Marmi e pietre – Il nostro paese ha contribuito nell'ultimo decennio per il 78% della tecnologia acquistata da Teheran

Nel giro di un decennio, l'Iran ha investito in macchine, impianti e beni strumentali d'importazione, destinati al settore lapideo, per circa 200 milioni di euro, cui l'Italia ha contribuito nella misura del 78%, a dimostrazione del permanente apprezzamento per il suo know-how e per la sua qualità. Sono cifre che, peraltro, attestano la grande crescita che le attività di estrazione e lavorazione del marmo e della pietra hanno avuto nella Repubblica islamica, facendola diventare uno dei maggiori protagonisti mondiali del comparto.

Non a caso, l'Iran è accreditato per un'escavazione di circa undici milioni di tonnellate, provenienti da 900 cave attive; e di cinquemila unità trasformatrici, con una capacità produttiva pari a 90 milioni di metri quadrati, riferiti allo spessore convenzionale di due centimetri. Circa un terzo del volume si riferisce alla cosiddetta “pietra cinese”, un materiale povero destinato a usi strutturali, ma anche prescindendo da tale quota, la produzione lapidea iraniana si colloca al quinto posto nel mondo, dopo Cina, India, Turchia e Italia.

L'importazione è sostanzialmente preclusa, limitandosi a scarsi quantitativi di grezzo e lavorati speciali, non tanto per una scelta protezionista, quanto perché il mercato assorbe una quota largamente maggioritaria dei prodotti domestici. L'export, nell'ultimo anno, si è attestato intorno a 750 mila tonnellate, costituite in prevalenza da marmi e travertini grezzi, per un valore complessivo di poco inferiore a 150 milioni di dollari. Il maggiore acquirente è la Cina, ma diverse partite di pregio sono spedite anche in Europa, specialmente in Italia, per un'esclusiva d'alto valore cromatico, come il famoso travertino rosso.

L'export di lavorati, dal canto suo, è quantitativamente minoritario, ma prevale nettamente in valore con circa due terzi del totale; le destinazioni prevalenti sono nell'area del Golfo, in particolare alcuni paesi in forte crescita edilizia, quali Kuwait, Emirati e Arabia Saudita. Questi ultimi sono agevolati dal prezzo medio del manufatto iraniano, molto competitivo rispetto a quello dell'Occidente e allineato alla quotazione cinese dell'export, che con circa venti dollari al metro è pari a un terzo del corrispondente livello italiano.

Per quanto riguarda gli approvvigionamenti di tecnologia lapidea e la forte presenza di quella italiana, che recentemente aveva trovato in Iran una domanda leader a livello mondiale, il fenomeno è esteso a tutte le parti del ciclo produttivo: 74% nelle macchine di segheria, 83% in quelle di lucidatura e trattamenti analoghi della superficie, 77% nelle altre occorrenze di laboratorio.

La tradizione lapidea iraniana ha origini assai lontane, ma ha trovato occasioni di sviluppo quantitativo quasi imprevedibili da un punto di vista tecnico, con particolare riguardo all'ultimo decennio. Si può affermare, in questo senso, che la Repubblica islamica abbia fatto propria la raccomandazione del 1976, rivolta dall'Onu ai Governi nazionali e regionali interessati, affinché tenessero nel giusto conto le grandi opportunità offerte dal comparto lapideo nell'avviamento o nel potenziamento delle politiche di sviluppo. La capacità di valorizzare opportunamente le risorse locali non è stata condizionata dal primato petrolifero, né dalla suggestione monoculturale con cui taluni produttori dell'oro nero continuano a confrontarsi.