mercati – Dall’Italia al Far East, lungo un percorso evocativo...


Dall’Italia al Far East, lungo un percorso evocativo che attraversa i grandi paesi asiatici emergenti e che vede transitare non più spezie e seta ma il meglio delle nostre produzioni nazionali. E se, fino a pochi anni fa, si trattava per lo più di articoli low cost di manifattura cinese o indiana, commissionati da big brand occidentali, sulla via del ritorno  , oggi la situazione si è evoluta: a fronte di un crescente numero di consumatori cinesi e indiani attratti da modelli di vita e di consumo internazionali, stanno progressivamente aumentando anche i flussi di export delle maggiori industrie mondiali verso queste economie in forte sviluppo. Le esperienze di alcune aziende leader   rappresentano interessanti case history sul tema.    


 


Alessi: scommettere su “mediatori di marca”


 


Qualità di prodotto, conoscenza del mercato internazionale, ruolo di “motore del design italiano”: questi i punti di forza su cui Alessi sta costruendo un percorso di successo anche presso alcuni paesi emergenti. “Se, in generale, le nostre vendite internazionali valgono circa il 60% del fatturato complessivo, l’export verso Cina, Taiwan e Singapore al momento pesa grossomodo il 7% del nostro giro d’affari, mentre in India abbiamo una presenza ridotta, dal momento che abbiamo appena individuato un distributore-partner rispondente alle nostre esigenze strategiche”, dichiara Matteo Alessi, direttore trade marketing e sviluppo internazionale. “Nella nostra politica di approccio all’estero, infatti, preferiamo operare attraverso intermediari che non si limitino a vendere ma sappiano mediare fra la nostra creatività ed il mercato di riferimento  allacciando relazioni con il mondo dell’arte e del design e mettendo a punto attività di comunicazione coerenti con il nostro posizionamento di marca”.


E’ un dato di fatto che, in area Cinindia, cresce in maniera sostenuta il numero di consumatori interessati allo stile ed ai modelli di vita occidentali. Tuttavia, non è semplice mettere a punto un’offerta mirata in funzione delle richieste e delle necessità dell’area territoriale. “Ritengo che, almeno in una prima fase, sia indispensabile avvalersi di distributori plurimarca in possesso di  conoscenze specifiche della realtà locale”, sottolinea Alessi. “Con riferimento alla Cina, per esempio, interfacciandoci con un importatore molto forte sul pentolame, le nostre esportazioni di pentole rappresentano ben il 50% del totale”.


 


Ballarini: l’italianità come contenitore valoriale


 


Massima vocazione all’internazionalità, senza tuttavia scendere a compromessi in fatto di contenuti qualitativi. “A livello globale, i nostri flussi di export si attestano intorno al 70% della cifra d’affari complessiva -segnala Angelo Ballarini, direttore commerciale dell’azienda omonima- ma in grandi paesi asiatici come la Cina e l’India stiamo avviando solo ora attività di penetrazione. Si tratta di contesti territoriali per noi nuovi e complessi: la Cina, per esempio, rappresenta non un solo mercato ma 4 o 5 diversi per tipologia di regole e di consumatori! In tale scenario, il nostro obiettivo è lavorare su una progettualità che copra le fasce alte del mercato, evitando accuratamente la competizione esasperata sul prezzo”.


 “Nella nostra politica export -spiega Ballarini- ci concentriamo su due variabili imprescindibili: il “made in Italy” -interpretato come prezioso contenitore valoriale, fatto di cultura, tradizione, gastronomia, design tipicamente italiani- e la produzione italiana, che ci consente di ottenere un manufatto di alta gamma e di offrirlo, comunque, ad un prezzo corretto”.


Sul fronte del prodotto, per il momento a Cina ed India l’azienda propone produzioni internazionalizzate,. “Resta inteso che, in una fase più avanzata e con una presenza più massiccia, analizzeremo le condizioni per allestire prodotti rispondenti ad esigenze particolari”, puntualizza Ballarini. “Ora ci stiamo concentrando sull’avvio di una struttura creata ad hoc per seguire questi mercati emergenti, che persegua obiettivi di vendita ma garantisca anche attività di supporto per valorizzare i plus che ci connotano”.  


 


Barazzoni: supporto istituzionale per decollare 


 


L’alta gamma riscuote un alto tasso di gradimento a livello internazionale: per Barazzoni le esportazioni detengono una quota all’incirca pari al 25% del fatturato totale. “I mercati dell'Estremo Oriente assorbono una parte importante di questa cifra”, osserva Andrea Barazzoni, direttore generale. “In tale ambito, Singapore, Cina, Taiwan e Vietnam rappresentano le aree più significative,”. In questi paesi, l’azienda opera prevalentemente attraverso importatori, i quali a loro volta distribuiscono il prodotto in department store di alto livello, dove vengono commercializzati tutti i marchi europei del lusso; per quanto riguarda i prodotti offerti, a parte qualche pezzo speciale e tipicamente locale (come il wok), articoli e misure sono abbastanza simili a quelli europei, variando essenzialmente in funzione della numerosità delle famiglie.


Le difficoltà maggiori -avverte Barazzoni- sono rappresentate dalla lingua, visto che in molte realtà territoriali la conoscenza dell'inglese non basta,   dalla mentalità molto diversa rispetto a quella europea ed italiana, in particolare, e soprattutto dall’assenza di un adeguato supporto da parte delle nostre istituzioni: l'imprenditore italiano che intende operare su questi mercati è un vero pioniere. L'ICE e le ambasciate rappresentano un grande e grave spreco di denaro per la nostra nazione, assolutamente inutili e inefficaci, essendo spesso rappresentati da persone che non hanno la minima intenzione di svolgere un lavoro serio. Mi auguro che anche da noi si acquisisca rapidamente una maggiore consapevolezza della necessità di aiutare le imprese a svolgere la propria opera di penetrazione nei mercati esteri, sulla scia del modello di nazioni -come ad esempio la Germania- che operano in modo organizzato e coeso “


 


Guzzini: confronto sulla progettualità creativa


 


Il confronto con altre realtà culturali e sociali può conferire un forte impulso alla creatività. E’ il caso di Fratelli Guzzini, la cui quota export complessiva oggi oscilla intorno al 40% del totale vendite a valore; con riferimento ai soli flussi verso il Far East, la percentuale vale circa il 5%. “Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, abbiamo registrato tassi di crescita importanti -rileva Gianluca Pazzaglini, direttore generale- grazie soprattutto all'evoluzione della nostra rete di vendita: questo significa relazioni più estese e proficue con distributori, agenti o clienti diretti, visto che in quell'area non disponiamo di filiali. Anche in Asia il Made in Italy riscuote notevoli consensi”.


La sfida più rilevante è certamente quella distributiva, sia nei mercati in evoluzione -quali Cina o India- sia in quelli maturi, cioè Giappone, Australia, Korea, Hong Kong, Taiwan. “I tassi di crescita registrati da questi paesi e l'approdo di segmenti sempre più ampi di popolazione allo stile di vita europeo rappresentano per noi una grande opportunità”, sottolinea Domenico Guzzini,direttore marketing. “Per questo, stiamo investendo parecchio in iniziative di comunicazione importanti, come il progetto culturale Foodesign Guzzini Made in Korea”. Si tratta di un nuovo metodo progettuale che promuove l’incontro tra la creatività legata agli oggetti e quella relativa alla cucina della tradizione: dopo 4 edizioni -2 in Italia, 1 in Germania ed 1 in Giappone- ora arriva in Korea proprio nell'anno in cui Seoul è stata eletta capitale mondiale del design. “Da febbraio ad ottobre 2010 -conclude Guzzini- un gruppo di 33 designer, affermati ed emergenti, daranno la loro interpretazione agli aspetti locali ed internazionali del cibo ed alle ritualità alimentari coreane”.