approfondimento – Il 28 settembre a Roma, presso la Casa dell'Architettura all'Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti 47, si è tenuto il Meeting Architettura e Psiche.

Tre domande su cui riflettere
1. Case, Scuole, Ospedali, Comunità, Carceri, Centri commerciali: come costruire le diversità?
2. Gli spazi collettivi urbani: come progettare le relazioni?
3. La casa contemporanea: come progettare oggi lo spazio personale

Architettura e psiche è una ricerca iniziata nel 2007 da Rosario Marrocco (architetto, fondatore e direttore lalineabiancastudio) ed altri professionisti e si occupa dell'analisi delle relazioni tra lo spazio progettato e lo spazio percepito. Si tratta della ricerca di un metodologia scientifica (quindi riproducibile), a supporto della progettazione architettonica, che consenta di tener conto nello studio progettuale degli spazi di vita (case, scuole, ospedali, carceri, quartieri, case), dell'importante rapporto tra spazio e psiche umana. La finalità è trovare metodi e strumenti interdisciplinari che consentano di recuperare l'equilibrio vitruviano dei tre principi: Utilitas (utilità nella funzione) Firmitas (solidità nella statica e nei materiali) Venustas (venustà, bellezza, estetica). L'architettura è la rappresentazione spaziale dei rapporti umani ma a volte manca nella grammatica progettuale, eccessivamente tecnicistica, l'attenzione allo spazio percepito oppure accade che il prodotto architettonico sia solo asservito alle leggi del mercato, che lo svalorizzano a ruolo di mera merce.

"Bisogna ricostruire questo rapporto in modo positivo" esorta il Presidente dell'Ordine degli architetti di Roma, Amedeo Schiattarella. Non solo nelle condizioni particolari, come ospedali, carceri e caserme, ma anche negli ambienti collettivi e privati quotidiani. Un "cattivo" spazio per la psiche umana ad esempio lo si tocca con mano nelle periferie delle città che costringono i cittadini a migrare nei week end in altre zone per trovare situazioni più confortevoli al loro benessere psicologico.

Raffaele Panella, Professore Ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana alla Sapienza, afferma che "l'architetto può agevolare o limitare i comportamenti umani con il suo progetto, ma non li può determinare." Un'architettura sequenziale, chiusa, limita l'incontro; al contrario una forma aperta agevola la comunicazione. "La città congela nella sua forma le relazioni sociali... Nei decenni precedenti si è sviluppata la "città diffusa" che ha seguito i criteri economici della delocalizzazione delle attività produttive, ma questo tipo di sviluppo urbano ha avuto delle conseguenze disastrose, isolando ulteriormente le comunità e l'individuo stesso dal centro creativo... Serve una diffusione regolata che porti allo sviluppo di un arcipelago multifunzionale."

Il professor Di Giannantonio, Associato di Psichiatria presso la facoltà di Psicologia di Chieti ha fornito dati statistici sulla relazione tra grandezza delle metropoli e malattie mentali che sicuramente devono far riflettere chi progetta. Più è grande la città, più si riscontrano patologie psichiatriche gravi. Più gli uomini vivono concentrati, più si sviluppa l'aggressività.

Da una parte cresce la concentrazione e dall'altra la solitudine.

John Gale, CEO della Community Housing and Therapy (CHT) di Londra ha insistito sul tema della solitudine. "Spesso gli uomini vivono come oggetti in una struttura e spesso espletano cose che non sono necessarie". Noi come esseri umani non occupiamo lo spazio, ma lo spazio è dentro di noi e può essere silenzio e solitudine che viviamo internamente.

Interessanti punti di riflessione ha portato Francesco Bruno, psichiatra, criminologo dell'Università di Roma, La Sapienza. "Le caserme e i carceri sono spazi collettivi organizzati volutamente per spersonalizzare gli uomini rendendoli numeri". Da queste strutture hanno preso spunto anche altre strutture collettive come gli ospedali e le scuole. Nella storia, dalla comune di Parigi in poi (1781), chi deteneva il potere ha influenzato volutamente gli spazi urbani per impedire le relazioni sociali.

Con le nuove tecnologie gli spazi collettivi sono sempre più virtuali e sempre più illudono gli uomini di condividere veramente quando invece sono soli nella loro stanza. La solitudine stessa ha perso positività. Nessuno insegna più a riflettere da soli in modo costruttivo, a fantasticare e creare idee.

Elio Cappuccio, filosofo di Siracusa, Presidente del Collegio Siciliano di Filosofia, ci ricorda che Aristotele nel suo ultimo libro parla della felicità. Secondo il sommo filosofo la contemplazione (qeoria), l'attività dell'intelletto, è l'attività che da più soddisfazione all'uomo. Secondo Cappuccio, "Bisogna ricostruire il giusto rapporto tra Idios kosmos (mondo privato) e Koinos kosmos ( mondo condiviso) " (Eraclito).

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