Progettato dallo studio irlandese O’Donnell+ Tuomey Architects, il Saw Swee Hock Student Centre (SSHSC) nasce dalla necessità di creare un nuovo punto di riferimento all’interno del campus della London School of Economics (LSE). Edificio mai visibile nella sua interezza, il SSHSC si mescola con il contesto grazie al rivestimento di mattoni che caratterizza l’impostazione vittoriana di Aldwych, ma distinguendosi da essa per la spiccata articolazione formale. Scolpito nel cuore del quartiere universitario londinese, l’edificio è visibile passeggiando per Sheffield Street, la via principale che porta al centro, e da St. Clement’s Lane, che ora termina all’ingresso del nuovo complesso studentesco. Prodotto dell’area in cui si inserisce, la forma dell’SSHSC deriva dall’intricato reticolo viario governato dalla maggiore Lincoln’s Inn Fields e dalla limitrofa St Clement’s Lane, dalle restrizioni urbanistiche legate al diritto di luce degli edifici preesistenti e dalle diagonali disegnate in base al programma funzionale interno. Il risultato è un edificio generato da sette sezioni orizzontali differenti congiunte da una facciata monomaterica costituita da mattoni realizzati ad hoc che delimita lo sviluppo interno avvolgendosi su se stessa. Mentre la facciata orientale si piega verso l’interno per creare un punto di raccolta, gli angoli si avvicinano alla verticale per poi superarla nel senso inverso con l’avvicinarsi delle vie a nord, sud e ovest. Il passaggio tra spazio esterno e ambiente interno è risolto da uno squarcio nel rivestimento opaco per fare posto a una vetrata a doppia altezza che illumina la parte centrale dell’edificio e catalizza l’attenzione sul foyer.
Laddove la facciata esterna è continua, giochi di pieni e vuoti creano piani perforati usati per filtrare la luce naturale di giorno e proiettare all’esterno la luce artificiale durante le ore notturne. Il SSHSC è visto come “una nave da crociera”, dove funzioni quali uffici, palestra, spazi ludici, caffetterie e luoghi di preghiera sono aree di varia dimensione incastrate le une alle altre a formare un grande puzzle. Il risultato è un edificio che risolve le difficoltà di un contesto serrato sviluppandosi in un blocco multipiano descritto da spazi e flussi che generano ambienti openspace dalle forme non ortogonali. All’interno del SSHSC, le funzioni sono distribuite in modo da rafforzare connessioni visive e attività di primario interesse, sfruttando la pianta libera per creare un’interazione fra i diversi livelli. L’edificio si compone, in totale, di nove piani, due dei quali sono seminterrati. La distribuzione verticale avviene mediante tre ascensori e sette scale dislocate lungo il perimetro, con la sola eccezione della scala centrale a spirale posta di fronte ai due ingressi principali. Al piano terra si distribuiscono aree di ritrovo, sale eventi, un pub e una serie di stanze ausiliarie che occupano anche parte dei due livelli seminterrati. Isolati acusticamente dal resto dell’edificio, i piani seminterrati ospitano show e concerti in ambienti che diventano discoteca nel fine settimana. Il primo piano, utilizzato come spazio comune, è stato pensato come una grande area di ritrovo dove poter socializzare, mentre al livello superiore ci sono una spaziosa caffetteria, tre stanze di preghiera e il centro media, che contiene le postazioni radio e televisione del campus. Il terzo piano, adibito a uffici, ospita 28 postazioni a pianta libera e una sala conferenze, mentre al quarto e quinto piano ci sono, rispettivamente, la palestra e alcune attività di consulenza lavorativa. L’intenso programma funzionale si chiude con l’ultimo piano e la soprastante terrazza, dove ci sono un bar, una sala incontri dell’LSE e alcune aree relax.
Così come il susseguirsi di attività descrive la forma di ogni livello, differente dal precedente piano dopo piano, l’attenzione al dettaglio e le scelte di materiali e tecnologie elevano il manufatto e lo classificano dal punto di vista della costruzione. L’edificio guarda all’adattabilità funzionale tipica dei blocchi industriali dismessi attraverso una struttura composta di solette prefabbricate di calcestruzzo supportate da travi e colonne metalliche di colore rosso. I carichi verticali sono trasmessi a terra dal core di calcestruzzo degli ascensori, dagli elementi verticali, dove presenti e, in modo intermittente, dalle pareti perimetrali. A ogni piano le attività sono divise da pareti leggere e scorrevoli di legno e vetro colorato che possono, all’occorrenza, cambiare la loro configurazione per accogliere diverse funzioni. Il linguaggio interno è un collage di elementi che dialogano tra di loro mantenendo una spiccata individualità. Elementi più razionali come le scale, rivestite da pannelli di separazione in terrazzo dall’aspetto nodoso “a pelle di elefante” che si alternano alla luccicante superficie delle pedate, si contrappongono a elementi come il blocco ascensore, rivestito da pannelli verniciati di vario colore che sembrano richiamare lo stile architettonico Anni Settanta. Allo stesso modo l’esterno, che sembra riprendere i tratti di un’architettura orientale, colloquia con il linguaggio vittoriano che circonda l’edificio prendendone in prestito il materiale di rivestimento, il mattone, e riutilizzandolo in chiave contemporanea. Tra i requisiti imposti dalla committenza, l’utilizzo di strategie a basso impatto energetico hanno portato gli architetti a lavorare sull’ottimizzazione del materiale da costruzione. Elementi naturali non trattati, come il mattone, il legno e lo zinco, sono stati selezionati considerando l’energia impiegata per la loro produzione e trasporto. L’uso combinato di pannelli fotovoltaici in copertura e impianti ad alta efficienza hanno contribuito all’abbattimento del consumo energetico totale, portando l’edificio a ridurre di due terzi il fabbisogno energetico rispetto a un edificio di eguali dimensioni e costruzione.
ORIGAMI DI MATTONI: UN INVOLUCRO DISEGNATO DALLA LUCE
La pelle sfaccettata del SSHSC è composta principalmente da una cortina di mattoni che, piegandosi, richiama la tradizionale tecnica giapponese dell’Origami. Orientamenti e inclinazioni derivano da un attento studio illuminotecnico che punta all’ottimizzazione della luce naturale quale fonte primaria di illuminazione interna. L’intero blocco è scolpito dalla luce, pizzicato, ritagliato e piegato per fare spazio agli ingressi al piano terra e fornire ombreggiatura ai piani superiori. La facciata è realizzata dallo slittamento tra un mattone e l’altro a creare vuoti che fungono da filtri solari e permette la ventilazione naturale. Le file di mattoni, che si ripetono senza soluzione di continuità in alcuni punti, si intervallano a ritmi regolari in altri e spariscono completamente in corrispondenza degli ingressi e degli spazi di distribuzione. Lo schema di facciata è costituito da 46 tipologie di mattoni di dimensioni standard e 127 di mattoni di dimensioni speciali per un totale di 175.000 elementi che hanno permesso la realizzazione dell’involucro senza tagliare un solo blocco. Ogni elemento, assemblato interamente a mano, è fissato ai setti di calcestruzzo retrostanti tramite profili metallici ad angolo localizzati a ogni piano. Il reticolo color rosso fiammingo è poi suddiviso in blocchi di dimensione quasi regolare per garantire resistenza al vento e separato dai blocchi di mattoni limitrofi con piastre di metallo. Parallelamente al mattone, un sistema di finestre con triplo vetro è inserito per gestire i flussi termici e ventilativi dell’edificio. Mentre dietro le aree di mattoni traforate i serramenti delle finestre sono di alluminio, nelle parti in cui l’involucro opaco lascia il posto a quello trasparente i serramenti diventano spessi profili di legno che realizzano la continuità tra le due superfici attraverso il loro spessore. Il legno di Jatoba, essenza proveniente dal Brasile, sembra contrastare con quanto definito dal protocollo BREEAM, relativo alla scelta di materiali locali per la riduzione dei costi di trasporto ma O’Donnell + Tuomey promuovono l’essenza esotica spendendo le sue peculiari proprietà di durabilità, resistenza allo strappo e alla deformazione, oltre che la possibilità di utilizzo senza necessità di trattamenti superficiali.
SOSTENIBILITÀ: LA CERTIFICAZIONE BREEAM
Costruito attorno a strategie sostenibili quali l’ottimizzazione formale in base all’orientamento solare, l’uso di isolamento termico e l’impiego di impianti ad alta efficienza, il SSHSC riduce anche la profondità degli spazi per migliorare il benessere visivo e termico attraverso l’uso di luce e ventilazione naturale all’interno degli ambienti principali. A differenza di quanto avviene in edifici standard, dove involucri frammentati di ogni tipo portano a un considerevole aumento del fabbisogno energetico, i risultati ottimali dimostrati in fase di progetto dal SSHSC sono per la maggior parte dovuti proprio ai molteplici orientamenti delle facciate. Le porzioni vetrate sono state dotate di un sistema a pannelli di ventilazione che si può aprire in modo automatico o manuale, così da gestire, in ogni momento, il flusso di aria entrante con la possibilità di manipolazione da parte dell’utente in caso di necessità. L’edificio gestisce il fabbisogno energetico attraverso due sistemi di cogenerazione (CHP) della capacità di 42 kW ciascuno che, congiuntamente a un boiler da 600 kW, provvedono al condizionamento e al fabbisogno elettrico dell’edificio. Di natura autonoma, i tre sistemi combinati operano quando necessario: mentre un’unità di CHP provvede all’approvvigionamento di acqua calda sanitaria, l’altro modulo sopperisce a circa il 25% del fabbisogno di riscaldamento totale. Il boiler è utilizzato per il restante 75% e, se necessario, lavora in congiunzione con l’unità di CHP per il riscaldamento di acqua calda sanitaria. Mentre l’unità per l’approvvigionamento di acqua calda opera durante tutto l’anno, gli altri due sistemi sono sfruttati solo nel periodo invernale. Per il funzionamento di impianti elettrici e di condizionamento, 245 m2 di fotovoltaico in copertura producono circa 11,68 kWh/m2. Rispetto a un edificio tradizionale di simili dimensioni e costruzione, il SSHSC riduce di circa il 70% il consumo di energia per condizionare l’edificio, abbatte del 27% il fabbisogno energetico per acqua calda sanitaria e risparmia circa il 40% in termini di illuminazione artificiale. Secondo i calcoli effettuati in fase di progetto, l’edificio scolastico raggiunge il miglior risultato secondo la certificazione BREEAM ed è stato classificato come “oustanding” grazie a un totale di 86,45%.
Scheda progetto
Progettista: O’Donnell + Tuomey Architects
Committente: London School of Economics and Political Science, Estates Division
Periodo di costruzione: May 2011 - December 2013
Superficie costruita: 6,101 mq
Costo: 32.87 million euros
Localizzazione: Houghton Street, London WC2A 2AE, UK
Gruppo di progetto: J. Tuomey + S. O’Donnell (Directors), W. Carey (Associate), G. Brouder (Project Architect), L. Harty, K. Smeaton, G. Watkin, A. L. Duignan, Ciara Reddy, J. Leonard, I. O’Cleary, H. Wolterstorff, M. Grehan, M. Hinz
Ingegneria strutturale: Dewhurst Macfarlane and Partners, Horganlynch
Ingegneria impiantistica e ambientale: BDSP
Consulente sicurezza, antincendio, acustica, trasporti e logistica, installazioni: Arup Consulente accessibilità: David Bonnett Associates
Consulente archeologico: Gifford
Project Manager: Turner & Townsend
Controllo costi: Northcroft
Consulente concessioni edilizie: Turley Associates
Periodo di progettazione: June 2009
Impresa principale: Geoffrey Osborne Limited
Coordinatore sicurezza in fase di progettazione: Gardiner & Theobald
Consulente facciate: Anstey Horne
Consulente permessi edilizi: Carillion
Photos: Dennis Gilbert, Jim Stephenson, O'Donnell + Tuomey Architects