Testo di Stefano Bernuzzi

LUX 8
   Testo di Stefano Bernuzzi


 

Bruno Munari citava un antico detto cinese ripreso anche da Alberto Bassi
nell'introduzione di questo nuovo fascicolo di LUX: "quello che non si può dire
in poche parole non si può dirlo neanche in molte".
Già in tempi lontani
emergeva quindi la necessità di evitare complicazioni e fronzoli inutili, una
necessità che oggi è diventata quasi un'urgenza assoluta, una nuova parola
d'ordine di (auto) difesa davanti a una società dove relazioni sociali,
economiche, culturali tendono sempre più a complicarsi irrimediabilmente. Non a
caso lo stesso Bassi l'anno scorso ha curato un bel volume dedicato al design
anonimo e durante il Salone del Mobile una mostra ha celebrato il design
"SuperNormal", banale e quotidiano. Come a dire: che almeno gli oggetti ci
vengano incontro, ci aiutino dove possibile a semplificarci l'esistenza quando
noi stessi ce la complichiamo a volte inutilmente.
Assistiamo quindi nel
fascicolo 8 di LUX, pubblicazione realizzata da Foscarini, all'apologia e alla
rivalutazione delle forbici e delle graffette, del cerotto e dell'arancia,
esempio secondo Munari di Good Design, anzi di design quasi perfetto, descritto
come se fosse un oggetto prodotto e commercializzato da una qualunque azienda. E
ancora l'iPod come efficace esempio di inimitabile interaction design o la Mini,
una scatola con le ruote e un motore assolutamente estranea a ogni consolidato
schema mentale e produttivo, che ha letteralmente rivoluzionato il mercato
automobilistico (e anche la cultura popolare) negli anni '60 e oggi riproposta
dalla BMW in una rivisitazione moderna. Un'ulteriore riprova di questa esigenza
contemporanea di essenzialità e semplicità.
Esigenza che va oltre le
esclusive barriere del design contemporaneo per allargarsi all'ambito della moda
con il transgenerazionale jeans, alla cucina raffinata ma con ingredienti
semplici di Gualtiero Marchesi, all'architettura con il recupero del classico
"less is more" di modernista memoria. Si arriva infine al paradosso del personal
computer, e in generale di tutte quelle strumentazioni tecniche con cui ci
confrontiamo/sfidiamo quotidianamente, macchine all'apparenza tanto complesse e
misteriose ma basate su un linguaggio che più banale ed essenziale non si può,
fatto di sole due cifre - 0 e 1 - ma con una spiccata tendenza a complicarsi,
come a chiudere un cerchio in cui semplicità e complessità sono due estremi che
tendono ad avvicinarsi senza mai toccarsi, perché come presagiva e ammoniva
Albert Einstein "semplificate le cose quanto più possibile. Ma non di più" e il
rischio di far toccare questi due estremi è sempre dietro l'angolo.

www.foscarini.it