Liliana Grassi: dall'impegno per la ricostruzione postbellica a una teoria-prassi del restauro, fondata sulla moderna storicità dei saperi
Maria Antonietta Crippa


Liliana Grassi si apre al mondo della cultura e della professione proprio nell'immediato dopoguerra; si è infatti laureata architetto, al Politecnico di Milano, con il professore di restauro Ambrogio Annoni, nel 1947 alla fine della guerra. Ha coniugato da subito lo studio e l'attività didattica universitaria con il lavoro professionale. Assistente della cattedra di Restauro dei monumenti della Facoltà di Architettura e del cantiere di restauro dell'Ospedale Maggiore di Milano diretto dal suo professore, la giovane studiosa diede continuità, ai lavori e al pensiero del maestro, dopo la sua morte avvenuta nel 1954.
Tuttavia chi la conobbe, più che ricordare una continuità con tale pensiero peraltro mai rinnegata, coglieva in lei la forte e lucida determinazione a dare al restauro una interpretazione personale, ancorata ad una profonda conoscenza della storia dell'architettura e ad una altrettanto approfondita capacità progettuale.
Evidente era, in particolare, il  suo impegno per la costituzione e diffusione di una qualità culturale e spirituale della contemporaneità, in primo luogo milanese, attraverso l'architettura, antica e nuova. Fu un impegno di tutta la vita; lo testimonia un suo pensiero che mi lesse pochi mesi prima della prematura scomparsa e da me trascritto: "L'architettura, per me, è essere, proposta di libertà costantemente controllata, difesa con lo studio della storia, con la prudenza della ricerca, con la solitudine della fantasia, con il raccoglimento disinteressato".