, roccia sedimentaria composta prevalentemente da silice, allumina e acqua, secondariamente da calcio sotto forma di carbonato o solfato e da ferro sotto forma di ossido, prima di essere avviata alla produzione vera e propria in fornace subisce un processo di raffinazione: dapprima viene liberata dalle impurità (sassi, radici e materiale vario), viene frantumata in zolle, laminata (per eliminare le inclusioni calcaree), decantata ed infine miscelata con una quantità di acqua superiore al 40% del suo peso per ottenere un prefissato grado di lavorabilità , il pasta molle appunto. La fase più delicata ed importante di tutto il processo produttivo è la formatura che, come abbiamo visto, è ancora affidata alle sapienti mani del maestro stampatore per tutti i mattoni delle varie linee "Elementi di architettura". A partire dalla seconda metà dell'Ottocento sono state sviluppate tecniche di produzione industriale per i mattoni dalle dimensioni più comuni (12x25x5,5 e 15x30x5,5). Tali tecniche consentono la formatura di migliaia di pezzi all'ora, con procedimenti automatizzati che tuttavia riproducono fedelmente le stesse fasi della formatura a mano. Nella produzione meccanizzata si sostituisce, alla manualità dell'artigiano, una batteria di stampi, nei quali si raccoglie per gravità l'argilla prelavorata. Durante la lenta essiccazione il mattone formato arriva a perdere fino al 90% dell'umidità di impasto; l'acqua raggiunge le superfici esterne e calde e costituisce le micro, medio e macro-porosità , cioè la struttura porosa che rende il mattone resistente al gelo ed agli agenti atmosferici. Ma è durante la cottura, la fase principale del processo tecnologico di produzione dei laterizi, che l'argilla diventa "terra cotta", cioè raggiunge la pienezza delle sue caratteristiche fisiche e prestazionali. Anche per questa fase il procedimento non è mutato molto nei secoli, se non nella progressiva evoluzione del processo di cottura (dai forni Hoffman ai moderni forni a tunnel) e nei dei tipi di combustibile (da carbone, gasolio e legna a metano). Con questa fase si completa il ciclo produttivo del laterizio a pasta molle. Tradizione e innovazione sono pertanto concetti sempre presenti nello sviluppo delle tecnologie produttive dei laterizi a pasta molle. Nuovi macchinari che tentano di riprodurre i sapienti movimenti dei maestri stampatori sono progettati per non snaturare un processo che ancora si confronta con il patrimonio della tradizione e della sapienza costruttiva degli antichi. Non è un caso infatti che le moderne macchine e robot, che hanno in parte sostituito le operazioni più faticose e di routine affidate un tempo all'uomo, siano state disegnate con sembianze antropomorfe.Non c'è spirito innovativo e nuova sperimentazione che non si confrontino con la tradizione. è questa la forza ed al tempo stesso il fascino del mattone a pasta molle, come ben scrive l'architetto Giancarlo De Carlo, uno dei maestri dell'architettura contemporanea ed al tempo stesso uno dei più sensibili ed appassionati conoscitori della tecnologia del mattone a pasta molle: "... un materiale antico e anche moderno. Viene dalla terra, lo si impasta con l'acqua, lo si cuoce col fuoco, lo si asciuga con l'aria e al sole. Inoltre è modulare e componibile, senza snaturarsi può dar luogo a manufatti di piccola o grande dimensione, può essere disposto in innumerevoli tessiture, può rendere soffice o tagliente la luce, colorarla, assorbirla, rifletterla, rifrangerla. La sua stupefacente singolarità - mirabile qualità - è di essere stato moderno in ciascuna delle tante epoche che ha attraversato, conservando il fascino di essere antico".
Tratto da "La pelle degli edifici", supplemento di AREA n. 64, Federico Motta Editore
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