L’edificio Mlynica (il Mulino), localizzato a nord-est di Bratislava, fa parte di un grande complesso industriale un tempo dedicato alla realizzazione di materiali da costruzione leggeri. La produzione di blocchi, lastre e pannelli di calcestruzzo aerato ha avuto luogo a partire dagli anni sessanta fino al 1992, anno di interruzione del processo che ha portato alla dismissione del sito e ad un graduale deteriorarsi dei fabbricati. Prima dell’intervento di trasformazione, l’edificio si presentava come un grande contenitore in cemento, esito dell’accostamento di due volumi dalla pianta rettangolare. Un primo corpo, alto quasi 20 m, era costituito da due grandi navate che lo rendevano pressoché libero da vincoli spaziali. Il secondo corpo, 3 m più alto, era condizionato dalla presenza di alcuni silos in cemento armato che si sviluppavano per gran parte dell’altezza. Il progetto dello studio GutGut riabita lo spazio industriale mantenendone il carattere produttivo, adeguandone gli spazi a forme di lavoro più attuali. Questo è ottenuto attraverso l’integrazione di tre nuclei funzionali, interagenti ma distinti: uno spazio per eventi culturali aperti al pubblico, spazi per uffici, spazi dell’abitare. La suddivisione interna avviene in sezione, conformando il programma alle opportunità presentate dal manufatto, ai suoi vincoli strutturali e tipologici, alla sua disponibilità alla modificazione. Il progetto talvolta si adatta, per rendere abitabile il rigido spazio dei silos, talvolta sfrutta l’eccezionale libertà compositiva concessa dai grandi vuoti interni. Lo spazio eventi, localizzato al piano terreno, occupa l’intera impronta dell’edificio sviluppandosi intorno ad una hall centrale a doppia altezza. L’assenza di dislivelli e di separazioni verticali restituisce un ambiente fruibile in modo continuo. L’articolazione in ambiti distinti è ottenuta tramite la variazione dei solai sovrastanti: si susseguono spazi a singola, doppia e tripla altezza, scanditi dalla maglia dei pilastri in cemento a vista. Quest’ultimo risulta essere il materiale dominante, presente anche all’intradosso dei solai, la cui trama è ritmata dall’orditura delle travi. La navata a tripla altezza lascia intravedere in copertura tre grandi fori circolari, un tempo utili al ciclo produttivo, oggi chiusi da una superficie con mattoni di vetro che ne conserva la forma e permette alla luce di filtrare dall’alto. La porzione sottostante i silos è certamente la più scenografica, poiché lascia a vista le grandi tramogge a tronco di piramide capovolto, sempre in cemento, che puntano verso lo spazio sottostante. La superficie di quasi 600 mq, l’eterogeneità delle situazioni spaziali, il collegamento con l’esterno, l’accessibilità facilitata dalla completa apertura dell’attacco a terra rendono l’area eventi facilmente attrezzabile, flessibile e congeniale al proprio ruolo: ospitare mostre, feste e conferenze.

La continuità visiva verso i piani superiori è garantita dall’uso di partizioni verticali trasparenti o traslucide, separando così gli ambienti destinati ad altri usi senza impedire il passaggio della luce naturale. I livelli superiori sono dedicati agli spazi del lavoro, distribuiti su cinque piani, e agli spazi dell’abitare, posti in sommità. La distribuzione verticale avviene tramite due corpi scala introdotti negli angoli nord-ovest e sud-est. Entrambi i sistemi servono parallelamente gli ambienti lavorativi, il solo corpo scala meridionale prosegue fino all’ultimo piano per raggiungere le residenze. Gli spazi del lavoro sono organizzati intorno ad un grande open space, alto fino al solaio di copertura, pensato per ospitare un co-working con ambiti condivisi e postazioni autonome. Quest’area dà accesso ad una serie di ambienti dalle dimensioni contenute, ricavati all’interno dei vecchi silos. Le stanze, su tre livelli, sono connesse e illuminate tramite un numero sufficiente di nuove aperture ricavate nella muratura perimetrale. Alcuni uffici indipendenti, di medie dimensioni, sono invece collocati lungo la campata meridionale dell’edificio. Completano questo nucleo un secondo open space, al terzo piano, e un tunnel vetrato, al quarto piano: un’architettura sospesa che taglia centralmente la navata. Questo volume aggiunto è servito da due ponti di legno che attraversano il vuoto fino a raggiungere l’interno del tunnel o la sua copertura.
Gli ultimi due livelli dell’edificio ospitano sei appartamenti, cinque dei quali duplex, tutti dotati di uno spazio all’aperto. Sono concentrati esclusivamente sul versante orientale del fabbricato, sopra l’area dei silos, sfruttando il dislivello presente nel piano di copertura. Gli alloggi, pensati a pianta libera, sono stati consegnati al rustico, in modo da consentire ai diversi acquirenti un elevato grado di personalizzazione.

L’abitabilità degli spazi interni è resa possibile grazie all’incremento delle superfici illuminanti e aeranti. Nuove finestre e vetrate sono state disegnate all’interno dei prospetti, sottraendo parte dei tamponamenti in funzione del nuovo layout. Pur nel rispetto del telaio strutturale, le nuove aperture si sovrappongono al disegno esistente introducendo una composizione libera, chiaramente riconoscibile, che si discosta per dimensione, forma e ritmo dalle aperture originali disposte secondo una griglia razionale. La nuova trama di finestre fornisce una diversa connotazione al fabbricato: ne ricalibra la grande scala, rende il volume meno ermetico, lascia trasparire le spazialità interne e intuire le nuove funzioni che lo abitano. La lettura delle potenzialità spaziali espresse dal manufatto industriale, la successiva articolazione in nuclei funzionali coerenti con l’assetto tipologico originario, l’introduzione di una dimensione minuta in grado di accogliere nuovi usi, le scelte materiche e di linguaggio volte ad esaltare il rapporto tra nuovo ed esistente sottendono alcuni princìpi architettonici che possono diventare fertile ispirazione per ulteriori sperimentazioni progettuali.

 

UN RIUSO INVENTIVO TRA IDENTITA' ESISTENTE E PROGETTO DEL NUOVO
Come per ogni progetto di modificazione, l’azione progettuale sviluppata per l’edificio Mlynica passa attraverso un giudizio dello stato di fatto, a partire dai suoi punti di forza e dagli elementi che necessitano di essere ripensati. La trasformazione si compie poi tramite la sottrazione degli elementi superflui o di ostacolo al nuovo utilizzo e l’aggiunta di uno strato all’interno del palinsesto esistente. Il progetto di riuso assume come vincolo il telaio in cemento armato che costituisce la struttura portante originale. Non è così invece per i tamponamenti in calcestruzzo aerato che definiscono l’involucro e le partizioni interne: il nuovo programma si inserisce infatti con maggior liberà andando a sottrarre materia, ove necessario, per garantire la circolazione e i requisiti di aerazione e illuminazione. L’intervento imprime una nuova identità al manufatto, pur nel rispetto della sua storia, della sua identità ed esaltandone le qualità spaziali e materiche. La compresenza di epoche diverse è esplicita negli spazi interni, dove restano inalterate le strutture in cemento a vista e dove le aggiunte impiegano tecnologie costruttive e materiali riconoscibili. I nuovi elementi strutturali fanno uso di carpenteria metallica, con travi e lamiere grecate lasciate in evidenza. L’articolazione degli spazi interni è delimitata verticalmente da superfici in blocchi di vetro traslucido profilato a U, da pareti in mattone pieno, da vetrate modulari con telaio ligneo, da partizioni opache rifinite in legno d’abete chiaro. Le pavimentazioni sono in battuto di cemento. I condotti in acciaio per l’aria e tutti gli impianti corrono lungo le pareti in canaline metalliche o di plastica, tutti rigorosamente a vista. Dall’esterno l’edificio appare interamente rinnovato. Il progetto si rivela tramite le nuove vetrate e il rivestimento dell’involucro, dimensionato per garantire un adeguato isolamento termico. L’estrema semplicità nel trattamento dei fronti prevede la scelta del solo intonaco, di colore grigio chiaro, per ricoprire le superfici opache. I profili dei serramenti, sostituiti o aggiunti, presentano una sottile distinzione cromatica: i primi riprendono l’originale colore nero, i secondi sono invece di colore chiaro.

Scheda progetto
Architetti: GutGut
Project team: Štefan Polakovic and Lukáš Kordík with Jana Benková, Tomáš Vrtek, Roman Žitnanský, Patrícia Botková, Katarína Bergerová
Program: Adaptive reuse of former industrial complex into a mixed used building location: Bratislava, Slovakia
Committente: Private
Area: 4.220 mq
Costo: 4,200,000 euro
Photos: Jakub Skokan and Martin Tuma (BoysPlayNice)

Arketipo 138, Recupero, maggio 2020