Leibniz Arcade  

Località Walter-Benjamin-Platz 1-8, Leibnizstrasse 49/53, Berlin-Charlottenburg, Germania
Committente Grundbesitz Investitions - gesellschaft; Leibniz-Kolonnaden mbH & Co; KG c/o Tercon
Architetti Hans Kollhoff & Helga Timmermann
Elementi in pietra Lauster Steinbau, Stuttgart

Se l'architetto Kollhoff non avesse iniziato il progetto di questa piazza prima del crollo del muro, potremmo dire che questo affascinante spazio urbano è il migliore saggio critico contro lo stato confusionale, di sconclusionata leggerezza mista a cinismo, dell'architettura contemporanea.
Nessun progetto più di questo conferma la tesi di Nietzsche che "lo stile classico rappresenti essenzialmente la calma, la semplificazione, l'abbreviazione, la concentrazione"1, rafforzando in noi il convincimento che "classico non sia uno stile", ma un dire con chiarezza e con pochi mezzi espressivi. Lo stile è piuttosto la traccia delle qualità morali dell'architetto nella sua opera, mentre la curiosità per gli stili scambia l'apparenza per l'essenza.
Osservata da questo punto di vista teorico la piazza delle "Leibnizkolonnaden" è un progetto anticonformista e sorprendente. Sorprende la forte connessione urbana tra le importanti strade della Berlino ottocentesca aggrappate al Kurfurstendamm.
Sorprende la semplicità della soluzione a due facciate simmetriche, ma non identiche. Sorprende l'ordine colonnato ripetuto con alcune piccole variazioni. Colpisce la colonna ben proporzionata con un entasis elegante, conclusa da un semplice collarino, ed apparentemente "scolpita" in un unico pezzo di granito.
Cominciamo da quest'ultima osservazione. Come mai nessun architetto s'è detto sorpreso di queste colonne monolitiche? Perché nessuno si è chiesto come mai le 60 colonne sono tutte uguali e sembrano essere cavate da un medesimo masso?
Che cosa è cambiato tra noi e Pausania, che nel 173 d.C., visitando il Tempio di Hera ad Olimpia, scopriva che c'èra ancora una colonna in legno nell'opisthodomo, e che tutte le altre in pietra erano leggermente diverse l'una dall'altra?2
Pausania, scrivendo la prima guida di viaggio, si sulla stranezza di questo fatto, perché rifletteva in termini costruttivi e non in termini puramente formali, pur non essendo un architetto.
La curiosità per la costruzione, che ha sempre accompagnato l'architetto si è oggi indebolita al punto da capovolgersi nel suo opposto: in un'allergia per la costruzione stessa, allergia che inizia assai prima della teorizzazione del decostruttivismo.
La maggioranza degli architetti contemporanei è, dal punto di vista costruttivo, analfabeta. Forse perché è più facile interessarsi delle immagini, piuttosto che chiedersi come si reggono in piedi gli edifici che costruiamo. Questo è un vecchio vizio, che, per la mia generazione, ha probabilmente inizio nel periodo dell'architettura disegnata (Triennale 1974), vizio che ha fatto sì che gli architetti del puro disegno si trasformassero, vent'anni dopo, in architetti della pura computer graphic, mutando anche "pelle figurativa".
Solo così si spiega il fatto che non si siano assolutamente meravigliati dell'artificio delle 60 colonne tutte uguali, della loro levigatezza, della loro entasis, della loro provata resistenza al carico di 5 piani, senza fessurazioni e senza cedimenti.
Se non fosse così si sarebbero detti che non esistono massi di granito così grandi e dalla pasta così uniforme al mondo. Si sarebbero chiesti inoltre quali lavorazioni e quali utensili nuovi potevano permettere una levigatura delle superfici curve così esatta e lucente, senza alterare la loro elegante elastica curvatura verticale.
Il silenzio su questi spontanei interrogativi non si accompagna ad alcun imbarazzo, perché gli architetti non vedono il problema, non sanno neppure che esista.
Sembra che il disinteresse per la storia dell'architettura da essi condivisa, sia anche il disinteresse per il principio teorico della Sachlichkeit, cioè dell'oggettività della materia con le sue esigenze ed i suoi difetti. Già allora, negli anni '20, questo interesse rimase solo teorico, perché il quartiere Weisenhof cominciò subito a degradarsi, i serramenti ad ossidarsi, i tetti a terrazza a spandere, gli intonaci a staccarsi dai cementi armati.
Già allora la Sachlichkeit si capovolse in Unsachlichkeit, cioè nel dilettantismo.
Ancora qualche considerazione sulla colonna di Kollhoff. L'entasis, della cui assoluta precisione progettuale presso i greci abbiamo una prova nello stupendo disegno tecnico inciso nel basamento del Tempio di Didima, è in questo caso racchiusa ed impressa dal cassero metallico, per cui la levigatura "segue" la forma data da tale cassero, grazie alla abrasione geometricamente perfetta di circa 10 mm di materia superficiale eseguita da un gigantesco tornio. Questa levigatura è necessaria per portare in supeficie la granulometria delle graniglie di marmi diversi decisa da Kollhoff come in un terrazzo veneziano.
Ciò prova che la bella forma è ancora raggiungibile, anche se gli scalpellini e gli artigiani sono scomparsi dai nostri cantieri; giustificando in alcuni l'idea che le soluzioni precarie ed i dettagli imprecisi siano inevitabili nel nostro tempo.
Qualcuno dice ancora che non ci sono più le maestranze che sappiano eseguire con l'intonaco i dettagli di Schinkel; oppure che non ci sono più le maestranze per eseguire i dettagli marmorei o in acciaio di Mies van der Rohe.
Il nostro tempo però ha sostituito gli artigiani e gli scalpellini con le macchine a controllo numerico, intelligenti, sensibili ed obbedienti. Esse possono fare molto di più di quanto le maestranze di Schinkel e Mies van der Rohe sarebbero mai riuscite a fare. Solo che gli architetti, divenuti una élite pigra, non hanno né tempo né voglia di capire il grande potenziale di soluzioni costruttive che queste macchine mettono a loro disposizione.
Il mio interesse per le nuove tecnologie non è rivolto ad un ritorno all'"ornamento", ma è un invito per gli architetti a riflettere sull'eleganza che la "precisione assoluta" ottenuta con questi utensili introduce nel più piccolo dettaglio di architettura.
Il progetto della piazza di Kollhoff mi fa ancora credere che "l'ordine architettonico" non sia più considerato in Germania sinonimo di "ordine militare", pensiero ossessionante di molta critica tedesca; e che la simmetria da lui perseguita nei due prospetti della piazza, introducendo un ordine nell'architettura di essa, non prepari necessariamente il "ritorno dell'assolutismo".
"Il grande stile consiste nel disprezzo della bellezza piccina e breve, esso è il senso del poco e lungo" diceva ancora Nietzsche.3 "Il poco" è la parsimonia figurativa, "il lungo" la sfida dell'architettura a durare, ad avere una lunga eco nel tempo.
L'atmosfera di serena nobiltà che regna nella piazza delle "Leibnizkolonnaden" in un pomeriggio di estate è in sintonia tanto con il colorato disordine delle bancarelle per la frutta e per i fiori che la popolano, quanto con i bambini che giocano con la sua fontana, nel tentativo di chiudere con i piedi scalzi gli ugelli da cui sprizza l'acqua sul suo piano leggermente incurvato, mentre ridono e gridano senza farsi male.

Note
1 "Der klassische Stil stellt wesentlich diese Ruhe, Vereinfachung, Abkürzung, Konzentration dar", (F.N. n. 799).
2 Pausania: guida della Grecia, libro V-15.
3 "Der Große Stil besteht in der Verachtung der kleinen und kurzen Schönheit, ist ein Sinn für Weniges und Langes", (F.N. XIV, 145).

Testo di Augusto Romano Burelli
Estratto da Materia n. 39

Planimetria generale
Colonna Sezione e prospetto del partito architettonico della facciata