L'ufficio griffato

Testo di Renata Sias (US workplace, contract, design, management)

Anche per l'ufficio, come già è avvenuto in altri settori dell'arredo, la firma di fama può rivelarsi un potente strumento di marketing. Tra gli arredi presentati all'ultimo Salone Ufficio di Milano sorprende, non solo il numero elevato di mobili direzionali di alto livello e di ottima qualità, ma anche la tendenza ad offrire un ulteriore plus: il nome dell'architetto, del car o dell'industial designer di punta da sfoggiare come un nuovo segno di status.

L'ufficio executive è indubbiamente, da sempre, un ambiente con forte carica rappresentativa: vi si rispecchiano l'identità aziendale, ma anche il carattere e i gusti personali del singolo dirigente. Nonostante l'apparente tendenza all'eliminazione delle strutture organizzative gerarchiche, il mobile direzionale non conosce crisi; anzi, proprio in un momento come quello attuale, in cui le aziende riducono al minimo i costi per l'acquisto di arredi operativi, l'ambiente direzionale e in genere tutti gli ambienti di rappresentanza, hanno il compito di riflettere l'immagine che l'azienda vuole comunicare verso l'esterno; la scrivania può quasi essere considerata una sorta di benefit per il dirigente e per questo motivo diventa sempre più preziosa, vero oggetto di culto, scultorea o ipertecnologica, minimale o stravagante.
A differenza di tutti gli acquisti che in azienda sono delegati all'ufficio deputato o al capitolato del progettista, è il manager in persona che sceglie l'arredo per il "suo" ufficio selezionandolo tra quelli che hanno maggiore affinità con il suo stile di vita o con maggiore appealing.
Come per ogni altro acquisto personale -abbigliamento o accessori, auto o sport- contano nella scelta dell'arredo la qualità dei materiali (intramontabili i tradizionali legno e cuoio, affiancati da quelli più high-tech come cristallo e metallo o dai più innovativi come Corian, vetroresina o fibra di carbonio) e il dettaglio delle rifiniture artigianali, ma anche il nome del progettista ha una forte influenza.
I noti architetti Doriana e Massimo Fuksas firmano Mumbai, la nuova collezione executive di Haworth Castelli, trasferendo nella scala ridotta dell'industrial design le competenze progettuali e i concept di base dell'architettura: la superficie del piano si raddoppia creando un "vuoto" che diventa il fulcro del progetto; il foglio in multistrato curvato al limite delle caratteristiche meccaniche del materiale racchiude e lascia in vista la struttura reticolare in acciaio tagliato al laser.
Già due anni fa i Fuksas si erano dedicati all'industrial design per l'ufficio con la sinuosa poltrona Bea per Luxy.
Traspare la cultura del car design nella struttura importante e nella forte integrazione della tecnologia nella linea di arredi Luna, disegnata da Pininfarina per Uffix, presentata ora in una spettacolare versione Gold Limited Edition laccata con polveri micronizzate di oro a 24 carati, per celebrare l'ambito Good Design Award 2007 assegnato da The Chicago Athenaeum, il terzo importante riconoscimento internazionale dopo il premio popolare di Wellness@Work Award 2006 e il 1° Premio Design&Innovation Award 2007 alla BNW di Budapest.
Il leit motiv della scocca fortemente caratterizzata si ritrova anche nella poltrona Xten che sempre Paolo Pininfarina ha disegnato per Ares Line.
Tra i prodotti presentati al Salone Ufficio che hanno suscitato più curiosità -ma anche critiche- sono Zero e Uno, scrivanie in plastica e vetrosresina, prodotte da Della Rovere, griffate dal giovane designer Karim Rashid -egiziano di nascita, cresciuto in Canada e residente a New York- nome di fama internazionale e insignito di numerosi premi, ma assai discusso dai "puri" del design, che Time definisce "poeta della plastica".
Sempre di Karim Rashid e altrettanto scultoreo e provocante è anche Maniak, il bancone proposto da Frezza per la zona reception, altro ambiente con ruolo determinante nella presentazione e rappresentazione dell'azienda verso il mondo esterno.
Senza dubbio i dirigenti e le aziende acquirenti trovano in queste griffe un strumento per rafforzare e caratterizzare le propria immagine, ma una considerazione andrebbe anche fatta sul rapporto tra aziende produttrici e designer. Può succedere infatti che il progettista di fama incanti anche il produttore il quale, affascinato dal mito della creatività, paradossalmente perda di vista la propria immagine e assuma un'identità che non gli appartiene con il rischio di presentarsi sul mercato senza coerenza e senza strategie ben definite.

Mumbai di Doriana e Massimo Fuksas (Haworth) Bea di Doriana e Massimo Fuksas (Luxy) Luna di Pininfarina, Gold Limited Edition (Uffix) Maniak di Karim Rashid (Frezza)